giovedì 31 dicembre 2020

sfangarla 2020




come da tradizione l'ultimo dell'anno c'è il post sfangarla, per l'ottavo anno consecutivo.


  • anche quest'anno ho scritto: meno del solito sul blog, ma forse un altro romanzo di ci vado fiera
  • anche quest'anno i libri hanno avuto un ruolo determinante: ne ho letti a decine, ma ne ho anche ascoltati moltissimi (a questo link il mio anno di libri: https://www.goodreads.com/user_challenges/20533733 ) 
  • anche quest'anno sono stata molto da sola: quasi sempre per scelta e persino più del solito
  • anche quest'anno ho corso quest'anno ho smesso di correre, ed è la cosa più preziosa che mi ha tolto la pandemia al momento
  • anche quest'anno non ho mai usato il ferro da stiro (anche se mi sento ancora in colpa per non aver stirato la camicia del matematico con cui ha sostenuto l'esame di dottorato nel 2010) 
  • anche quest'anno ho visto alcune serie tv: la mia preferita "chernobyl" 
  • anche quest'anno ho preferito dormire: all'avere un figlio, all'uscire la sera 
  • anche quest'anno ho camminato, sono andata al cinema, a teatro, a cena fuori, a mangiare un gelato quest'anno ho camminato pochissimo, ho visto un solo film al cinema "sorry we missed you", non sono mai andata a teatro, ho preso cene da fuori piuttosto che cenare fuori
  • anche quest'anno ho guardato il bagno di casa mia, lercio, e ho pensato che mia madre sarebbe inorridita (poi ho scoperto l'acido citrico, e almeno l'annoso problema calcare sul fondo del water è stato risolto)
  • anche quest'anno ho sfornato: pizze e (pochissimi) dolcini con gran soddisfazione, ma sempre da sola
  • anche quest'anno non ho sentito il ticchettio dell'orologio biologico
  • anche quest'anno la mia scrittura non mi ha portato dove volevo, ma comunque mi ha portato un bel passo avanti
  • anche quest'anno non sono riuscita a cambiare lavoro ma ho firmato il mio primo contratto di lavoro a tempo indeterminato della vita. nell'anno della pandemia, quello in cui la maggior parte della gente il lavoro l'ha perso.
  • anche quest'anno non sono riuscita a perdonare mio padre
  • anche quest'anno non ho vinto 8x8, il concorso per racconti cui partecipo da cinque anni consecutivi quest'anno non ho vinto 8x8 perché ho smesso di provarci, in compenso non ho vinto il calvino
  • anche quest'anno sono sopravvissuta a me stessa. ma è stato meno facile dell'anno scorso

se vi va, sfangate anche voi nei commenti. buon 2021 a tutti. che sia più difficile del 2020 è davvero improbabile. ma la mia prof di italiano diceva che non c'è mai limite al peggio.


il mio 2020 in libri - agosto

 
agosto è il mese in cui ho firmato il mio primo contratto di lavoro a tempo indeterminato, quello in cui ho continuato a leggere roba sull'autismo e quello in cui è arrivata la scheda di lettura dal premio calvino.

ad agosto ho letto:

il club dei perdenti - andrew clements: questo autore ha il potere di scrivere una prima pagina perfetta, che ti catapulta nella storia, rende chiaro chi è il protagonista e quali sono le sue gatte da pelare. da grande vorrei essere essere un po' andrew clements. e, per riuscirci, di questo autore ho letto anche "drilla" e "il gioco del silenzio". belli anche quelli ma non straordinari quanto questo 

clinamen - sara gavioli: è uscito il tre settembre ma visto che sono amica di sara (nel senso che siamo sorelle elettive, anime affini) ho avuto il privilegio di leggerlo in anteprima e di sapere prima degli altri quanto questo libro fosse bello, toccante, profondo e vero. tra i molti post che ho scritto e mai pubblicato ce n'è uno dedicato a clinamen. diceva così: le pubblicazioni di scrittori con cui sono in contatto generano sempre in me un mix di emozioni, non tutte instagrammabili. sono sempre felice per le nuove uscite, ma c'è sempre quel pizzico di confronto strisciante: ha scritto un libro più bello del mio? sta vendendo molto più di quanto io abbia mai venduto? è in classifica? [...] clinamen è un libro stupendo, il libro che avrei voluto scrivere io e la sua autrice, Sara Gavioli, è una delle persone che più stimo in assoluto nella vita. una donna intelligente, curiosa, capace, piena di interessi. 

tutt'altro che tipico - norah raleigh baskin: da quando è uscito "lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" tutti i libri che parlano di autismo hanno come protagonista un ragazzino che risolve un giallo. in pratica la sindrome di asperger è una condizione solo dei bambini, solo dei maschi, ed è sinonimo di capacità investigative. tutt'altro che tipico ha il pregio di non essere un giallo, giustamente il protagonista ha ben altri problemi cui pensare che mettersi a risolvere sparizioni e omicidi.

ein gutes rutsch in neues jahr


mercoledì 30 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - luglio

luglio è stato il mese del mio esordio. se ho capito bene il concetto di esordio è che esordisci a ogni libro pubblicato, fino a quando uno dei tuoi romanzi (o saggi) diventa un best seller. a quel punto sei effettivamente uno scrittore.

