lunedì 31 dicembre 2007

buoni propositi per il 2008

* non piangermi addosso quando il matematico sarà nell'olimpo della matematica
* riprendere in mano il mio forseromanzo (non credevate davvero che l'avessi abbandonato?!)
* iscrivermi a una laurea specialistica
* leggere (e non solo libri per ragazzi)
* migliorare un po' l'inglese
* non ingrassare e non dimagrire
* star serena

direi che sono pochi ma determinanti. spero di mantenerli tutti.

domenica 30 dicembre 2007

giochino della domenica

lezioni americane di italo calvino

È strano fare il commento di un libro senza averlo davanti. Potrebbe essere come parlare di un morto. Occasione in cui si finisce per esprimere solo giudizi positivi come se l’assenza dell’oggetto rendesse le critiche inutili e di cattivo gusto, le privasse di fondamento, come se i dati oggettivi smettessero di essere tali solo perché non è più visibile quello a cui si riferiscono.
Ma potrebbe essere anche come parlare degli assenti. Occasione in cui si finisce per inveire, giudicare e criticare con la massima asprezza magari argomentando dettagliatamente ogni epiteto, come se l’assenza del soggetto cui ci si riferisce legittimasse ogni insulto, rendesse possibile ogni sfogo.
“Lezioni americane” di Italo Calvino non è morto, è solo assente (il volume appartiene alla biblioteca civica di Spilimbergo, il prestito che mi era stato concesso sarebbe scaduto ieri causandomi una multa di 20 centesimi per ogni giorno di ritardo dalla data stabilita per la restituzione) ma io ne parlerò come se si fosse trasferito in un aldilà.
In fondo “Lezioni americane” ha condiviso con me alcuni giorni, mi ha accompagnato in treno, in bagno, a dormire. È entrato a fare parte della mia routine, è stato un compagno discreto e paziente.
Non potrei parlarne male.
L’unico rimpianto è quello di avergli dedicato poco tempo, poca attenzione, di averlo relegato ai tempi morti, di averlo incastrato tra un dovere e l’altro, di averlo trascurato, certa che prima o poi ci sarebbe stato il momento giusto, l’occasione ideale per… non importa poi per cosa, anche solo per stare in silenzio. Ma il tempo è scaduto e l’occasione ideale per… alla fine non si è trovata, forse non la si sarebbe trovata lo stesso, ma credere il contrario aiuta, riduce i sensi di colpa, li elimina.
Così quello che ora posso fare è solo ricordare questo libro, cui ho concesso troppo poco, con un’immagine e una frase.
L’immagine è la leggerezza di un racconto del Decameron di Boccaccio in cui Guido Cavalcanti salta con agilità delle tombe lasciando coloro che l’avevano importunato in un cimitero.
La frase, invece, riguarda l’attenzione e la cura che Calvino dice indispensabile riservare alla lingua, scritta e parlata.
È un pensiero che mi trovo a condividere con sempre più intensità, è ciò cui ho dedicato la mia vita, ciò verso cui ho indirizzato le mie scelte: l’amore per la lingua italiana, la mia madre lingua, l’unico strumento che mi permette di esprimere cose e idee, di renderle presenti a me stessa e agli altri. Non so cosa mi spinga verso le parole piuttosto che verso teoremi matematici so soltanto che io amo le parole. Vivo di parole perché mi proteggono dalla pioggia e dagli urti, mi avvolgono come una calda coperta colorata.
E poi le parole mi affascinano con i loro suoni, le loro immagini, i loro odori, il loro sapore, le loro carezze e i loro schiaffi.
Amo la loro imprevedibilità di donna.
Per tutti questi motivi vorrei poter difendere le parole da coloro che le lasciano in disordine, le buttano sul pavimento, le calpestano, le ammucchiano sulle sedie, le abbinano con pessimo gusto, le dimenticano in fondo ai cassetti, le lasciano all’aperto, vorrei difendere le parole da coloro che le usano con indifferenza, che le indossano come calzini spaiati, camicie stropicciate, pantaloni macchiati, scarpe bucate.
Vorrei che tutta la cura e l’attenzione che viene proposta da televisione e riviste patinate come necessaria nei confronti del vestire alla moda, del mantenersi giovani e in perfetta forma sempre e comunque, fosse riservata anche alle parole. Vorrei che l’attenzione al dettaglio e all’accessorio, al muscolo scolpito e alle pieghe stirate, fosse riversata almeno un po’ sulla lingua italiana, sulle parole che sempre più spesso vengono scelte e usate in modo impreciso, senza badare più al loro significato. Vorrei che il congiuntivo non morisse, e nemmeno lezioni americane.

sabato 29 dicembre 2007

pettegolezzi

oggi in due ore al mercato ho fatto scorta di pettegolezzi.
compagni di classe con figli, che lavorano, che convivono o che si sono sposati.
la cosa triste è che la maggior parte è ancora tristemente a ppp, a fare lavori tristi, in un posto per vecchi.
un po' mi dispiace per loro. spero che loro siano felici delle loro scelte, io lo sono molto, delle mie!

