anche quest'anno non mi sono iscritta in palestra
anche quest'anno non ho scritto un romanzo decente
anche quest'anno ho scritto poco sul blog
anche quest'anno ho letto più dell'anno scorso
anche quest'anno ho usato pochissimo il ferro da stiro
anche quest'anno ho odiato l'inverno e il freddo e la pioggia e il cielo grigio
anche quest'anno non ho letto il cacciatore di aquiloni
anche quest'anno ho letto, scritto e parlato pochissimo tedesco
anche quest'anno ho guardato il bagno di casa mia, lercio, e ho pensato che mia madre sarebbe inorridita
anche quest'anno non ho sentito il ticchettio dell'orologio biologico
anche quest'anno ho fatto cazzate, e pianto, senza rimpiangere le cazzate fatte
anche quest'anno ho detto al matematico che dovevamo lasciarci
anche quest'anno ho sempre scritto perché con l'accento giusto
anche quest'anno mi sono arrabbiata per ogni perchè
anche quest'anno ho passato molto più tempo su internet che nella vita
anche quest'anno ho comprato libri che non ho ancora letto
anche quest'anno ho creduto che avrei scritto un romanzo bellissimo
anche quest'anno mi sono persa a vienna
anche quest'anno ho preso in considerazione il suicidio come unica via percorribile
anche quest'anno non ho fumato
anche quest'anno sono sopravvissuta a me stessa
anche quest'anno ho odiato vienna
anche quest'anno non ho trovato soluzioni né risposte
anche quest'anno ho trovato canzoni da ascoltare in loop fino allo sfinimento
anche quest'anno mi sono lamentata moltissimo, per qualsiasi cosa
quest'anno a differenza degli anni scorsi ho iniziato a correre
giovedì 31 dicembre 2015
venerdì 25 dicembre 2015
natale da zia
non tornavo in italia, a casa dai miei, da natale scorso.
così tanto tempo che nel mentre il mio cuginetto è diventato un uomo (si fa crescere la barba e ha un taglio fashion).
così tanto tempo che sono diventata zia per la seconda volta, praticamente a mia insaputa.
la mia nipotina caterina ha tre anni, parla un sacco, ama peppa pig, masha e orso e vuole che le si leggano molti libri, sempre gli stessi e più volte consecutive. li sa a memoria, se sbagli una parola ti corregge, se provi a saltare una pagina ti fa tornare indietro, se le mostri un quadro di tessuto lei ti dice: "è un arazzo"!
la parola arazzo in bocca a una bambina di tre anni mi fa più impressione di una bestemmia e un miliardo di volte più piacere.
il mio nipotino nuovo - matteo, sei mesi oggi - non è un bambino, è un soprammobile: dove lo metti sta. non piange, non si lamenta, passa da un braccio all'altro senza fare una piega. se lo metti in posizione orizzontale chiude gli occhi come i bambolotti e si addormenta. potrebbe dormire anche in mezzo al mercato del pesce.
non mi entusiasma molto perché non interagisce. preferisco di gran lunga la sua sorellina che chiede il perché di ogni cosa. ricorda le risposte. e se dici a tua madre che il suo cellulare ha una suoneria rumorosa e fastidiosa, lei due giorni dopo - al primo squillo - lo ripete con le stesse identiche parole e lo stesso identico tono, come se ti facesse il verso.
quando ho preso in braccio "fratellino matteo" caterina ha detto: "la zia silvia è solo mia".
come darle torto.
così tanto tempo che nel mentre il mio cuginetto è diventato un uomo (si fa crescere la barba e ha un taglio fashion).
così tanto tempo che sono diventata zia per la seconda volta, praticamente a mia insaputa.
la mia nipotina caterina ha tre anni, parla un sacco, ama peppa pig, masha e orso e vuole che le si leggano molti libri, sempre gli stessi e più volte consecutive. li sa a memoria, se sbagli una parola ti corregge, se provi a saltare una pagina ti fa tornare indietro, se le mostri un quadro di tessuto lei ti dice: "è un arazzo"!
la parola arazzo in bocca a una bambina di tre anni mi fa più impressione di una bestemmia e un miliardo di volte più piacere.