* la scrittura o la vita - annalena benini: ho letto questo libro perché parla di scrittura, e perché l'autrice ha anche un podcast meraviglioso che si chiama "il figlio". ne esce una nuova puntata ogni venerdì e ne sono dipendente. quando non esce un nuovo episodio sto male. una volta ero sul punto di contattare l'autrice per chiederle se stesse bene. ma non è del podcast che dobbiamo parlare. 
ho adorato questo libro, uno dei pochi che mi ha davvero trascinata tra le pagine. ci sono le interviste a dieci scrittori italiani molto noti, nessun esordiente :)
e leggere le insicurezze, le piccole follie, i dietro le quinte degli scrittori più affermati, mi ha fatto sentire tranquilla delle mie insicurezze, delle mie follie e dei miei dietro le quinte altrettanto traballanti e squinternati

* maschiaccio e femminuccia - silvia pillin: il mio primo libro pubblicato da un editore grande e prestigioso, lo stesso editore di gianni rodari. maschiaccio e femminuccia ha impiegato tre anni a vedere la luce. ho investito su questo piccolo libro un sacco di aspettative, che sono state puntualmente disattese. eppure, forse, dopo vent'anni di tentativi, ho finalmente iniziato a  capire che senso ha la scrittura per me. e non è assolutamente quello che avevo intravisto quando ho cominciato. e non è nemmeno quello che ho immaginato tutte le volte che ho firmato un contratto.

martedì 29 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - giugno

 

giugno è stato un mese di intensa scrittura. e le mie letture ne sono state ovviamente influenzate

* ten things every child with autism wishes you knew - ellen notbohm: in italiano è stato tradotto con "10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi" ed è una traduzione che ogni persona autistica attenta alla comunicazione contesta, perché l'espressione "con autismo" implica che l'autismo sia uno zainetto che puoi mettere e togliere, o una malattia che può guarire. bambino con la febbre, bambino senza febbre. bambino con autismo, bambino senza autismo. ma l'autismo non è una malattia, non è qualcosa di cui si soffre o da cui si è affetti, e non si può mettere e togliere, per cui il titolo tradotto in modo corretto sarebbe: "10 cose che ogni bambino autistico vorrebbe che sapessi". negli ultimi anni ho letto decine e decine di libri sull'autismo, seguito pagine e gruppi facebook, blog e articoli. e improvvisamente mi sono resa conto che ero pronta per scrivere qualcosa anch'io, sull'argomento. so che sembra stupido, ma ogni volta mi sorprendo di quanto fosse vicino il nuovo libro da scrivere e da quanto lo stessi cercando lontano. l'estate prossima, quando sarà in libreria, scopriremo se nel mio romanzo a tema autismo sono riuscita a usare le parole giuste.

* città sommersa - marta barone: mi fa ridere che l'abbiano presentato come un romanzo d'esordio dato che marta barone ha scritto libri per ragazzi a palate. ma dopo aver letto un articolo in cui persino giulio mozzi - che scrive da trent'anni - è considerato esordiente, non dovrei più stupirmi.

questo libro fa parte della mia ricerca su come gli autori raccontano il loro rapporto col padre (perché è uno dei temi che prima o poi affronterò anch'io in un libro. a suon di leggere come fanno gli altri, capisco come posso fare io.)
nel caso di marta barone si tratta di un padre morto, di cui l'autrice scopre un passato torbido, insospettato, fatto di militanza politica e processi giudiziari.

lunedì 28 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - maggio

 



a maggio, ancora in "smartworky" e con una salute mentale sempre più vacillante (del resto se sei depressa e suicidaria in periodi normali, difficile spassarsela durante una pandemia) dopo aver trascorso mesi interi ad arrovellarmi su come sarebbe stato il mio prossimo libro scritto, ho finalmente contattato veronica di scrivieriscrivi per chiedere aiuto. con lei ho abbozzato la trama e finalmente ho ricominciato a scrivere.
ho letto:

* perché comincio dalla fine - ginevra lamberti: una riflessione sulla morte, una serie di interviste bizzarre, profonde, interessanti a persone che con la morte hanno scelto di lavorare. ci sono anche quelli delle pompe funebri taffo, che hanno fatto dell'ironia sulla morte la loro cifra stilistica.

e poi, vista la scadenza del contratto con l'editore, ho ripubblicato in self:

* aria e altri coccodrilli - silvia pillin: la storia di un'adolescente che non trae particolare gioia dalla sua vita e pensa potrebbe trarre maggior soddisfazione dalla sua morte. insomma, un libro che parla di depressione e suicidio, anche se sara gavioli pensa che questa descrizione intimidisca troppo. (dal 29 al 31 dicembre l'ebook sarà scaricabile gratuitamente da questo link: https://www.amazon.it/gp/product/B088F3BCZ3/)

sì, questo viaggio tra i miei libri del 2020 ha a che fare anche con i libri che scrivo. c'è una dialettica molto fitta tra la mia vita - i libri che leggo - quelli che scrivo.
quello che vivo influenza il modo in cui interpreto quello che leggo,
quello che leggo influenza il modo in cui vivo
e quello che scrivo serve per metabolizzare quello che leggo e quello che vivo,
e a sua volta influenza come e cosa leggo, e come e quanto vivo.