venerdì 28 dicembre 2007

dalla dottoressa

io: ho avuto la febbre, adesso ho la tosse e la voce da trans. potrei fare la telefonista erotica
d: siediti qui, apri la bocca. di aaaaaa
io: ho le placche in gola?
d: no hai la tracheo bronchite ti do l'antibiotico
io: wow sono venuta a spilimbergo ad ammalarmi
d: ecco la ricetta
io: grazie
d: serve altro?
io: no, grazie. ho smesso di prendere la pillola da mesi
d. stai meglio?
io: sì, peccato che ora non abbia più una vita sessuale

giovedì 27 dicembre 2007

afona

vantaggi e svantaggi dell'essere senza voce:

* non posso fare né ricevere telefonate senza che l'interlocutore prima si spaventi e poi scoppi a ridere
* le conversazioni sono molto rilassanti
* se qualcuno mi chiama dalla cucina non posso urlare "eh" né "che c'è" ma devo scomodarmi
* se mando qualcuno a quel paese è molto probabile che non mi senta
* in un'accesa conversazione è difficile che la mia opinione venga presa in considerazione
* mi è proibito uscire perché potrei peggiorare la mia condizione (motivo per cui non ho ancora messo il naso fuori casa, fortuna che a ppp non c'è nulla e non succede nulla. chissà se c'è ancora qualcuno a cui interessa il fatto che io sia qui)

se avete qualcosa da aggiungere alla lista fate pure, io intanto reclamo a gran voce la mia voce!

mercoledì 26 dicembre 2007

moregiutti

dato che la linguistica era una delle mie materie preferite all'università, insieme alla filosofia del linguaggio, ho deciso di raccontarvi l'evoluzione linguistica che ha portato al sostantivo "moregiutti".
siamo partiti da CICCINO/A un nomigliolo che siamo concordi nel definire orrendo, patetico e imbarazzante, poi siamo passati, attraverso un fenomeno di suffissazione stupida a CICIUTTI. "utti" è un tipico suffisso friulano. per palatalizzazione siamo passati a GIGIUTTI.
poi abbiamo cominciato a intervallare GIGIUTTI con AMORE, ma amore è una parola abusatissima che per aferesi è divantata 'MORE. attraverso un fenomeno di composizione si è giunti a MOREGIUTTI ma ci sono voluti quasi quattro anni.
tutto questo per arrivare a dire che... moregiutti è, di nuovo, malato. ha la febbre (che gli ho passato io, suppongo), fortunatamente ora sarà la sua amorevole mamma a somministrare mucolitici, antipiretici e compagnia bella. io l'infermiera del malato immaginario l'ho già fatta!

martedì 25 dicembre 2007

disastri natalizi

mia sorella cinzia, quella che non mi parla, mi ha regalato un paio di mutande azzurropillin (senza biglietto, e io odio i regali senza biglietto, ma le mutande sono proprio belle) e io le ho regalato 1+2 libri, nel senso che, presa da ansia da prestazione natalizia, le ho regalato trilogia della cittò di k e temendo che non le sarebbe piaciuto le ho regalato anche due libri miei, che avevo comprato per me: lontano da ogni cosa e più lontana della luna. ovviamente non ha letto il biglietto e ha prontamente tolto i prezzi dai due libri che non erano propriamente dei regali, ma non erano neanche propriamente dei prestiti, ed anche dopo che ha letto il biglietto non ci ha capito una mazza di cosa avrebbe dovuto fare dei due libri da cui stava staccando il prezzo.
insomma, ho fatto una figura di merda, dimostrandomi perfettamente inadeguata al natale e allo scambio dei regali, e dimostrando di avere uno strano concetto di libro.
il fatto è che per me i libri non sono un oggetto che si compra, si legge e si mette su uno scaffale. per me i libri sono il loro contenuto, è la loro storia, per questo i libri devono passare di lettore in lettore.
solo che devo essere l'unica sul pianeta terra a pensarla così, e certo natale non è il miglior momento per convertire gli altri al mio modo di pensare i libri.

nel frattempo ho perso la voce. ieri mi rimaneva una voce da trans, oggi mi accontento di un sussurro.

domani spero di riuscire a postare la foto del presepio di casapillin. dopo essere stata trascinata per mesi a mostre di arte contemporanea, ho dato sfogo a ciò che ho imparato.

lunedì 24 dicembre 2007

conquistare il mondo

il pranzo è stato tutto sommato indolore, con la scusa che sono malatina (avevo portato temometro e tachipirina per fare un po' di scena) ho saltato due portate su tre, i discorsi si sono tenuti molto sul vago e così è arrivato il dopo pranzo.
come da tradizione è stata disputata una super partita a risiko e... ne sono uscita vincitrice.
ho conquistato 24 territori (l'america del sud, l'africa, l'europa e qualche staterello dell'asia) lasciato, per la prima volta nella storia del risiko familiare, mio cugino con 4 armate e distrutto definitivamente la mia gola e le mie povere corde vocali.
si accettano volontari per il trapianto.