il mio nipotino nuovo - matteo, sei mesi oggi - non è un bambino, è un soprammobile: dove lo metti sta. non piange, non si lamenta, passa da un braccio all'altro senza fare una piega. se lo metti in posizione orizzontale chiude gli occhi come i bambolotti e si addormenta. potrebbe dormire anche in mezzo al mercato del pesce.
non mi entusiasma molto perché non interagisce. preferisco di gran lunga la sua sorellina che chiede il perché di ogni cosa. ricorda le risposte. e se dici a tua madre che il suo cellulare ha una suoneria rumorosa e fastidiosa, lei due giorni dopo - al primo squillo - lo ripete con le stesse identiche parole e lo stesso identico tono, come se ti facesse il verso.
quando ho preso in braccio "fratellino matteo" caterina ha detto: "la zia silvia è solo mia".
come darle torto.
domenica 13 dicembre 2015
7 motivi per cui correre fa schifo più 1 per cui corro
1. è faticoso (ti manca il fiato e ti fa male dappertutto: il piede destro, poi il sinistro, poi un polpaccio, poi il fegato, la milza, la caviglia)
2. si suda (dappertutto. io ho scoperto che ho l'incavo del braccio che soffre di iperidrosi)
3. è noioso (devi mettere un piede davanti all'altro e basta)
4. la roba che hai indossato per correre è impregnata di sudore all'apparenza radioattivo che fa sembrare più saggio smaltire tutto come rifiuto speciale piuttosto che lavarla e reindossarla
5. è un'attività solitaria (è difficile trovare qualcuno che abbia voglia di venire a correre e tenga il tuo stesso ritmo)
6. è potenzialmente dispendiosissima (pensi che basti un paio di scarpe - che comunque costano parecchio, e poi ci vuole il reggiseno sportivo, la tuta tecnica quando arriva l'inverno, i guanti, un berretto, la fascia a braccio per tenere lo smartphone, il braccialetto fitness col cardiofrequenzimetro per monitorare il battito cardiaco e il dispendio calorico, il tappetino per fare gli addominali per rinforzare il core e la schiena, i pesi per fare muscoli, le cavigliere, l'elastico, i beveroni proteici, l'abbonamento in palestra...)
7. iniziare è difficilissimo (sia nel senso che partire da zero è demotivante, non hai fiato neanche per fare duecento metri, sia perché è una palla cambiarsi per andare a correre e buttarsi in strada, soprattutto con questo freddo)
+
1. perché dopo ti senti dio. invincibile, onnipotente. ce l'hai fatta. non importa per quanti chilometri né per quanto tempo tu abbia corso. il risultato è che tutto quello che prima di andare a correre ti sembrava insormontabile e impossibile, dopo la corsa ti sembra molto meno opprimente e angosciante.
corro perché per me la corsa è un antidoto al dolore.
e di questo passo diventerò una podista.
2. si suda (dappertutto. io ho scoperto che ho l'incavo del braccio che soffre di iperidrosi)
3. è noioso (devi mettere un piede davanti all'altro e basta)
4. la roba che hai indossato per correre è impregnata di sudore all'apparenza radioattivo che fa sembrare più saggio smaltire tutto come rifiuto speciale piuttosto che lavarla e reindossarla
5. è un'attività solitaria (è difficile trovare qualcuno che abbia voglia di venire a correre e tenga il tuo stesso ritmo)
6. è potenzialmente dispendiosissima (pensi che basti un paio di scarpe - che comunque costano parecchio, e poi ci vuole il reggiseno sportivo, la tuta tecnica quando arriva l'inverno, i guanti, un berretto, la fascia a braccio per tenere lo smartphone, il braccialetto fitness col cardiofrequenzimetro per monitorare il battito cardiaco e il dispendio calorico, il tappetino per fare gli addominali per rinforzare il core e la schiena, i pesi per fare muscoli, le cavigliere, l'elastico, i beveroni proteici, l'abbonamento in palestra...)