domenica 27 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - aprile


aprile è stato il mese dello yoga, il mese in cui mia sorella ha compiuto 30 anni a 30 km di distanza, il mese in cui non ho letto niente di entusiasmante a parte questo

la scienza delle cose fragili - tae keller: mi sono fatta conquistare dal titolo, dalla copertina azzurra, dal fatto che il metodo scientifico sia al centro della narrazione. e poi sono capitolata quando ho scoperto che il romanzo affronta il tema della depressione: quando si parla di depressione, sono sempre in prima fila. 

la parte sugli esperimenti con le uova mi ha convinta poco, ma la fragilità di cui si dice nel titolo, tra le pagine si trasforma in preziosa delicatezza.

a domani con le letture di maggio

sabato 26 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - marzo


marzo è stato il mese del lockdown, dello "smarworky", dell'inizio della pandemia, dei pensieri claustrofobici. l'unico post che ho scritto qui sul blog, parlava di sindrome dell'impostore. della mia immensa, ingestibile, soverchiante sindrome dell'impostore.

e le letture del mese di marzo rispecchiano questo stato d'animo.

* perché dovresti leggere libri per ragazzi - katherine rundell: è un piccolo saggio su quanto belli e preziosi siano i libri per ragazzi, anche per gli adulti. l'autrice è una scrittrice più giovane di me con all'attivo un sacco di libri tradotti in svariate lingue. il tipo di persona cui non dovrei paragonarmi. ma a marzo è stato inevitabile.

* lupa bianca lupo nero - marie-aude murail: questo libro, come tutti quelli dell'autrice, è bello. molto. la murail ha questa capacità di scrivere libri lievi e profondi insieme, che parlano tanto ai ragazzi quanto agli adulti. altro tipo di persona cui non dovrei paragonarmi. ma a marzo...

* get started in writing for childen - lisa bullard: è uno dei manuali di scrittura per ragazzi che più mi ha colpita e che più ha risuonato. mi ha ricordato perché scrivo per ragazzi, e quanto determinanti siano le letture che si fanno da piccoli.

venerdì 25 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - febbraio


febbraio è stato un mese molto fortunato, il 20 febbraio in particolare è stato uno dei giorni più belli della mia vita.

è a febbraio che lo letto due dei libri più belli dell'anno. col senno di poi, è stato il canto del cigno per molte cose, ma in generale "sia lodato febbraio 2020"

* nel segno dell'anguilla - patrik svensson: è un libro stranissimo, un po' memoir un po' saggio naturalistico. da un lato ci sono le parti scientifiche documentate sulla vita delle anguille, uno dei pesci più misteriosi del pianeta. dall'altro i racconti personali dell'autore, il rapporto con suo padre, le lunghe ore passate a pescare anguille con lui. davvero un bel libro, magnetico, originalissimo che fa parte della categoria di libri che leggo per vedere come gli autori affrontano il tema del rapporto con il padre. sono venuta a conoscenza di questo libro grazie a chiara di bookblister che ne ha parlato nella sua rubrica "libri a colacione". quindi grazie chiara. se non la seguite, seguitela.

* come ho scritto un libro per caso - annet huizing: è un libro per ragazzi che avrei voluto scrivere io, ma in modo un po' diverso. quando dico che è un libro che avrei voluto scrivere, in realtà intendo che è un libro così vicino alla mia sensibilità che avrei potuto scriverlo, perché appartiene a un genere che amo molto (la narrativa realistica per ragazzi) e affronta temi che mi stanno molto a cuore (la scrittura).  ho impiegato molti mesi del 2020 a capire quale sarebbe stato il mio prossimo libro da scrivere, e questo libro è stato un punto di riferimento per mettere a fuoco quella che sarà la mia prossima storia pubblicata.  

* scrivi più bianco - chiara gandolfi: è il libro che ho letto mentre andavo incontro al giorno più bello del 2020. chiara ha una voce meravigliosa, una newsletter meravigliosa, un calendario dell'avvento sonoro meraviglioso, scrive testi meravigliosi tra cui questo ebook. è una di quelle professioniste che mi fa dire che da grande vorrei essere un po' lei. per di più questo ebook è pubblicato da quei tipi meravigliosi di zandegù. 

sì, lo so, ho avuto un anno intero per scrivere sul blog e mi sveglio adesso.
funziono così. e comunque... buon natale

giovedì 24 dicembre 2020

il mio 2020 in libri - gennaio


quest'anno ho letto oltre 100 libri. i libri sono il valore fondante della mia vita. è solo attraverso i libri che ho letto che mi è possibile fare un riepilogo di questo 2020. spero troverete buoni spunti per le vostre letture del 2021. e ovviamente, se volete condividere con me i vostri libri del 2020... scatenatevi nei commenti

gennaio è stato il mese in cui ho iniziato una sostituzione di maternità, il mese in cui ho saputo che sarei andata a milano a presentare "maschiaccio e femminuccia", il mese in cui ho letto cose sulla disforia di genere, un tema che mi colpisce molto.
i tre libri che rappresentano questo mese sono:

* this is marketing - seth godin: un testo che ho letto per lavoro. dopo oltre 3 anni di collaborazioni incerte e malpagate nell'ambito della pubblicità online, quello di sostituzione di maternità è stato il mio primo contratto vero.