nel frattempo buon natale a tutti quelli che passano di qui, dimostrando di avere, come me, una vita sociale piuttosto deludente. magari il prossimo anno sarà migliore, speriamo!

domenica 23 dicembre 2007

il malato immaginario

sono guarita. a causa di una tachipirina diligentemente somministratami da mia madre ieri sera, la febbre mi ha abbandonata durante la notte.
questa mattina, dopo una colazione a base di yogurt, una doccia che mi ha tolto di dosso la puzza di fogna che emanavano le mie ascelle e una spremuta di arance e limoni, sono tornata in pista. ho appeso al chiodo la coperta pulciosa, e mia madre ha pensato bene di far cadere il termometro frantumandolo e spargendo mercurio ovunque, tanto non serviva più.
secondo me più che da un virus la mia influenza lampo è stata causata da ansia da prestazione natalizia.
solo che l'ansia non è ancora passata e la febbre sì, accidenti.

aggiornamento dell 19.53: la febbre è salita di nuovo, ho 37.5, del resto non poteva essere altrimenti: il pranzo coi parenti è domani (non chiedetemi perché festeggiamo con un giorno d'anticipo).

sabato 22 dicembre 2007

malatina

ebbene sì, ho 38 di febbre, mi trascino da una stanza all'altra con una pulciosissima coperta sulle spalle e cerco di deglutire il meno possibile per evitare di escoriarmi la gola.
del resto quale periodo migliore delle vancanze di natale per rimanere chiusi in camera e interagire solo con il cuscino e il piumone?
direi che se la febbre dura fino a giorno di natale sono salva: niente pranzi pantagruelici, niente parentado, niente messa di natale.
l'unico problema è che devo consegnare una correzione di bozze di 300 pagine entro il 28 di dicembre (o il 27?), e considerando che i miei neuroni sono sottocoperta con il termometro sotto l'ascella, è un po' un casino, fortuna che il libro si sta rivelando bellissimo, e mi pagano pure per leggerlo!
ora torno dal mio piumone, non vorrei che si sentisse solo o si preoccupasse per me.

venerdì 21 dicembre 2007

musito

ieri sera ho litigato con moregiutti. o meglio, moregiutti ha litigato con me: gli stavo esponendo al telefono le mie perplessità sul fatto che non abbia ancora cominciato a cercare casa a berkeley, e lui ha deciso di riattaccare. così, a metà frase, ha deciso di interrompere la comunicazione.
poi mi ha mandato un sms in cui mi definiva petulante, e subito dopo uno in cui mi invitava a disattivare la sua sveglia.
io non ho risposto a nulla e per tutta la giornata di oggi non ci siamo sentiti.
insomma, moregiutti è musito di nuovo.
ma non dovrei essere io ad arrabbiarmi?


(forse ho dimenticato di specificare che ieri moregiutti era a ppp mentre io stavo ancora a torino. adesso ci sono anch'io a ppp. che invidia...)

giovedì 20 dicembre 2007

pesa


lo zaino è pronto, è pieno di biancheria sporca e libri. pesa come i sensi di colpa per non aver comprato nulla per nessuno, pesa come l'idea di dover percorrere tutta l'italia da ovest a est per affrontare luoghi e persone da cui mi sono volontariamente esiliata, pesa come la paura di non essere all'altezza, come la certezza di non essere una brava sorella, una brava figlia, una brava fidanzata, una brava donna di casa, una brava scrittrice, una brava assistente alla segreteria contratti, una buona amica.
ma sarò pur capace di far qualcosa?

prenatalizio

stasera devo preparare la valigia, domani si torna a ppp.
non ne ho nessuna voglia.
l'atmosfera natalizia è molto intensa, se il senso di colpa mi aveva colta in astratto qualche giorno fa, adesso mi sento un'autentica merda: ho ricevuto 4 regali.
nel frattempo ho deciso di fare un regalo a mia sorella cinzia, quella con cui non parlo. ho scelto il libro trilogia della città di k di agota kristoff, il più bel libro che mi sia capitato di leggere quest'anno. mi sono già pentita. non avrei dovuto scegliere questo libro, non avrei dovuto pensare di farle un regalo, non avrei dovuto e basta.
intanto si comincia a brindare con i colleghi.

mercoledì 19 dicembre 2007

sul credere e non credere in dio

dopo mesi di assoluta indifferenza nei confronti della religione, questo natale mi ritroverò di nuovo in chiesa.
e sarà strano, magari avranno ricominciato a recitare la messa in latino o avranno apportato delle modifiche al padre nostro, e mi sentirò fuori posto, per il fatto di non sapere cosa dire né quando.
è che dopo anni di parrocchia, azione cattolica, volontariato, ho improvvisamente smesso di occuparmi di religione e di fede e non ne sento affatto la mancanza.
riporto qui sotto le parole di natalia ginzburg, tratte dalla raccolta di saggi che si intitola mai devi domandarmi, che mi sembrano molto vere nella loro apparente semplicità:

il credere di chi crede è un credere così incredulo che rassomiglia straordinariamente al non credere”