7. iniziare è difficilissimo (sia nel senso che partire da zero è demotivante, non hai fiato neanche per fare duecento metri, sia perché è una palla cambiarsi per andare a correre e buttarsi in strada, soprattutto con questo freddo)
+
1. perché dopo ti senti dio. invincibile, onnipotente. ce l'hai fatta. non importa per quanti chilometri né per quanto tempo tu abbia corso. il risultato è che tutto quello che prima di andare a correre ti sembrava insormontabile e impossibile, dopo la corsa ti sembra molto meno opprimente e angosciante.
corro perché per me la corsa è un antidoto al dolore.
e di questo passo diventerò una podista.
domenica 6 dicembre 2015
quel che resta del mio tesssoro
dei sette libri presi in biblioteca la volta scorsa:
* "le ho mai raccontato del vento del nord": l'avevo già letto e non ho sentito il bisogno di rileggerlo prima di attaccare il seguito.
questo romanzo ha una storia che viene da lontano. l'avevo acquistato e letto in italia, prima di sapere che sarei venuta a vienna. e l'avevo adorato. l'originale è in tedesco, dato che l'autore è viennese.
quando ad aprile del 2010 sono venuta per la prima volta a vienna a trovare il matematico, avevo acquistato in una libreria il cartonato con l'accorpamento dei due volumi (vedi foto). non sono mai riuscita a leggerlo. ci ho provato un paio di volte. riaprendolo vedo ora le mie annotazioni a matita, parole sottolineate e le loro traduzioni. sono parole che ora conosco, di alcune faccio persino un uso attivo.
* "la settima onda": mi è piaciuto meno del primo ma ho avuto il mio lieto fine. per cui ne è valsa la pena.
* "chiedo scusa" l'ho letto d'un fiato. la storia di una malattia e di una guarigione. a suo modo terapeutico.
* "mia suocera beve" l'ho mollato a pagina 40. de silva l'ho amato dall'inizio con "certi bambini" e "voglio guardare". ho apprezzato anche "non avevo capito niente", seppure non mi ricordi assolutamente nulla della trama o dei personaggi. questo "mia suocera beve" non mi ha presa e non ci ho pensato due volte a mollarlo.
* "e se poi mi innamoro, pazienza" carino ma non imperdibile.
* "noi due come un romanzo" aveva tutte le premesse per diventare il mio libro preferito di sempre. la protagonista è una libraia che vende solo romanzi d'amore e intrattiene una fitta corrispondenza cartacea con il fidanzato di quando era al liceo. (ho un debole per i romanzi epistolari, ho provato un paio di volte a scriverne uno.)
ho trovato quelle lettere di una noia e una lentezza insopportabile e ho mollato il libro a pagina 74.
* "non dirmi che hai paura" l'ho appena terminato e mi è piaciuto molto. è la storia di un sogno, di una passione che porta lontano, che chiede di essere vissuta.
questo romanzo ha una storia che viene da lontano. l'avevo acquistato e letto in italia, prima di sapere che sarei venuta a vienna. e l'avevo adorato. l'originale è in tedesco, dato che l'autore è viennese.
quando ad aprile del 2010 sono venuta per la prima volta a vienna a trovare il matematico, avevo acquistato in una libreria il cartonato con l'accorpamento dei due volumi (vedi foto). non sono mai riuscita a leggerlo. ci ho provato un paio di volte. riaprendolo vedo ora le mie annotazioni a matita, parole sottolineate e le loro traduzioni. sono parole che ora conosco, di alcune faccio persino un uso attivo.
* "la settima onda": mi è piaciuto meno del primo ma ho avuto il mio lieto fine. per cui ne è valsa la pena.
* "chiedo scusa" l'ho letto d'un fiato. la storia di una malattia e di una guarigione. a suo modo terapeutico.
* "mia suocera beve" l'ho mollato a pagina 40. de silva l'ho amato dall'inizio con "certi bambini" e "voglio guardare". ho apprezzato anche "non avevo capito niente", seppure non mi ricordi assolutamente nulla della trama o dei personaggi. questo "mia suocera beve" non mi ha presa e non ci ho pensato due volte a mollarlo.
* "e se poi mi innamoro, pazienza" carino ma non imperdibile.
* "noi due come un romanzo" aveva tutte le premesse per diventare il mio libro preferito di sempre. la protagonista è una libraia che vende solo romanzi d'amore e intrattiene una fitta corrispondenza cartacea con il fidanzato di quando era al liceo. (ho un debole per i romanzi epistolari, ho provato un paio di volte a scriverne uno.)
ho trovato quelle lettere di una noia e una lentezza insopportabile e ho mollato il libro a pagina 74.