* mio figlio in rosa - camilla vivian: il racconto toccante e accorato di una mamma straordinaria e di sua figlia (nata nel corpo di un maschio). l'ho ascoltato in audiolibro su storytel e ho pianto. ho pianto moltissimo. l'ho trovato davvero potente, chiaro e vero.

* what's your message - cam barber: il miglior libro che abbia letto sul public speaking, quello che più di tutti mi ha aiutata a preparare la presentazione di "maschiaccio e femminuccia". avevo 7 minuti per raccontare la storia di caterina e riccardo in modo convincente. senza questo libro non ci sarei riuscita. dove metti le mani? chi guardi? leggi da un foglio? ci sono tanti testi prescrittivi: devi dire un tot di parole al minuto, devi tenere una certa postura, devi... 
questo aiuta a preparare il discorso migliore possibile e grazie alla sicurezza che deriva dal sapere cosa dire, il come dirlo avrà molta meno rilevanza.

ci vediamo domani, con i libri di febbraio.

lunedì 7 dicembre 2020

il mio minimalismo



non ho un ricordo preciso di come fosse il mio rapporto con gli oggetti durante l'infanzia, ma so di essere minimalista da quando avevo 18-20 anni. anche se allora non lo sapevo.
il mio libro preferito a quel tempo era "il vangelo secondo larry" la storia di un ragazzo che possiede solo 75 oggetti. la mia frase mantra diceva: "più cose possediamo, più preoccupazioni abbiamo", concetto che condivido in pieno ancora adesso.
ero molto colpita dalla figura di san francesco che restituisce a suo padre tutti i beni per essere "libero e felice... come una farfalla" e dalla frase del vangelo "guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre". (sì, ho avuto una lunghissima formazione cattolica. poi sono diventata atea, o al più agnostica)
all'epoca i miei genitori hanno tentato di cointestarmi - insieme a mia sorella maggiore - una proprietà: ho dovuto litigare e alzare la voce per impedirglielo e a vent'anni di distanza mi ringrazio per averlo fatto, perché mi sono evitata una marea di rotture di palle tra dichiarazioni dei redditi e scartoffie.

pensate che sia pazza, lo so. ma provate a seguire il mio ragionamento.

ho poche cose, che scelgo con molta attenzione e intenzione. tre paia di scarpe, una sola giacca invernale e una per la mezza stagione, due borsette, nessun gioiello (ho qualcosa che mi è stato regalato da piccola, ma non lo porto), non ho niente per truccarmi (anni fa avevo comprato un fondo tinta, credo di averne usato meno di metà). amo sfornare dolci ma ho pochissimi stampi (3 di numero) e utensili, per scelta. perché averne di più occuperebbe spazio e non mi renderebbe più felice. 
ma ho due e-reader e un orologio specifico per monitorare la corsa. perché sulle cose che per me sono davvero importanti non risparmio, ma acquisto con attenzione e intenzione.

quest'anno, al compleanno, il mio fidanzato matematico mi ha regalato un alveare, a belluno. un regalo perfetto: niente rotture di palle ingombranti, un modo per sostenere l'ambiente e una realtà locale... e il mese scorso mi è arrivato un vaso di miele. da un chilo.
a tutte le persone che conosco, piace ricevere regali, per me è un incubo: se non sono esattamente quelli che avrei scelto io, una maglia, un oggetto, un libro per me sono un ingombro. 
per il concetto di intenzionalità di cui parlavo prima, una felpa - se non è come mi piace per forma, tessuto, colore - è uno spreco.
visto che acquisto solo cose che mi piacciono e di cui ho veramente bisogno, tutto quello che arriva da fuori è un di più, qualcosa di superfluo che occupa spazio fisico e mentale. qualcosa che non voglio. se l'avessi voluto, me lo sarei già comprato. perché il punto del minimalismo non è avere 75 oggetti, o comprare i vestiti al mercato per risparmiare, o essere avari con se stessi. anzi, proprio perché gli acquisti sono mirati, tendo a comprare cose di qualità: invece di avere 5 o 10 esemplari della stessa cosa ne ho 1 o 2, ma quelli sono esattamente come li voglio.

qualcuno capisce cosa intendo e ci si rispecchia? nessuno nella mia cerchia sembra considerare questo modo di approcciarsi agli oggetti come valido e sensato. tutti si (e mi) riempiono di cose. e forse pensano che io sia una stronza perché non faccio lo stesso con loro.

quest'anno, come tutti gli anni, ho visto sommergere i miei nipoti di regali. per la maggior parte roba di plastica. spesso rumorosa. roba che a breve diventerà spazzatura ma avrà un impatto sull'ambiente per migliaia di anni. ai miei nipoti non sono riuscita a regalare mai niente (a parte un set di cose per la pasticceria che abbiamo usato per sfornare biscotti e muffin prima che il distanziamento sociale ce lo impedisse) perché io mi sento male per loro ogni volta che vedo scaricargli addosso questa marea di roba.

