lunedì 27 marzo 2017

il matematico e la campana tibetana

che per il matematico reinserirsi nel mondo accademico patrio sia traumatico era chiaro.
i segni del disagio erano ben evidenti, ma si manifestavano con malesseri generici come i disturbi del sonno o il parlare da solo.
adesso però il suo "adjustment disorder" ha preso forma. si è concretizzato. non è più spossatezza o irritabilità, ha le sembianze di una campana tibetana.
una campana tibetana, ai profani come me, potrebbe sembrare una specie di mortaio, o una ciotola con uno strano mestolo.
invece no, la campana tibetana è uno strumento musicale con poteri taumaturgici.
suonare la campana tibetana ti rilassa, ti guarisce, ti guida nella meditazione.
sfregare il battacchio attorno alla ciotola è un gesto sacro e curativo.
per questo ieri sera, sorseggiando camomilla in vestaglia, il matematico suonava la campana tibetana tenendola sul palmo della mano.

venerdì 24 marzo 2017

verso la guarigione

sono una grammar-nazi, una rompiscatole, una che se vede un refuso ha come primo impulso quello di chiedere al suo autore di correggerlo, una che se commette il reato di refuso (purtroppo capita anche a me, non sono immune da errori) si auto condannerebbe all'ergastolo.

ma sto cercando di guarire, di liquidare gli errori - miei e quelli degli altri - con un'alzata di spalle o con una risata. ho quasi smesso di scrivere messaggi più o meno gentili a blogger o autori per dire loro che "ehi, hai scritto perché con l'accento sbagliato, po' con l'accento, qual è con l'apostrofo".
in compenso faccio foto e screenshot che pubblico compulsivamente nel gruppo facebook grammarnazi italiani.

però sto cercando di approcciare un metodo più costruttivo, e l'infografica qui accanto, che ho realizzato personalmente, fa parte di questo percorso di crescita personale e guarigione dal gammarnazismo che mi affligge. se volete condividerla penso si possa fare da questo link

ps: se in un messaggio whatsapp o in una chat con me vi scappa un refuso state tranquilli, non vi scusate e non correggete.

domenica 19 marzo 2017

i mantra che mi ripeto per cercare di stare a galla

nel web è piuttosto facile incappare in aforismi di tutti i tipi. non so se sia perché sono iscritta a particolari gruppi fb, o se capiti a tutti. fatto è che ho trovato in giro delle frasi brevi, brillanti e di impatto che sono diventate un po' i miei motti. ecco quindi i miei preferiti.

non importa quanto sei lento a correre, sarai sempre più veloce di chi è rimasto sul divano. questa frase la uso per trovare la voglia di mettermi le scarpe e andare. non sempre funziona. oggi per esempio non ha fatto effetto.

meglio fatto che perfetto. sono una rompiscatole epica, se le cose che faccio non vengono come dico io "è tutta una merda", senza via di mezzo. quindi per convincermi ad agire invece che stare a rimuginare e procrastinare cerco di ripetermi questa frase.

fake it util you make it. questa è un po' un'americanata. per chi non sa l'inglese, significa: fingi di saper fare qualcosa fino a quando la fai. l'idea è che impari a fare qualcosa solo facendola davvero. puoi leggere tutte le guide e i manuali possibili, ma a un certo punto devi metterti a fare. e se all'inizio non hai la più pallida idea di cosa tu stia facendo. alla fine a suon di provarci ci sarai riuscito. è quello che mi ripeto tutti i giorni in ufficio, per esempio quando apro indesign o photoshop e tento di produrre il materiale che mi è stato richiesto.

se vuoi veramente qualcosa troverai una strada, altrimenti troverai una scusa. questo più che un mantra da ripetere è una sorta di linea guida e di promemoria.

se fai sempre le stesse cose otterrai gli stessi risultati / niente cambia se non cambi niente sembra una banalità, ma è di una verità sconcertante. a volte, quando mi sento impantanata, insoddisfatta, inquieta, mi rendo conto che in effetti non sto facendo alcuno sforzo per non esserlo.

you are stronger than you think. sei più forte di quanto credi. questa frase la ritrovo spesso e per quanto mi sembri potente non riesco a farla mia.

mercoledì 8 marzo 2017

4 considerazioni (controcorrente) sul vivere a vienna

sono stata per quasi sei anni un'expat a vienna.
sono tornata da otto mesi, ma alcuni luoghi comuni e frasi fatte continuano a perseguitarmi. ecco quindi 4 considerazioni sul vivere a vienna che vanno contro il sentire comune.

1. ah, allora saprai benissimo il tedesco.
ecco, no. un non madrelingua non sa il tedesco. un non madrelingua studia il tedesco, impara il tedesco frequentando dei corsi, si scontra tutti i giorni con quella lingua non romanza piena di consonanti e parole composte. 
un non madrelingua di media intelligenza, arriva a padroneggiare il tedesco con grande sforzo, a suon di comunicazioni frustranti e fallimentari.
perché, che ci si creda o no, si può vivere una vita intera in un paese straniero senza impararne la lingua. da adulti non basta essere esposti a una lingua per saperla.