* "non dirmi che hai paura" l'ho appena terminato e mi è piaciuto molto. è la storia di un sogno, di una passione che porta lontano, che chiede di essere vissuta.
mercoledì 25 novembre 2015
il mio tesssoro
quando stava per finire la stagione in gelateria ero molto preoccupata dalla prospettiva dell'inverno associato alla disoccupazione.
in realtà, l'inverno è arrivato solo ieri e la disoccupazione si sta rivelando un sollievo.
i mesi in ostaggio del massimo del gelato mi hanno prosciugata e distrutta sia a livello fisico che psicologico.
ora mi sento un malato in convalescenza. leggo un romanzo dietro l'altro come se non ci fosse un domani, come se i libri fossero l'unica cura possibile alla mia malattia.
ieri ho scoperto una biblioteca che ha una sezione di libri italiani che non coincide con dante, petrarca, boccaccio e italo svevo, ma ha anche parecchie novità.
oggi mi ci sono precipitata.
anche se lo scaffale era minuscolo mi sono sentita come una bimba la mattina di natale.
ho fatto incetta di titoli e quando sono uscita raggiante dalla biblioteca tenevo i libri stretti al petto come se temessi che qualcuno potesse rubarmi il mio tesssoro.
e ora scusate.
ho da leggere.
in realtà, l'inverno è arrivato solo ieri e la disoccupazione si sta rivelando un sollievo.
i mesi in ostaggio del massimo del gelato mi hanno prosciugata e distrutta sia a livello fisico che psicologico.
ora mi sento un malato in convalescenza. leggo un romanzo dietro l'altro come se non ci fosse un domani, come se i libri fossero l'unica cura possibile alla mia malattia.
ieri ho scoperto una biblioteca che ha una sezione di libri italiani che non coincide con dante, petrarca, boccaccio e italo svevo, ma ha anche parecchie novità.
oggi mi ci sono precipitata.
anche se lo scaffale era minuscolo mi sono sentita come una bimba la mattina di natale.
ho fatto incetta di titoli e quando sono uscita raggiante dalla biblioteca tenevo i libri stretti al petto come se temessi che qualcuno potesse rubarmi il mio tesssoro.
e ora scusate.
ho da leggere.
lunedì 2 novembre 2015
il gesto delle mani
il matematico mi ha trascinata a vedere un documentario di 77 minuti, senza dialoghi, senza musica, in cui si vede della gente che realizza una statua di bronzo in un antico laboratorio artigianale di milano.
ci sono andata perché il matematico me l'aveva presentato come un film (in) italiano premiato alla berlinale.
e sapete cosa? è un documentario bellissimo, incredibilmente avvincente. l'inizio sembra un giallo. ti chiedi: ma che diavolo stanno facendo? cosa succederà?
alla fine c'era il regista in sala, francesco clerici, classe '83. ha raccontato di come abbia fatto tutte le riprese da solo, di come non sapesse nemmeno lui cosa sarebbe successo, di come non abbia mai chiesto agli operai di dire, fare, ripetere, cambiare qualcosa, di come la sua fidanzata martina l'abbia costretto a tagliare il film, che inizialmente durava più di due ore. di come diversi produttori si siano offerti e poi rifiutati di fare il film che voleva lui, senza musica, senza dialoghi, senza alcun artificio.
di come, quando alla berlinale gli hanno chiesto l'indirizzo email del suo ufficio stampa, lui abbia dato un suo altro indirizzo e abbia risposto fingendosi l'ufficio stampa.
uscendo dal cinema ti resta addosso la sensazione che fare statue di bronzo sia un processo pallosissimo e misterioso e la domanda: l'artista che ha solo realizzato lo stampo in cera, può davvero considerarsi l'artista, dato che non era lì nemmeno a guardare quando colavano il bronzo fuso nello stampo?
ci sono andata perché il matematico me l'aveva presentato come un film (in) italiano premiato alla berlinale.
e sapete cosa? è un documentario bellissimo, incredibilmente avvincente. l'inizio sembra un giallo. ti chiedi: ma che diavolo stanno facendo? cosa succederà?
alla fine c'era il regista in sala, francesco clerici, classe '83. ha raccontato di come abbia fatto tutte le riprese da solo, di come non sapesse nemmeno lui cosa sarebbe successo, di come non abbia mai chiesto agli operai di dire, fare, ripetere, cambiare qualcosa, di come la sua fidanzata martina l'abbia costretto a tagliare il film, che inizialmente durava più di due ore. di come diversi produttori si siano offerti e poi rifiutati di fare il film che voleva lui, senza musica, senza dialoghi, senza alcun artificio.