“il credere di chi crede è così dubbioso e vacillante, sempre così vicino a spegnersi, che non consola affatto, e rischiara assai poco; è come una candela accesa tra vento e pioggia in una notte d’inverno”.

lunedì 17 dicembre 2007

7 baci

il primo bacio l'ho dato a 18 anni. lui era la prima sera che lo vedevo. mi ha riaccompagnata a casa e davanti al cancello ci siamo baciati. non ci ho messo molto a capire che aveva le mani tentacolari e a lasciarlo.

il secondo bacio l'ho dato a un amico. ci siamo detti e scritti un sacco di parole prima di arrivare a baciarci, ma anche questo si è rivelato un errore.

il terzo bacio l'ho dato a un tipo insopportabile. a 12 anni aveva detto di me che ero brutta come una befana e piatta come una tavola da surf. 9 anni dopo non si è fatto tanti problemi a mettermi la lingua in bocca. (ora credo sia sposato)

il quarto bacio l'ho dato a un ragazzo timidissimo. siamo stati insieme qualche mese prima che io lo lasciassi a causa della sua incapacità a gestire la mia inquietudine.

il quinto bacio l'ho dato a un seminarista. lui ha lasciato il seminario e la nostra storia è durata un anno. anche se al terzo mese era già chiaro che non avrebbe funzionato.

il sesto bacio l'ho dato a quello che mia sorella ha sempre chiamato "unghia". un perfetto estraneo conosciuto a una festa. e mai più rivisto.

il settimo e ultimo bacio l'ho dato al mio amore matematico, che ha cancellato in una sera tutti i precedenti goffi e imprecisi tentativi di dare e ricevere affetto. e oggi, a quasi quattro anni di distanza, è il settimo bacio quello che cerco la sera prima di addormentarmi, e il mattino appena sveglia e tutte le volte che sono felice o triste o semplicemente tutte le volte che sono. e penso che sono stata fortunata ad aver provato solo sei baci sbagliati prima di incontrare quello giusto per me.

domenica 16 dicembre 2007

giochino della domenica

prima del tradizionale giochino della domenica vorrei rendervi partecipi dei miei nuovi acquisti, effettuati in vista della nevicata prevista per domani:



con questo cappello sono davvero ridicola. e i guanti... credo siano almeno cinque anni che non ne possiedo un paio.


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QUATTRO VOCI

Gaia ha 25 anni. È una ragazza brillante e tenace. Ora ha i capelli lunghi lunghi e neri. Quando l’ho conosciuta io, cinque anni fa, portava un caschetto che le copriva a mala pena le orecchie. Era la fine di novembre del 2002, lei aveva appena abbandonato la facoltà di lingue e io mi ero diplomata da qualche mese. Pochi giorni dopo avremmo iniziato insieme il servizio civile femminile presso la Caritas Diocesana della nostra città. Ci vedevamo in quel momento, per la prima volta, e meno di una settimana dopo la sua stanza sarebbe stata la mia. Il mio bagno sarebbe stato il suo. Insomma, anche se da quel primo approccio si capiva che non ci piacevamo affatto, sapevamo che ci sarebbe convenuto andare d’accordo: una delle clausole del progetto era quella della vita comunitaria con le altre ragazze in servizio. Prendere o lasciare. Abbiamo preso entrambe, perché in realtà nessuna delle due avrebbe saputo che altro fare. Era un modo come un altro per provare a vivere fuori casa, per fare qualcosa di utile e chiarirsi le idee riguardo a sogni e aspettative future. Era ciò di cui avevamo bisogno.
Quello che sarebbe successo, in generale e tra noi, aveva molta meno importanza della sicurezza che ci dava sapere che per un anno avremmo fatto il servizio civile, anche se non sapevamo che cosa fosse davvero. Era difficile immaginare in modo concreto quello che c’era scritto nel progetto. Né io né Gaia sapevamo cosa fosse un centro d’ascolto per immigrati o come funzionasse una comunità per minori. Ma soprattutto non era chiaro come noi ci saremmo inserite nei luoghi che quelle parole evocavano, anche se molto presto l’avremmo scoperto da sole.
Io ho ascoltato frammenti di storie che parlavano lingue diverse, che provenivano da continenti diversi, ma che avevano in comune una grande dignità e celavano la forza e la voglia di vivere, nonostante tutto. Ho conosciuto un po’ del dolore che ogni vita umana porta con sé. Ho provato a fotografarlo per non dimenticarlo, perché non volevo che fosse perso.
Gaia ha conosciuto Simone, Laura, Andrea, Paola, Mattia, ha giocato con loro, li ha aiutati a scrivere e a contare, li ha visti bisticciare e fare pace, ha memorizzato le capitali di tutti gli stati del mondo per sfidare la sete di geografia di Andrea, ha imparato a fare la rana e la gru con l’origami per insegnarli a Laura, si è vista tutti i cartoni animati della Disney per cantarne le canzoni con Mattia e Paola. Ha conosciuto una casa famiglia per minori vivendone gli spazi e associando ad ogni volto un nome e una vicenda personale. continua a pagina 110

