venerdì 25 novembre 2022

il bonus (s)facciata - casa mia edition


il bonus (s)facciata ha trasformato il condominio in cui abito nel ponte di san francisco: lo stanno dipingendo da un anno (e non è un eufemismo, hanno iniziato a montare le prime impalcature a novembre 2021 - ovviamente stando al prospetto inviatoci dall'amministratore il tutto si sarebbe dovuto risolvere in sei mesi). ma la realtà è che ancora non è finita. l'impressione è che quando i lavori termineranno, sarà passato così tanto tempo che sarà arrivato il momento di cominciare a ridipingere tutto da capo.

da un paio di giorni il bonus (s)facciata ha trasformato il condominio in cui abito in un carcere di massima sicurezza in cui si violano quotidianamente in diritti umani.
quest'estate per dipingere la parete su cui si affaccia la finestra del bagno, ce l'hanno chiusa per settimane. e ok, non è il massimo della vita avere il bagno buio sempre, ma tutto sommato in bagno non è che ci si passi così tanto tempo.

ora però è arrivato il momento di dipingere la parete su cui si affacciano tutte le altre finestre. quindi per due giorni io e il matematico siamo stati murati vivi. l'impalcatura bloccava completamente gli scuri di camera e salotto e non potevamo aprirne nemmeno uno spiraglio, nemmeno nelle ore in cui gli operai non lavorano davanti alle nostre finestre. stavo decidendo come organizzare il mio ufficio domestico in bagno, mi restava solo da capire se era meglio lavorare seduta direttamente sul vater o sul cesto della biancheria sporca quando il bonus (s)facciata ha trasformato il condominio in cui abito nella casa del grande fratello. gli operai hanno tolto gli scuri e ci fanno "col il culo ciao ciao".

giovedì 17 novembre 2022

soldi


ho un rapporto piuttosto incasinato con tutto e tutti, soldi inclusi.
da qualche mese seguo dei podcast che affrontano questo argomento (vi consiglio grano e rame) e ascoltando le storie degli altri mi sono fatta delle domande sulla mia storia con i soldi.

da quello che ho capito, il rapporto coi soldi dipende dalle credenze e dalle emozioni legate al denaro che abbiamo assorbito in famiglia fin da piccoli.

uno dei ritornelli della mia infanzia è stato il "ce ca costa?" (ndr: quanto costa?) di mia nonna.
mia madre, per fare la spesa, ancora oggi gira 3-4 supermercati diversi a caccia delle offerte, risparmiare 10 centesimi sui pavesini le dà da sempre grandissima soddisfazione. 

l'impressione è sempre stata che i soldi fossero pochi e andassero risparmiati. 

ogni volta che desideravo qualcosa l'ho quasi sempre avuta (pisolone e crystal ball esclusi) ma ogni regalo ricevuto si portava dietro una montagna di sensi di colpa, l'impressione di aver fatto sprecare del preziosissimo denaro familiare per qualcosa di futile, infantile, un capriccio.
in prima media ho lasciato il basket, anche se mi piaceva molto, per non far spendere ai miei ventimila lire al mese.
in quinta superiore non sono andata in gita a berlino perché costava troppo e dovendo scegliere tra berlino e le lezioni di chitarra, ho preferito le lezioni di chitarra

anche nei confronti degli oggetti comprati col denaro, nella mia famiglia c'è da sempre un atteggiamento di "risparmio". il servizio buono tenuto nella credenza, le lenzuola della dote mai usate, i vestiti per la messa indossati per un'ora, il rossetto solo per le occasioni speciali. i gioielli chiusi in un baule. e tutto viene conservato perché "non si sa mai". che si traduce in armadi e scatole e scaffali pieni di roba mai usata per decenni.

quello che è successo, è che tutto questo ha disinnescato in me la capacità delle cose di rendermi felice. quand'ero piccola, passavo mesi a chiedere l'orsetto del cuore, il poppel, un puzzle. quando finalmente questi oggetti arrivavano, ero felicissima: ci giocavo per un giorno o due e poi mi rendevo conto che puf, tutto quel desiderare era stato inutile, ero entrata in possesso di una roba che nel giro di un battito di ciglia aveva perso la sua attrattiva. ero delusa, mi sentivo stupida. 

questo vissuto mi ha trasformato in una persona che vuole avere a che fare con meno soldi possibili, che non ha fiducia nella sua capacità di guadagnare, che non sente di meritare l'acquisto di nulla e che quindi risparmia. risparmia. risparmia. 