da queste riflessioni, da mesi, sto cercando di ricavare un romanzo per ragazzi. ma qualsiasi cosa abbia concepito fino a ora, ha preso la forma del pippone paternalista-ambientalista-minimalista-maiunagioia per cui non ho ancora scritto una riga. solo una sinossi che è la sinossi del niente, di un libro che so di non dover scrivere.
lo so perché mi è già capitato: a gennaio di quest'anno pensavo di voler scrivere un libro sulla pasticceria dal titolo "la torta di nonna", ne è uscito un romanzo sull'autismo. in cui c'è la ricetta di una torta con la crema e le mele.

se conoscete dei minimalisti, persone che come me odiano ricevere cose, potete regalar loro un alveare, un buono per un negozio/ristorante che frequentano abitualmente, un corso di formazione. se conoscete me, e volete farmi un regalo, piantate un albero, adottate un bambino, finanziate la ricerca a mio nome, ma non regalatemi niente che occupi uno spazio nel mondo.

se avete romanzi sul minimalismo da consigliare, non vedo l'ora.

lunedì 23 novembre 2020

riconciliarsi con il tedesco

c'è stato un tempo in cui il mio livello di tedesco era certificato C1, lo scalino prima del livello madrelingua. è stato anni fa, quando abitavo a vienna e quella lingua non era un passatempo o un divertimento ma una necessità, l'unico modo per vivere, lavorare, fare la spesa, chiamare l'idraulico (no, non è vero che tutti sanno l'inglese e te la cavi, è vero invece che l'omino della caldaia ti dice di far richiamare da qualcuno che sa il tedesco, che la persona che ti seleziona a un colloquio di lavoro ti chiede "ma come pensa di fare se non capisce la lingua?")

gli anni a vienna sono stati difficili, crudeli. tornare in italia nel 2016 e lasciarmeli alle spalle una liberazione. la lingua tedesca poteva essere non più un handicap ma un valore aggiunto. alla fine è stato qualcosa che ho preferito dimenticare, nonostante ogni parola imparata, ogni declinazione conquistata, ogni paradigma verbale ricordato mi fosse costato lacrime e sangue. o meglio, lacrime e soldi. tanti soldi, in corsi di lingua. 

beata te che sai il tedesco. 
che bella vienna, saprai il tedesco meglio dell'italiano.
che fortunata che sai due lingue straniere.
tu sì che sei portata.

mi sono sentita ripetere queste frasi troppe volte, e tutte le volte mi sarei messa a urlare per la rabbia. non ho alcun talento per le lingue straniere, e le lingue straniere le ho imparate a suon di corsi, esercizi, letture. nessuno me le ha regalate, spedite in un pacco pronte per essere montate e installate. e il tedesco non si sa, si impara, si studia, si suda.

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al corso di traduzione che sto frequentando avrei potuto scegliere un testo in inglese per la prima esercitazione, invece ho deciso di provare a tradurre quello in tedesco, per riconciliarmi, dopo più di quattro anni, con una lingua che non ho più letto, ascoltato, parlato, per scelta.

sarebbe stato facile scorrere i giornali online, scaricare qualche ebook, una app per tenermi in allenamento, anche solo per cinque minuti al giorno. non l'ho fatto. vanificando così uno sforzo titanico durato anni.

la traduzione non è venuta benissimo. ho preso degli abbagli, non ho capito dei passaggi, una pensilina è diventata una sala d'attesa, un autobus con destinazione luna è diventato un autobus dalla luna verso la terra, la similitudine "era come se un drago avesse diviso il castello a metà" è diventato un dato di fatto "un drago aveva diviso il castello a metà". un po' un casino, insomma. e nessuna riconciliazione è stata possibile.

sarà per la prossima volta. se ci sarà una prossima volta. 

sabato 21 novembre 2020

oh boy!

 


c'è un podcast che seguo da qualche mese. si chiama "the write now podcast" è di una scrittrice americana e parla di scrittura, creatività, e argomenti correlati.

il titolo della centesima puntata di questo podcast (uscito la settimana scorsa) è "i have no idea what i'm doing" che tradotto significa "non ho la più pallida idea di cosa sto facendo".

pensavo di essere l'unica a sentirmi così, perché è così che mi sento: non so che cavolo sto facendo. invece anche sarah werner si sente così. almeno non sono l'unica pazza.

qualche settimana fa ho firmato il mio secondo contratto editoriale con Einaudi Ragazzi. una roba da urlare ai quattro venti, da stappare champagne, da "il 2020 non è proprio l'anno che uno avrebbe voluto, ma ehi, c'è ancora spazio per le cose belle" (e a me di cose belle - nonostante tutto - ne sono successe quest'anno).

solo che questo secondo contratto, che chiunque avrebbe preso come una conferma (perché magari una volta hai c*** e ti pubblica un editore fighissimo, ma la seconda deve essere per forza che sei bravina e sai scrivere, no?), mi ha gettato nel panico, in una sindrome dell'impostore enorme, ingestibile. come se invece di sentirmi sempre più scrittrice per ragazzi, mi ci sentissi sempre meno. 