sabato 15 dicembre 2007

1 tajarin al ragù di salsiccia di bra, 1 bollito misto alla piemontese 2 bagna caoda

ieri ho avuto la mia prima serata di socialità torinese: sono stata a cena con due matematici (di cui uno era il mio) e una matematica.
in realtà avevano prenotato per tre, ma dato che non esistono tavoli triangolari il matematico che avrebbe offerto la cena mi ha chiesto di unirmi a loro.
ho scoperto che:
* per leggere un menu di specialità piemontesi è indispensabile conoscere il francese
* raccontare i vezzi del matematico riscuote grande consenso di pubblico
* la bagna caoda è un piatto davvero inquietante (acciughe e aglio tritati finissimamente in cui intingere verdure crude e cotte)
* riesco ancora a stare sveglia fino all'una di notte

ma la cosa davvero preoccupante che ho scoperto è che:
* tutti i matematici si organizzano la giornata in modo maniacale, magari non fanno l'areogramma, ma scrivono sull'agenda cose tipo tagliare le unghie, fare lo shampoo, chiamare la mamma o il fidanzato e persino SALUTARE!

venerdì 14 dicembre 2007

non c'è passato

è strana questa cosa del blog. è come se per voi fossi nata il 14 giugno, di tutto quello che è successo prima, qui non c'è traccia.
non ci sono i pomeriggi a giocare con il gatto nel fienile, stefania: la mia compagna di banco delle medie, riccardo: una delle mie cotte più brucianti. non c'è il primo bacio, non ci sono i litigi, le delusioni, le soddisfazioni dei miei primi 25 anni. non c'è il primo bacio al mio amore matematico, né la mia prima volta. non ci sono i giorni all'università, tutti i libri che ho letto, tutte le pagine che ho scritto, tutti gli esami che ho sostenuto, tutte le persone che ho incontrato.
non c'è passato.
eppure senza tutto quello che è successo prima non sarei qui, non sarei così.
anche se mi piace poter guardare solo avanti, far finta di non essere mai stata una bimba inquieta e un'adolescente complessata.
preferisco guardarmi intorno, trarre forza dalle cose che ho conquistato (questa casa, il mio lavoro, la stabilità affettiva) e poi guardare avanti, a tutti i sogni ancora da realizzare.

giovedì 13 dicembre 2007

saggezza e sventatezza

questa mattina, mentre camminavo verso l'ufficio, ho visto una bimba che passeggiava tenendo la mano del nonno. avrà avuto un paio d'anni, la piccola. ad un tratto le cade il ciuccio sul marciapiede. si ferma, lo raccoglie, se lo infila di nuovo in bocca.
il nonno si gira, vede la scena, prova a fermarla, ma lei sta già succhiando beatamente il suo ciuccio. il nonno le dice "sei un pericolo pubblico"
prima penso a quante malattie potrebbe prendersi e poi penso che la saggezza dell'essere anziani sta nel fatto di impiegare più tempo a formulare un pensiero, a compiere un gesto.
penso che la sventatezza dell'essere giovani sia nell'avere il pieno controllo dei movimenti, una velocità d'azione che finisce per trasfomarsi in incoscenza.

mercoledì 12 dicembre 2007

cade la pioggia

le crisi di pianto hanno aumentato la frequenza in modo spropositato.
ad un tratto mi fisso su un pensiero o su un'immagine e, improvvisamente, il labbro inferiore inizia a tremare e le lacrime scendono a fiumi senza controllo.
ieri sera prima di addormentarmi ho cercato la mano del mio amore, e ho pensato che tra pochissimo tempo non ci sarà nessuna mano da stringere, e così ha cominciato a piovere.
stasera, durante la cena ho pensato che quando il mio amore partirà dovrò lasciare le chiavi di questa casa a qualcuno (perché la cri le lascia alla tere). mi sono resa conto che non c'è anima viva a torino a cui potrei lasciarle, e così ha cominciato a piovere di nuovo.
il fatto è che non solo si sta avvicinando la partenza (che a forza di pensarla e di scriverla e di raccontarla mi stupisco che lui, alla fine, sia ancora qui) ma anche il ciclo mestruale sta arrivando.
chiedo quindi solidarietà all'universo femminile e compassione all'universo maschile, non piove perché mi lagno, è che le condizioni sono favorevoli.