le cose non mi interessano, meno roba acquisto, meno ho bisogno di guadagnare, vivo in un appartamento piccolo, perché costa meno di uno grande, perché dentro ci si possono mettere meno cose e non ci sono spazi vuoti da riempire con oggetti che avrebbero un costo. sono childfree perché non ho senso materno, ma anche perché un figlio costa e doverlo mantenere mi costringerebbe a lavorare di più per guadagnare di più. essendo arrivata a quarant'anni senza aver mai avuto un lavoro a tempo pieno e a tempo indeterminato, la mia fiducia nella capacità di guadagnare è pressoché rasente lo zero

ora che sono freelance, non so darmi un prezzo. in questi mesi ho fatto per lo più lavori in cui il prezzo era già stabilito da altri - prendere o lasciare. i prezzi che ho indicato sul sito sono numeri a caso, più che raddoppiati rispetto a quelli che avevo inventato io perché un'altra freelance mi ha detto che erano sicuramente troppo bassi. (e ora quei servizi non ho coraggio di promuoverli perché mi sembra di derubare la gente)
ho anche l'impressione che quello che so fare non serva a nulla. i romanzi che scrivo, per l'editore che li pubblica, sono libri in perdita, e l'anticipo che mi è stato corrisposto mi sembra un furto.

oggi mi sono iscritta all'ennesimo corso di editing. fino a ieri pensavo: no, non ti serve, sai già fare il tuo lavoro. non farti fregare dalla tua sindrome dell'impostore, hai già speso tipo duemila euro quest'anno in corsi, smettila.

ho lasciato da parte la me che risparmia e non spende perché sente di non meritare niente e mi sono detta che questi soldi non sono sprecati ma investiti, che il corso mi permetterà di entrare in contatto con persone che hanno la mia stessa sensibilità e i miei stessi interessi, che c'è sempre da imparare, e tenere la mente aperta e curiosa, non sentirsi mai arrivati, è un pregio.

comunque, se mi fate un bonifico sono contenta. 

domenica 6 novembre 2022

previously in: la storia della mia vita #4 lettura


non so vivere senza libri. a un certo punto - tra agosto e settembre - sul mio divano-ufficio avevo una pila di 15 volumi, più i miei due fidati e-reader (kindle e kobo). i libri sono i miei animali domestici, la mia armatura, il mio scudo, il mio comfort food, il mio luogo dell'anima, i miei viaggi. se non sto leggendo un libro, sto ascoltando un audiolibro, ma più probabilmente sto anche leggendo un ebook e pensando a cosa leggere dopo allungando la lista dei libri che vorrei leggere a dismisura. nei periodi di massimo caos arrivo anche a leggere 7 libri contemporaneamente tra cartaceo, digitale, audiolibro e tra le lingue italiana e inglese.

è un modo malsano di vivere la lettura. è bulimico. dei 150 libri che ho "letto" quest'anno solo una decina mi hanno lasciato un'impressione forte. di alcuni non ricordo nulla. se qualcuno mi chiedesse "hai letto quando abbiamo smesso di capire il mondo o il canto delle balene?" dovrei rispondere sì, perché li ho catalogati su goodreads come letti quest'anno. ma se mi fosse chiesto di dire di cosa parlano farei scena muta. 

ha senso leggere in questo modo? non lo so. ma ho pensato che è così che viviamo. voi ricordate esattamente cosa avete fatto il 23 febbraio 2018 o il 4 maggio 2022? eppure non direste mai che vivere quei giorni, per quanto indistinguibili dagli altri, sia stato inutile. 

ecco, credo che la lettura di alcuni libri, per me, sia paragonabile a quei giorni "normali" in cui non succede niente di eclatante e che comunque danno il loro contributo, per quanto piccolo e insignificante, a quello che siamo. senza quel giorno lì - senza quella lettura lì - anche se non è stato niente di speciale, non sarei la stessa.

venerdì 4 novembre 2022

previously in: la storia della mia vita #3 scritura


l'anno scorso è stato un anno di grazia per quanto riguarda la scrittura. ho terminato 2 progetti e ne ho portati avanti altri 2.
quest'anno, al contrario, è stato tutto in salita. sono riuscita a completare solo uno dei due progetti iniziato lo scorso anno, e l'ho fatto a lacrime e sangue, senza nemmeno l'ombra della pura felicità che aveva accompagnato la scrittura della prima parte.

ho scritto:
  • un albo illustrato, 
  • 5 storie molto brevi, 
  • l'incipit sbagliato di un romanzo che vorrei fosse giusto. 
that's it.
pochissimo per una persona che si autoproclama scrittrice. me ne rendo conto. soprattutto per una che non crede nell'ispirazione ma nel sedersi col computer in grembo.
la buona notizia è che sono riuscita a piazzare uno dei due progetti concluso lo scorso anno. se non moriremo tutti prima, vedrà la luce a settembre 2023.

avrei voluto scrivere di più? certo. ho avuto tutto il tempo per farlo. ma boh, semplicemente non sapevo cosa scrivere. ho solo allungato la bibliografia tematica per un romanzo che chissà se sarò mai in grado di scrivere. al momento sono a 14 libri letti, 4 film/documentari visti, 1 podcast ascoltato.