di come, quando alla berlinale gli hanno chiesto l'indirizzo email del suo ufficio stampa, lui abbia dato un suo altro indirizzo e abbia risposto fingendosi l'ufficio stampa.
uscendo dal cinema ti resta addosso la sensazione che fare statue di bronzo sia un processo pallosissimo e misterioso e la domanda: l'artista che ha solo realizzato lo stampo in cera, può davvero considerarsi l'artista, dato che non era lì nemmeno a guardare quando colavano il bronzo fuso nello stampo?
venerdì 30 ottobre 2015
l'arte di ridimensionare i successi
il romanzo di un autore self esordiente che ho revisionato personalmente da cima a fondo, è da una settimana nella classifica degli ebook a pagamento più venduti su amazon.
la mia prima reazione è stata: wow, come sono brava. potrei effettivamente fare l'editor freelance, aprire partita iva, crearmi un sito internet personale su wordpress, fare della mia passione il mio lavoro, aiutare gli autori self anche nella promozione, diventare il guru dell'editoria self, far capire come si possa fare editoria self di qualità.
poi mi sono detta che è stata solo una botta di culo, che in fondo il libro non l'ho scritto io, che tanto amazon.it non se lo caga nessuno, che sta vendendo solo perché il prezzo è basso, che è solo un ebook, che nei rapporti con l'autore sono stata pessima (come pessima sono nei rapporti con chiunque, inclusa me stessa), che arrivo a detestare anche le cose che mi piacciono, che faccio schifo, la vita fa schifo e sarebbe meglio morire.
la mia prima reazione è stata: wow, come sono brava. potrei effettivamente fare l'editor freelance, aprire partita iva, crearmi un sito internet personale su wordpress, fare della mia passione il mio lavoro, aiutare gli autori self anche nella promozione, diventare il guru dell'editoria self, far capire come si possa fare editoria self di qualità.
poi mi sono detta che è stata solo una botta di culo, che in fondo il libro non l'ho scritto io, che tanto amazon.it non se lo caga nessuno, che sta vendendo solo perché il prezzo è basso, che è solo un ebook, che nei rapporti con l'autore sono stata pessima (come pessima sono nei rapporti con chiunque, inclusa me stessa), che arrivo a detestare anche le cose che mi piacciono, che faccio schifo, la vita fa schifo e sarebbe meglio morire.
lunedì 26 ottobre 2015
come il dottor house
sono pessima nelle interazioni sociali.
mi mettono a disagio le persone troppo espansive, quelle che quando mi parlano invadono il mio spazio personale costringendomi a fare un passo indietro, quelle che baciano e abbracciano con slancio a prescindere, quelle che mi chiedono l'amicizia su facebook anche se io non so chi siano, quelle che concludono le email con "un abbraccio" anche se non mi hanno mai scritto prima.
trovo tutti questi comportamenti invadenti, e reagisco chiudendomi a riccio, risultando secca e antipatica.
anche i complimenti mi mettono terribilmente a disagio tanto quanto mi lusingano. invece di dire grazie, tendo a sminuire il motivo per cui si complimentano. (di solito capita con la gente che legge quello che scrivo e mi contatta per dirmi che l'ha apprezzato. mi viene sempre da replicare, ma va, cosa vuoi che sia...)
mi sento molto dottor house.
venerdì 16 ottobre 2015
buon viaggio
vado in banca e ordino 1200 shekel.
prima di ordinarli non sapevo che shekel fosse la valuta di israele.
torno in banca e ritiro i 1200 shekel che ho ordinato, chiedo di prelevare il corrispettivo dell'importo direttamente dal mio conto corrente.
la cassiera mi fa firmare la ricevuta, mi consegna i soldi e mi dice "buon viaggio".
e io penso che è sempre così, giudichiamo le cose, le persone, le situazioni in base agli elementi che abbiamo a disposizione, e ci sembrano sempre più che sufficienti per emettere un giudizio e farci un'idea coerente e completa della situazione.
la verità invece è che vediamo solo un quadrato dove c'è un cubo. vediamo una facciata bidimensionale e non ci accorgiamo che è solo il lato di una figura tridimensionale complessa che non dovrebbe essere liquidata frettolosamente a una prima occhiata.