martedì 11 dicembre 2007

paura del vuoto

che si fa a capodanno?
mancano ancora venti giorni al 2008 (che sarà l'anno peggiore della mia vita) e già mi piglia male.
cosa mai farò la notte del 31 dicembre?
il matematico starà con altri esemplari della sua stessa specie: quello grigio perché mangia solo cotolette, quello che non vuol far sapere dove abita, quello che borbotta, quello che colleziona rompicapo di legno e quello che ripete tutto due volte.
e io che farò?
mi autoinviterò a casa della mia amica sposata sperando che inviti a casa sua pochi intimi per giocare a un gioco in scatola e fare l'alba a suon di chiacchiere?
fingerò di avere gran vita sociale a torino (e in realtà andrò a dormire alle 22 con tanto di calzini da letto, tutta sola)?
mi autoinviterò alla festa di qualche abitante di ppp di cui non so nulla da mesi, fingendo grande amicizia e pacche sulle spalle?
non lo so, ma il nuovo anno non sembra sorridere affatto.

lunedì 10 dicembre 2007

a volte ritornano

quand'ero in terza media, la biblioteca di ppp -in collaborazione con la mia scuola- ha organizzato un incontro con lo scrittore per ragazzi angelo petrosino. sono rimasta talmente affascinata dai suoi libri che ci siamo scritti per anni.
ieri, in una libreria di torino molto vicino a casa, questo stesso scrittore presentava il suo ultimo libro, così sono andata all'incontro, non so se per curiosità o per nostalgia.
non so nemmeno bene cosa mi aspettassi, comunque alla fine ho aspettato che defluisse la coda di mamme e bambini urlanti e mi sono presentata.
gli ho riassunto la mia vita in due minuti (giuro che non lo farò mai più, raccontata sembra davvero un incubo: torino milano, contratto a progetto, fidanzato che sta per partire... tanto che si è sentito in dovere di chiedermi se avrebbe potuto fare qualcosa per me).
abbiamo chiacchierato del più e del meno fino a quando siamo arrivati alla stazione dei treni di torino porta susa, e ho pensato che per fortuna non sono più l'adolescente complessata che gli scriveva più di 10 anni fa, e anche se sembra che la mia vita faccia schifissimo, sono molto orgogliosa di essere riuscita a ritagliarmi degli spazi di autonomia e libertà.

domenica 9 dicembre 2007

giochino della domenica

con questo giochino della domenica mi sto davvero rovinando. mi imbarazzano molto i miei goffi tentativi di scrittura, nemmeno tanto antichi. diciamo che è incoraggiante vedere che sono molto migliorata!



PIER PAOLO A CENA

Questa sera c’è Pier Paolo a cena. È da anni che non torna qui. Adesso abita a Roma. Per l’occasione ho decorato le pareti della cucina con delle trecce d’aglio, ho messo sulle mensole delle bamboline fatte di brattee. Sul fuoco arde della legna di alloro. Emana un buon profumo speziato.
La tavola è apparecchiata. La tovaglia bianca e il servizio di piatti della domenica.
Il minestrone, è pronto; è denso.
Sedano, patate, carote, porro, piselli, fagioli.
Sulla stufa, nel paiolo di rame, la farina di mais sta diventando polenta. Più tardi cucinerò delle salsicce, del salame all’aceto.
Taglierò a cubetti il formaggio.
Quando la polenta sarà cotta la rovescerò sul tagliere rotondo, di legno. La modellerò con un piatto bagnato. La taglierò col filo di nailon. Una margherita senza petali.
Vorrei che Pier Paolo qui si sentisse a casa, anche se questa terra non è stata generosa con lui, l’ha rifiutato, costretto ad andarsene.
Vorrei che questa cena lo arricchisse di tutto quello che la terra friulana può dare. Acque cristalline, vini rossi come rubini, pannocchie d’oro, formaggio d’avorio. Penso ai suoi lineamenti da contadino, così netti che sembrano scolpiti nel legno.
Taglio il salame a fette spesse. Ne assaggio una, ha un sapore intenso di aglio e di pepe.
Con una forchetta, faccio dei buchi alla salsiccia da cui ne uscirà il grasso.
Sento il profumo della polenta abbracciare la tavola apparecchiata, Pier Paolo ha scritto il “dóls odôr di polènte”, in una delle sue “Poesie a Casarsa”. Spero che anche questa sera, tra queste mura, senta la stessa dolcezza.

sabato 8 dicembre 2007

giornata sfigata

oggi mi ero ripromessa di pulire il bagno decentemente. ebbene ci ho messo così tanto impegno che ho staccato l'asse del cesso dai suoi supporti di plastica.
dopo aver lottato per almeno mezz'ora con i ganci, in ginocchio davanti alla tazza, sono riuscita a sistemare tutto, peccato che ora il coperchio non sta aperto, e questo è davvero un mistero, visto che -apparentemente- è tutto come prima.

dopo essermi sorbita domenica scorsa ben tre mostre (una sul vajont, una sui minerali e una sugli animali impagliati) oggi sono stata trascinata a una mostra sui longobardi. una palla cosmica. strutturata male, con cocci vari mal disposti e spesso risalenti a epoche precedenti l'arrivo dei longobardi. una gran confusione.

dopo aver fatto la deframmentazione del disco fisso del mio pc -per il quale ho comprato una fantastica web cam in vista delle chiamate skype berkeley-torino- ho scoperto che mai riuscirò a fare un video perché è e sarà sempre troppo lento.