ogni volta che si chiude il mio rubinetto della scrittura sono terrorizzata. penso che non scriverò mai più, che sono un'impostora. i veri scrittori non conoscono blocco. anzi, hanno molte più idee di quante possano scriverne. e se io faccio tanto la preziosa vuol dire che non sono una scrittrice vera. 
so che non è così, che è solo una fase, che l'esperienza di ogni persona che scrive è a sé, che a un certo punto troverò la prossima storia, una storia che ho davvero voglia di scrivere. ma a quanto pare il momento non è adesso.

mercoledì 2 novembre 2022

previously in: la storia della mia vita #2 salute

a gennaio ho lanciato la sfida dei 10 mila passi al giorno. fino a metà luglio è andata alla grande. anzi, avevo anche parecchi giorni di vantaggio, nel senso che mediamente camminavo ben più di 10 mila passi. poi sono stata sopraffatta dal caldo e ho mollato. in ferie ho recuperato un po', ma fino a metà ottobre non mi sono più ripresa. per cui per quasi tre mesi mi sono lasciata completamente andare. adesso sono di nuovo in careggiata, ma chissà per quanto durerà.

il problema, in questo caso, è che sono una da "o tutto o niente", "o bianco o nero". se mi allaccio le scarpe non lo faccio per camminare meno di un'ora. quindi, o esco con intenzioni serie, o niente. il che è un pessimo modo di affrontare la questione.

a marzo, libera da impegni di lavoro, ho iniziato a fare tutti i controlli medici che rimandavo da anni. analisi del sangue, oculista, ginecologa, dentista, controllo al seno. ho speso quasi mille euro tra visite mediche, cure odontoiatriche, lenti nuove, esami specialistici, farmaci. nonostante temessi che questo mio procrastinare mi avrebbe portata a morte certa, alla scoperta di tumori al quarto stadio, è andato tutto molto meglio del previsto.
sempre a marzo - per la prima volta nella vita - ho iniziato a curare ansia e depressione, non solo con la terapia ma anche con i farmaci. per due mesi è stato un successo. ho pensato "oh, wow. allora è così che vivono le persone normali: leggere. non pensano tutto il tempo al suicidio, alle persone che muoiono di fame, o per le guerre, ai bambini negli slum indiani o nelle bidonville brasiliane, alla crisi climatica, al suicidio, ai terremoti che potrebbero colpirci, alle alluvioni, alle guerre per l'acqua in corso e per quelle a venire, al fatto che non ci saranno antibiotici efficaci, agli animali allevati in condizioni tremende, al suicidio, all'inflazione, alla recessione, alle crisi di governo nostrane e non". poi però è tutto tornato "normale", i farmaci hanno smesso di fare effetto e la mia vita è tornata quasi quella di sempre: una zavorra pesantissima da portarsi dietro con una fatica assurda (ma senza pensieri suicidari).
è come se i farmaci, togliendomi i pensieri suicidari, mi avessero privata dell'ultima forma di energia che mi era rimasta. niente ha senso, perché devo vivere? il mondo è un posto orrendo. vivere mi fa schifo.

sogno. sogno cose assurde, tutte le notti, tantissimo. sogno tante persone, anche gente che non vedo e non sento da venti o trent'anni. sono sogni articolati. sogni faticosi. sogni che quando mi sveglio al mattino sono stanca come se avessi lavorato tutta la notte. ho sognato che mia sorella era incinta. sogno molti spostamenti, spesso faticosi. treni in ritardo, un mucchio di scale da salire, e acqua, tanta acqua, da guadare. se almeno in sogno arrivasse un'idea decente per il prossimo romanzo...

sono ingrassata. la congiuntura negativa tra depressione, farmaci, sospensione della sfida dei 10 mila passi, e la visione della crema pasticcera come unica ragione di vita (da qui tutte le foto di colazioni che posto su instagram), mi ha portata a prendere peso. non riesco più a chiudere nemmeno un paio di jeans. vivo in tuta, ma per lo più in pigiama. sperando di rientrare in un tempo ragionevole nei miei vestiti. di smettere di essere un divano e riprendere presto sembianze umane.
(mi sono pesata, non lo facevo da agosto. la situazione è anche peggiore di quanto pensassi.)

mi sono cresciuti i capelli. ovvio, dato che non li taglio da un anno. i capelli, quando li lavo e li asciugo con la spazzola, mi stanno da dio. peccato che li tenga sempre legati, li lavi una volta ogni mai e che trovi i miei capelli ovunque: uno - non so come - è arrivato persino dentro al congelatore. e tutti questi miei capelli ubiqui (sul cuscino, nella doccia, sui pavimenti, tra i panni tolti dalla lavatrice, nelle frange dei tappeti, tra la barba del matematico...) mi stanno facendo impazzire e rimpiango il periodo in cui li avevo tagliati a zero e mi sentivo libera, folle, capace di tutto.

tra qualche giorno il prossimo previously.