io? scrivere per ragazzi? non ho neanche figli. i miei nipoti da mesi li vedo solo su zoom, a soffiare su candeline sfocate che misurano il loro tempo piccolo (e il mio tempo difficile da maneggiare, soprattutto durante questa pandemia). 

e quindi per correre ai ripari mi sono iscritta a due corsi, il primo sulla traduzione di libri per ragazzi, il secondo sullo scrivere libri per ragazzi. e voi direte, ma tu già scrivi libri per ragazzi, ti pubblica einaudi, cosa pensi di imparare? non avresti potuto tenerlo tu, il corso?

sì, avrei potuto, ma nessuno me l'ha chiesto, e comunque è una cosa che faccio sempre. mi iscrivo compulsivamente a corsi che insegnano cose che so già fare, ma che vorrei fare meglio, alla perfezione, perché ho paura che la gente si accorga che non sono la migliore a fare quella cosa lì, che commetto degli errori. se facessero un corso in cui spiegano i miei libri, mi ci iscriverei. perché in teoria dovrei essere la massima esperta dei miei libri, dato che li ho scritti, ma nella pratica non ho la più pallida idea di cosa sto facendo, e avrei proprio bisogno che qualcuno me lo spiegasse.

e poi, nel dubbio, seguo anche gli incontri gratuiti di scrittura organizzati da matearium, e poi da gennaio a marzo c'è un corso di scrittura creativa in inglese, e poi ho visto una bellissima box pensata per scrittori, e ho deciso che ne vorrei tanto una, per natale. ma probabilmente non sono abbastanza scrittrice da meritarla.

domenica 11 ottobre 2020

ingredienti per la crostata al cioccolato con la frolla al mais


sabato pomeriggio sono andata dai miei genitori.

ho preso una corriera, con tre ragazzi che stavano con le fronti attaccate, a guardare cose sullo stesso cellulare, la mascherina sul mento.
non ho detto niente.
per tutto il viaggio ho ascoltato l'audiolibro di "i bambini perduti". dopo 40 minuti di audiolibro sono scesa, ho percorso a piedi la strada che separa la stazione dalla casa dei miei genitori.
di solito io, le mie sorelle, i nipoti e i cognati facevamo grandi pranzi in cucina. ieri ci siamo trovati in giardino, tutti con la mascherina a coprire naso e bocca, a parte il marine e il teppista plusdotato. tutti a lavarci le mani in continuazione, a disinfettarle con soluzioni alcoliche spremute da boccette di plastica. tutti distanziati, senza abbracci, baci sulle guance, nipotini sulle ginocchia per leggere libri. tutti preoccupati di essere portatori asintomatici del virus. io (e forse anche gli altri) preoccupati in particolar modo per mio padre: sovrappeso, over 65, fumatore, con una perforazione polmonare molto recente che l'ha portato in terapia intensiva non molti mesi fa.

io, sorpresa che mio padre indossasse la mascherina senza protestare. per come lo conosco, mio padre è il tipo di persona che crede che il virus sia meno di un'influenza, che siamo in una dittatura sanitaria, che con le mascherine ci si pulisce il culo e vogliono fare fallire l'italia. e guarda trump. ma forse, rischiare la vita qualche mese fa ha portato un briciolo di buonsenso, forse quello che non hanno potuto le nostre argomentazioni supportate da dati, hanno potuto la fragilità e gli anni che passano.

abbiamo fatto merenda. ho preparato una crostata al cioccolato, con la frolla al mais.
per la frolla:
2 uova
100 gr di zucchero
80 gr di olio di semi di mais
120 gr di farina di mais
120 gr di farina 00
8 gr di lievito
estratto di vaniglia

sono entrata in casa per pesarmi: kg 54.6. la volta precedente kg 55.2. quando correvo kg 53.4.
sono entrata in casa per prendere dalla mia camera di adolescente 6 quaderni. diari di vent'anni fa, in cui cercare la persona che ero, forse per capire chi sono ora, come sono diventata la persona di adesso. 

ho portato una crostata al cioccolato perché la ballerina da carillon e il teppista plusdodato mangiano solo dolci al cioccolato. ha funzionato. hanno mangiato anche loro la crostata, hanno fatto il bis. anche mio padre ha fatto il bis.

per la crema:
120 gr di zucchero
35 gr di amido di mais
500 gr di latte
150 gr di cioccolato fondente
40 gr di burro

era da mesi che non preparavo un dolce. non posso più permettermeli perché non corro più, e ora che l'obbligo di mascherina è stato esteso anche all'aperto non camminerò nemmeno più. resterò chiusa in casa, in un lockdown autoimposto che probabilmente non impedirà un nuovo lockdown, perché c'è gente che si concede il lusso di abbracciare il nipotini e pranzare al chiuso senza mascherina, senza distanziamento, senza lavarsi in continuazione le mani. ma io mi ostino a essere il cambiamento che vorrei vedere nel mondo, anche se sarebbe molto più facile e divertente fare il cazzo che mi pare.

sono andata via un'ora dopo essere arrivata, salutando tutti da lontano con la mano, mentre mio padre cuoceva caldarroste sulla griglia. lungo la strada verso la corriera mi sono abbassata la mascherina per respirare, e subito l'ho rialzata, appena ho visto qualcuno venirmi incontro sul marciapiede. 

in corriera mi è venuta la nausea. guardavo su google maps quanto mancava e, ingoiando grandi quantità di saliva, mi chiedevo se avrei dovuto chiedere all'autista di farmi scendere a vomitare. mi sono ricordata del sacchetto di carta con le susine che mi aveva appena dato mia madre. ho pensato che se non avessi fatto in tempo a scendere avrei potuto vomitare sulle susine. 

alla fine sono riuscita a portarmi la nausea fino a casa. giusto in tempo per guardare i dati aggiornati sul contagio. e vomitare.