io non viaggio da nessuna parte, questi shekel sono per il matematico che la settimana prossima va a gerusalemme.
prima di ordinarli non sapevo che shekel fosse la valuta di israele.
torno in banca e ritiro i 1200 shekel che ho ordinato, chiedo di prelevare il corrispettivo dell'importo direttamente dal mio conto corrente.
la cassiera mi fa firmare la ricevuta, mi consegna i soldi e mi dice "buon viaggio".
e io penso che è sempre così, giudichiamo le cose, le persone, le situazioni in base agli elementi che abbiamo a disposizione, e ci sembrano sempre più che sufficienti per emettere un giudizio e farci un'idea coerente e completa della situazione.
la verità invece è che vediamo solo un quadrato dove c'è un cubo. vediamo una facciata bidimensionale e non ci accorgiamo che è solo il lato di una figura tridimensionale complessa che non dovrebbe essere liquidata frettolosamente a una prima occhiata.
io non viaggio da nessuna parte, questi shekel sono per il matematico che la settimana prossima va a gerusalemme.
giovedì 15 ottobre 2015
il record negativo di passi
in questo schema ci sono i miei passi quotidiani degli ultimi sette giorni. le barre verdi indicano che ho fatto abbastanza passi da raggiungere l'obiettivo giornaliero, le barre azzurre indicano i passi che ho fatto ma senza raggiungere l'obiettivo, la parte grigia della barra indica i passi mancanti per il raggiungimento dell'obiettivo.
ecco, ieri nell'arco di tutta la giornata ho fatto complessivamente 481 passi. non mi sono nemmeno tolta il pigiama. sono rimasta sdraiata sul divano per tutto il giorno, il massimo dello sforzo è stato andare fino al bagno per fare pipì.
ho solo letto, ascoltato musica, cazzeggiato davanti al computer, scribacchiato ed è stato bellissimo.
così come bellissimo è stato, oggi, fare dieci minuti di addominali, correre per 9km nonostante la giornata uggiosa, rilassarmi sotto una doccia stupendamente calda, pranzare, andare in biblioteca e scrivere. scri-ve-re.
ecco, ieri nell'arco di tutta la giornata ho fatto complessivamente 481 passi. non mi sono nemmeno tolta il pigiama. sono rimasta sdraiata sul divano per tutto il giorno, il massimo dello sforzo è stato andare fino al bagno per fare pipì.
ho solo letto, ascoltato musica, cazzeggiato davanti al computer, scribacchiato ed è stato bellissimo.
così come bellissimo è stato, oggi, fare dieci minuti di addominali, correre per 9km nonostante la giornata uggiosa, rilassarmi sotto una doccia stupendamente calda, pranzare, andare in biblioteca e scrivere. scri-ve-re.
lunedì 12 ottobre 2015
l'ultimo giorno in gelateria
l'ultimo giorno in gelateria è un sollievo e una tristezza.
guardi i tavoli all'aperto ricoperti delle foglie secche dei tigli e pensi.
pensi a quante volte hai passato la spugna su quei tavoli e al ciclo vitale di quegli alberi, che prima hanno rilasciato per settimane una sostanza appiccicosa, poi hanno fatto cadere i loro semi e ora stanno liberandosi delle foglie secche.
pensi a quanti clienti hai servito con il sorriso anche se si sarebbero meritati il caffè bollente in faccia, e a quanti clienti ti hanno sorriso quando tu non ne avevi alcuna voglia.
pensi al panificio dove tutte le mattine compravi il dolce alle mele, al giornalaio che ti riconosceva e ti dava il kronen zeitung e il kurrier senza che glieli dovessi chiedere, ai colleghi della pizzeria vicino che ti salutavano e alla proprietaria del negozio di vestiti che ti sorrideva. al tizio che prendeva la birra grande e ti diceva che eri troppo seria e che quando sorridevi era molto meglio. al signore tedesco che ti parlava in italiano per averci abitato per anni, e ti diceva di quanto sia bella l'italia.
pensi a tutti i colleghi con cui hai lavorato e se ne sono andati o sono stati cacciati e ti senti una sopravvissuta e hai la sensazione di essere sopravvissuta non tanto perché sei più brava ma più scema, più incline a farti usare e sfruttare e umiliare. pensi a quanto lavoro non tuo hai fatto perché le cose funzionassero bene. pensi che hai buttato altri sei mesi della tua vita nel cesso e oggi si tira un'altra volta lo sciacquone. e la merda va giù, insieme alle lacrime, alla rabbia, alla stanchezza, al noncelapossofare.