2. ah, ma lì, anche se non sai il tedesco, ti basta l'inglese.
sicuramente a vienna, percentualmente, si trova più gente che parla un discreto inglese di quanta se ne trovi in italia. tuttavia "ti basta l'inglese" è un'affermazione credibile per chi va a vienna in vacanza per qualche giorno. per vivere a vienna l'inglese non basta: ci sarà sempre un idraulico, una cassiera, un passante che non saprà l'inglese e che non perderà l'occasione per umiliarti.

3. eh, avrai trovato lavoro in pochissimo tempo.
sicuramente a vienna ci sono più opportunità di lavoro che in un qualunque paesino della provincia italiana. ma... sorpresa! il lavoro non ti viene di certo a cercare. ci sono sicuramente alcuni ambiti come quello della ricerca universitaria in cui ci sono opportunità anche per chi parla solo l'inglese. ma senza conoscere bene il tedesco (almeno a livello B2) è difficile trovare un lavoro anche come cameriere. certo, c'è chi sapendo solo l'italiano è andata a fare le pulizie o la baby sitter in una famiglia italiana e si è sistemata, ma probabilmente avrebbe trovato un'occupazione identica a roma o milano o firenze.

4. beata te, vienna è la città con la migliore qualità della vita.
è successo per anni. ogni volta che veniva stilata la classifica mondiale delle città più vivibili, vienna era prima e tutti mi invidiavano. ovviamente queste classifiche tengono conto dell'assistenza sanitaria, del sistema scolastico, della criminalità, dei trasporti. che sono tutti degli indicatori oggettivi e misurabili. 
quello di cui non tengono conto, ma che determina la qualità della vita di ciascuno - sono parametri soggettivi come la rete sociale, la realizzazione personale e professionale.
stare bene all'estero, soprattutto all'inizio, senza il supporto della famiglia e degli amici, senza la possibilità di esprimersi nella propria lingua, senza un lavoro gratificante, è davvero difficilissimo.
per me lo è stato moltissimo. al punto che alla fine ero così depressa e suicidaria che mi sono ritrovata a fare 9 mesi di terapia psicanalitica bisettimanale. 
ma per fortuna vienna ha la migliore qualità della vita e più di metà della spesa l'ha pagata l'assicurazione sanitaria.


PS: l'immagine è la copertina di una guida di vienna agile e scanzonata scritta da me. perché se è vero che è stata una città orribile in cui vivere è una città splendida in cui fare la turista.
si può acquistare su amazon sia in formato cartaceo che ebook. a questo link.

domenica 5 marzo 2017

è come per la crema pasticcera

prendo mezzo litro di latte, aggiungo la vaniglia e lo metto a scaldare.
nel frattempo mescolo due uova* con 80 grammi di zucchero, poi incorporo 50 grammi di amido di mais.
quando il latte è caldo, lo aggiungo al composto di uova gradualmente, mescolando molto bene per evitare la formazione di grumi. metto il tutto sul fuoco.
è a questo punto, mentre mescolo senza che nulla accada, che vengo sistematicamente assalita dai dubbi: perché non si addensa? alzo l'intensità della fiamma? siamo sicuri che ho messo l'amido di mais? perché se non l'ho messo è tutto inutile. ma quanto ci vuole? avrò sbagliato qualcosa? ma perché sto qui a mescolare del latte? quasi quasi spengo tutto e lascio perdere.
ecco, per me avere successo con la scrittura è come voler fare la crema pasticcera. ho messo tutti gli ingredienti sul fuoco e sto mescolando, da anni, col dubbio che sia tutto inutile, col dubbio di non aver aggiunto l'amido di mais. ma lasciar perdere adesso sarebbe come spegnere il fuoco un attimo prima che la crema si addensi.
per cui continuo a mescolare e a scrivere, perché con la crema pasticcera è questione di un attimo: un secondo prima stai sbuffando su una pentola piena di latte, un secondo dopo hai mezzo litro di crema profumata alla vaniglia con cui farcire brioche, bignè, bomboloni, pan di spagna, torte.


* sì, lo so che la crema pasticcera si fa solo coi tuorli, ma mi scoccia buttare gli albumi e non so fare le meringhe. per cui la mia crema pasticcera si realizza rigorosamente con uova intere.

ps: la foto è presa dal sito misya.info. e se amate la crema pasticcera dovete provare questa sua ricetta.

mercoledì 1 marzo 2017

di nascosto e a mia insaputa

dieci giorni fa ho trovato il modo per ricominciare a correre.
l'ho imparato dai nostri politici, quelli che hanno polizze vita o comprano case a loro insaputa.
io a mia insaputa corro. mi limito a pochi giri del parco dei criceti e non porto con me alcun rilevamento cronometrico per non dovermi confrontare con la frustrazione di essere diventata una "tartarunner" per stupidità e pigrizia.
adesso devo solo trovare un modo per scrivere un romanzo a mia insaputa.