 



lunedì 5 ottobre 2020

di piccoli passi e poche parole



come preannunciato, la settimana scorsa mi ero data due obiettivi quotidiani e piccoli: 10 mila passi e 600 parole al giorno. e come vedete da questi schemetti adorabili, ho raggiunto entrambi gli obiettivi (quasi) ogni giorno.

con uno sforzo quasi microscopico ho messo insieme 5000 parole, che non sono molte (diciamo il 10% di un libro) e oltre 70.000 passi, che sono 1750 calorie bruciate più o meno.

nella mia vita è cambiato pochissimo: invece di ascoltare podcast e audiolibri sul divano, l'ho fatto camminando. invece di cazzeggiare sui social per tre ore, ci ho cazzeggiato per due ore e mezza.

a volte il tempo faceva schifo e uscire a camminare non era il massimo, a volte di scrivere avevo voglia zero, ma l'ho fatto e ne sono stata soddisfatta. quando invece di 600 parole ne ho scritte solo 400 ho cercato di recuperare.

se non mi fossi data questi obiettivi avrei scritto e camminato comunque? forse sì, ma l'avrei fatto molto meno.

se mi fossi imposta di camminare 20 mila passi e di scrivere 2.000 parole l'avrei fatto? forse. è persino possibile che avrei camminato e scritto più di quanto abbia fatto in realtà. ma ora sarei stanca e demotivata.

mentre con un obiettivo così facile sono contenta di me e ho voglia di proseguire anche questa settimana.

e voi, come ve la siete cavata?

domenica 27 settembre 2020

sono solo 10 minuti


anche a voi sembra di avere sempre un milione di cose da fare e di non riuscire a fare mai LA cosa che vorreste?

a me capita in continuazione.

dopo il lockdown non sono più riuscita a correre. io, che quattro anni fa mi allenavo per la maratona, che correvo almeno una mezza maratona a settimana senza fare una piega... non riesco più a fare 3 chilometri di fila.

per combattere la sedentarietà che si è impossessata di me, la scorsa settimana mi sono ripromessa di camminare almeno 10mila passi al giorno. e ci sono riuscita. l'obiettivo è quello di arrivare di nuovo a correre per mezz'ora consecutiva. ma se mi fossi data da subito quell'obiettivo, mi sarei sicuramente scoraggiata. la chiave è: start small. ma la chiave è anche: cerca il modo di restare costante.

ho quindi deciso di proseguire la sfida coinvolgendo anche voi: qual è LA cosa che dovete fare e che rimandate in continuazione?

bere  più acqua, studiare una lingua, leggere almeno 20 pagine al giorno, fare yoga, iniziare a registrare un podcast, suonare uno strumento musicale, ripulire il garage/la macchina/la soffitta.

qualunque cosa sia, da domani - e solo fino a domenica 4 ottobre - la faremo insieme. ecco come:

  1. scegli quello che vorresti fare (es: yoga)
  2. circoscrivi la cosa in modo che sia fattibile (es: 10 minuti di yoga al giorno)
  3. pensa a come potresti eliminare gli ostacoli tra te e lo yoga (es: liberare lo spazio in cui stendere il tappetino, togliere il tappetino dall'armadio in cui sta facendo le ragnatele e metterlo in bella vista, preparare già gli abiti che indosserai, scegliere un video di yoga che dura 10 minuti, nascondere il telecomando - se è la televisione la cosa che ti impigrisce e toglie tempo...)
  4. prendi un appuntamento quotidiano con te stess*, scrivilo proprio sull'agenda (es:dalle 7 alle 7:10 yoga) potrebbe essere necessario alzarsi dieci minuti prima, ma... sono solo 10 minuti.
  5. trova il modo per monitorare i progressi (es: scarica la app "abitudini", decidi di mettere una x sul calendario per ogni giorno in cui avrai fatto i tuoi dieci minuti, disegna una tabella su un foglio...)
abbiamo sempre l'impressione di dover fare grandi cose: l'abbonamento annuale in palestra, scrivere per tre ore al giorno, pulire tutta la casa da cima a fondo. e sottovalutiamo quanti progressi invece è possibile fare con solo 10 minuti al giorno di qualsiasi cosa. 
se sei dei nostri commenta qui sotto! coinvolgi una persona che potrebbe partecipare! sono solo dieci minuti e solo da lunedì 28 settembre a domenica 4 ottobre. 