:-(

venerdì 7 dicembre 2007

i vezzi del matematico prima parte

oggi vi rallegrerò raccontando alcune delle stranezze del mio amore matematico. le metto in ordine sparso.

* quando compra un cd ne ascolta solo una traccia al giorno. e poi lo riascolta tutto
* durante il giorno segna su un file excel quanti minuti dedica alle varie attività, compreso andare in bagno, lavare i piatti, controllare la casella e mail. questi dati serviranno a creare un areogramma (il tipico grafico a torta) in cui i vari colori evidenzieranno il tempo dedicato rispettivamente allo studio, alla cura personale, alla cura della casa...
* quando fa colazione scalda una tazza di latte e caffè e poi ci mette sopra dei biscotti che spezza meticolosamente (gli zuppalatte solo ed esclusivamente quelli) e li dispone in senso orario formando una spirale che parte dall'esterno verso il centro. quando tutta la superficie è ricoperta inzuppa bene i biscotti e se li mangia. l'operazione si ripete fino a esaurimento del latte
* quando ripone le camicie, i maglioni, i jeans puliti nell'armadio li appende a destra. quando si deve vestire pesca le grucce da sinistra, in modo da indossare gli indumenti che sono stati lavati da più tempo.
* lo studio è cronometrato: 60 minuti di studio e 10 minuti di pausa. non studia mai dopo le ore 19
* per prendere appunti usa una penna scadente, per copiarli in bella usa una penna "seria"

la cosa grave di tutto ciò è che questa maniacalità ha coinvolto anche la nostra vita di coppia: la lista della spesa, l'organizzazione del week end, i turni per lavare i piatti (io li lavo il giovedì sera, il sabato a pranzo e a cena, la domenica a cena. cercare di scambiare i turni è difficilissimo, neanche si trattasse di turni in fabbrica!), il menù settimanale (prima di fare la spesa pianifichiamo tutti i pasti della settimana, tentare di invertire due pasti è considerata follia pura) e la cosa ancora più folle è che ormai tutti i suoi atteggiamenti ossessivo-compulsivi sono entrati talmente nella mia vita che non mi accorgo nemmeno che sono strani.

giovedì 6 dicembre 2007

il bello di lavorare a milano

milano per me è una città bruttissima, ho fatto di tutto per non andare a viverci ma visto che come dice mio zio: "chi volta il cul a milan, volta il cul al pan" mi sono costretta a lavorarci.
di milano conosco a memoria un breve tratto di metropolitana, le cinque fermate che mi portano dalla stazione al lavoro e viceversa. nient'altro.
credo che il mio odio per questa città sia nato come riflesso all'odio di guido, uno dei protagonisti di due di due di andrea de carlo.
domani credo che adorerò milano e in particolare sant'ambrogio, soprattutto al mattino, quando mi sveglierò verso le otto, e mi concederò di rimanere sotto il piumone.
l'unico vero problema è che potrebbe farmi compagnia, in questo fantastico ponte pre natalizio, una fastidiosissima cistite di cui ho iniziato ad avvertire i sintomi. sto già bevendo come un cammello, speriamo sia sufficiente.

mercoledì 5 dicembre 2007

la patrie dal cudurul

non mi piace esaltare le mie radici friulane, il mio provenire dal "magico nord-est" (come lo chiamava la mia prof di italiano delle superiori).
ho passato anni a snobbare il dialetto della mia regione, mi sembrava provinciale parlare quello che i veri friulani rivendicano come lingua. trovo tuttora piuttosto anacronistico ostinarsi a insegnarlo nelle scuole, renderlo obbligatorio come materia di insegnamento (anche i piemontesi sono piuttosto fissati con la tutela del loro dialetto, ad essere sinceri) soprattutto considerando che nella provincia di pordenone 1 studente su 10 è extracomunitario.
ora che sono lontana da ppp e dintorni, però, mi diverte molto ascoltare le parlate regionali, le cadenze che inevitabilmente ognuno si porta dietro.
ora mi piace anche inserire e insegnare parole del mio dialetto, perché per quanto lo voglia negare o nascondere, in fondo, qui, ora, mi fa piacere capire e ricordare il friulano.

martedì 4 dicembre 2007

casa

sono una pessima donna di casa.

mensole e pavimenti dominati dalla polvere, il calcare che colonizza il bagno, la sporcizia che spadroneggia in ogni dove.

panni da stirare accuratamente piegati e riposti nell'armadio, che verranno indossati senza prima vedere il ferro da stiro.