domenica 23 agosto 2020

il marine


ha nove mesi, un ciuffo di capelli alla trump e il tipico sorriso sdentato dei bambini molto piccoli, quello che ha il potere di rimbambire gli adulti e di indurli a fare le vocine sceme.

come un attore consumato scuote la testa di lato, per spostare il ciuffo e conquistare la schiera di fan: nonni, zii, cuginetti. tutta gente che si prodiga in smorfie e richiami, scuotendo giocattoli uno più rumoroso dell'altro, per attirare la sua attenzione.

ma lui, asceta stilita superiore alle lusinghe del consumismo, ha occhi solo per un inutile coperchio giallo, che non fa niente, se non il coperchio di una scatola di formine, che vorrebbero essere colorate e interessantissime.

il coperchio giallo è tutto ciò che gli interessa, e tutto ciò di cui i suoi fan tentano di impossessarsi per portarlo dalla loro parte.

come un marine ben addestrato (o un roomba sobrio), striscia sui gomiti su qualunque superficie: tappeti, marmi, prati e lo fa con l'eleganza e la velocità di un'anguilla.

è lorenzo, è mio nipote, e non essendo ancora in grado di leggere i miei romanzi o di sfornare torte e biscotti, è totalmente inutile. ma simpatico.

venerdì 7 agosto 2020

post-event blues

photo @adrienl


sapevo che sarebbe successo, l'avevo anticipato anche nel post dal titolo "come nasce una scrittrice": pensi che un evento rivoluzionerà la tua vita, che niente sarà come prima, che avrà conseguenze irreversibili... invece il 28 luglio è uscito "maschiaccio e femminuccia" e non è successo niente, non è cambiato niente.
ho registrato un'intervista per raicultura, c'è stata una recensione su tuttolibri della stampa, ho visto il mio libro in vetrina, e anche se mi sembrano esperienze gigantesche, la mia vita è identica a prima. 
ma forse il problema è che dei libri in generale, e dei libri per ragazzi in particolare, agli altri importa poco.

e dovrei saperlo bene, visto che i miei genitori sono non lettori, perfettamente a loro agio in quel 60% di italiani che non legge neanche un libro all'anno, secondo l'AIE. 
l'unico libro che hanno regalato a natale a mio padre, anni fa, lui l'ha rifilato a me, non sapendo che farsene. era "sunset limited" di mccarthy, solo 115 pagine: troppo sottile per essere usato come zeppa o ferma porta.
immaginate quanto possa essere orgoglioso di me mio padre, nell'avere una figlia che ama e "produce" gli oggetti a suo dire più inutili e insensati, privi di qualunque significato o attrattiva.
 
insomma, dopo un fuoco d'artificio d'euforia, sono piombata in quello che giovanna martinello nella sua ultima newsletter ha chiamato post-event blues: la tristezza che ti coglie dopo un evento che hai aspettato e preparato per mesi.

a dare il colpo di grazia è arrivata la scheda di lettura dal premio calvino. a parte queste quattro righe lusinghiere, la restante pagina e mezzo massacra il testo in modo chirurgico.


ciliegina sulla torta: due giorni fa ho commesso un gravissimo errore sul lavoro, di cui il cliente si è accorto. ho passato un brutto quarto d'ora, tremando da sola davanti al computer e sperando di sparire. mentre la collega, dalle ferie in montagna, chiedeva cosa fosse successo.

ma sono in ferie, ho una montagna di libri in cui rifugiarmi e andrà tutto bene.

sabato 1 agosto 2020

fuori dalla comfort zone

quando mi è stato chiesto se volessi girare una video-intervista per il portale Rai Cultura, in occasione dell'uscita di "Maschiaccio e femminuccia", ho detto sì!
dico sempre sì, quando ho l'occasione di far fare un po' di strada ai miei libri. 
poi, appena mi rendo conto di cosa significa quel sì, vado nel panico.

sono una persona molto introversa, una che ama la tranquillità, una che se potesse, passerebbe tutta la vita sul divano a leggere. ma la vita è quello che accade fuori dalla comfort zone, e allora... per fortuna che ci sono i miei libri a portarmici fuori.

la cosa che mi spaventa di più del lasciare il mio divano, è il giudizio degli altri. sono una che tende a minimizzare i complimenti e a dare molto credito alle critiche, tutte, da chiunque provengano. e quel dare credito mi ferisce sempre moltissimo. per cui ogni volta che pubblico un libro e mi espongo al giudizio, lo faccio con la gioia di chi sceglie consapevolmente di percorrere il miglio verde.

per girare l'intervista ho chiesto in prestito il greenscreen


il risultato è stato un video in cui mi dondolo come una pazza, attraverso il riflesso verde delle lenti degli occhiali si vede la foto stock scelta come sfondo, ho le spalle super asimmetriche, i capelli sono così separati che mi si vedono due chilometri di fronte, in alto a destra c'è il nome del software gratuito usato per sovrapporre il video alla foto


per fortuna mia zia ha messo a disposizione la sua libreria, mia sorella ha prestato una maglia decente, mio cuggggino ha messo in campo  la sua attrezzatura professionale e le sue abilità di videomaker. ne è risultato questo video che potete vedere su raicultura.

per farvi due risate con il dietro le quinte, non perdetevi questo divertentissimo video su youtube