sono davvero una frana. e certo mi piacerebbe vedere tutto pulito, profumato e in ordine. se sapessi organizzare meglio il mio tempo riuscirei pure a tenere la casa in modo decente. il fatto è che proprio non ce la faccio. è una vera rottura passare la scopa e lo straccio sui pavimenti, forbire le superfici, stirare, rimettere tutte le cose al loro posto. solitamente dedico la domenica a queste faccende, ma se malauguratamente una domenica non ne ho voglia (come quella appena passata)... succede che davvero il casino più totale prende il sopravvento e mi faccio un po' schifo da sola.

se mia madre vedesse com'è ridotta ora la casa di cui sono signora si sentirebbe davvero una madre fallita.

lunedì 3 dicembre 2007

lontano da ogni cosa di mattia signorini

12/12/07
dato che sono il primo risultato che compare su google scrivendo "lontano da ogni cosa", mi prendo la responsabilità di questo ruolo e commento in modo migliore:
è un bel libro: la scrittura è fantastica, i personaggi sono credibili, la storia scorre veloce. è facile immedesimarsi in stefano, è piacevole accompagnarlo nella ricerca della sua strada. peccato che lo stile sia identico a quello di andrea de carlo, e visto che una copia difficilmente è migliore dell'originale, vi suggerisco di leggere "due di due".

vi rimando ai commenti dei lettori di anobii


qui sotto il post originale


alla fine l'ho comprato.
si parla di questo mattia signorini come della promessa della narrativa italiana, non potevo certo perdermelo.
e leggendolo ho provato fastidio. sfogliavo le pagine e mi chiedevo come si fa a copiare lo stile di un altro scrittore in modo così magistrale, sfiorando quasi il plagio, pur scrivendo una storia diversa, con personaggi diversi, in cui succedono cose diverse.
pensavo che con una ricerca piuttosto accurata sarei stata in grado di trovare frasi di andrea de carlo praticamente identiche a quelle che stavo leggendo.
mi chiedevo se il mio fosse odio o se invece fosse solo una mal celata invidia.


ma non sono l'unica a pensarla così

domenica 2 dicembre 2007

giochino della domenica, seconda parte

Io non so perché voglio scrivere. Non certo per diventare ricca e famosa. Ci sono molti altri lavori che permettono di guadagnare molti più soldi e più fama della scrittura. Forse voglio diventare scrittrice perché ho un carattere del cavolo e non riesco mai a comunicare niente a nessuno, e invece mi sembra che con la scrittura riesco a dire delle cose vere che per me sono importanti. E poi perché scrivere mi fa stare bene. Credo che sia per questo, anche se l’unica cosa che mi sembra di sapere è che scrivere è il mio mestiere. È difficile spiegarlo alle persone. Spesso le persone non sanno cosa vogliono raggiungere nella loro vita. Invece io lo so bene e da molto tempo ma ho paura di non riuscire a realizzare il mio sogno. Scrivere un romanzo è davvero difficile. Leggere un romanzo è facile. Tutto quello che c’è dentro è talmente in ordine e in sintonia con tutto il resto che non passa nemmeno per la mente che il protagonista avrebbe potuto avere un altro nome e fare delle altre scelte e avere degli altri amici. Invece quando si scrive diventa tutto difficile. Sulla pagina non c’è niente e nella testa ci sono questi personaggi informi e capricciosi e poi ci sono le parole che non vogliono uscire e i verbi che non sono quelli giusti e che non si vogliono far coniugare. La grammatica improvvisamente diventa difficile. Io ho provato a scrivere un romanzo. Ma ogni volta mi sono arresa perché scrivere un romanzo è incredibilmente complicato. Prima credevo che si cominciasse dalla prima pagina e si arrivasse all’ultima, una parola dopo l’altra, come si fa con i racconti. Invece mi sono accorta che prima arriva una scena che magari va in mezzo, e scrivere tutto quello che succede prima e dopo diventa complicatissimo. Fino ad ora ho abortito tre romanzi.

sabato 1 dicembre 2007

l'ora di matematica

vorrei provare a spiegare in poche righe come la matematica, di cui la testa del mio amore è pieno, non abbia nulla a che fare con i numeri. vorrei che vedeste le pagine fitte di simboli incomprensibili che quotidianamente si sparpagliano sul letto. vorrei non essere l'unica a sentirmi stupida per il fatto di non capire una mazza di teoria degli insiemi, grandi cardinali, ipotesi di determinatezza, 0^# (si legge zero sharp), teorema di martin sui giochi boreliani, i0-i3 (si legge i zero i tre), immersioni elementari nella gerarchia dei costruibili, pcf, forcing, cardinali di woodin (woodin è il dio della teoria degli insiemi, il professore che ha accolto il mio matematico nell'olimpo di berkeley).
vi lascio qui sotto la definizione di filtro, poco più di un giochetto, a dir la verità. fatemi sapere se almeno voi ci capite qualcosa