guardi i tavoli all'aperto ricoperti delle foglie secche dei tigli e pensi.
pensi a quante volte hai passato la spugna su quei tavoli e al ciclo vitale di quegli alberi, che prima hanno rilasciato per settimane una sostanza appiccicosa, poi hanno fatto cadere i loro semi e ora stanno liberandosi delle foglie secche.
pensi a quanti clienti hai servito con il sorriso anche se si sarebbero meritati il caffè bollente in faccia, e a quanti clienti ti hanno sorriso quando tu non ne avevi alcuna voglia.
pensi al panificio dove tutte le mattine compravi il dolce alle mele, al giornalaio che ti riconosceva e ti dava il kronen zeitung e il kurrier senza che glieli dovessi chiedere, ai colleghi della pizzeria vicino che ti salutavano e alla proprietaria del negozio di vestiti che ti sorrideva. al tizio che prendeva la birra grande e ti diceva che eri troppo seria e che quando sorridevi era molto meglio. al signore tedesco che ti parlava in italiano per averci abitato per anni, e ti diceva di quanto sia bella l'italia.
pensi a tutti i colleghi con cui hai lavorato e se ne sono andati o sono stati cacciati e ti senti una sopravvissuta e hai la sensazione di essere sopravvissuta non tanto perché sei più brava ma più scema, più incline a farti usare e sfruttare e umiliare. pensi a quanto lavoro non tuo hai fatto perché le cose funzionassero bene. pensi che hai buttato altri sei mesi della tua vita nel cesso e oggi si tira un'altra volta lo sciacquone. e la merda va giù, insieme alle lacrime, alla rabbia, alla stanchezza, al noncelapossofare.
lunedì 5 ottobre 2015
la notte dei musei, il concertone e il record di passi
sabato c'è stata la lange nacht der museen.
io e il matematico abbiamo visto:
il museo delle croste e degli animali impagliati (un misto di quadri del seicento e di animali).
il museo d'arte ceca (non dei ciechi. quattro foto in bianco e nero di sedie).
l'archivio di stato (tipico odore di carta polverosa con documenti antichi. notevole la pagina di un giornale di satira italiano che raffigurava cecco beppo.)
il museo dell'arte del niederosterreich (vedi foto).
la casa delle farfalle (avvistate una ventina di farfalle in tutto - conteggio mio, di 7 specie diverse - conteggio del matematico).
una stanza con gli affreschi.
poi siamo andati a vedere zucchero che cantava al concertone a favore dei rifugiati. ha cantato indaco dagli occhi del cielo in inglese, una canzone che non conoscevo e va' pensiero.
dopo di che io mi sono trascinata stancamente verso casa tagliando il traguardo dei 30.000 passi (cioè 20 km percorsi a piedi nella sola giornata di sabato), mentre il matematico è andato al museo dei soldi, a quello dei denti e a quello della farmacia.
io e il matematico abbiamo visto:
il museo delle croste e degli animali impagliati (un misto di quadri del seicento e di animali).
il museo d'arte ceca (non dei ciechi. quattro foto in bianco e nero di sedie).
l'archivio di stato (tipico odore di carta polverosa con documenti antichi. notevole la pagina di un giornale di satira italiano che raffigurava cecco beppo.)
il museo dell'arte del niederosterreich (vedi foto).
la casa delle farfalle (avvistate una ventina di farfalle in tutto - conteggio mio, di 7 specie diverse - conteggio del matematico).
una stanza con gli affreschi.
poi siamo andati a vedere zucchero che cantava al concertone a favore dei rifugiati. ha cantato indaco dagli occhi del cielo in inglese, una canzone che non conoscevo e va' pensiero.
dopo di che io mi sono trascinata stancamente verso casa tagliando il traguardo dei 30.000 passi (cioè 20 km percorsi a piedi nella sola giornata di sabato), mentre il matematico è andato al museo dei soldi, a quello dei denti e a quello della farmacia.
lunedì 28 settembre 2015
il demone della corsa, ovvero come sono passata dal divano al correre per dieci chilometri
all'inizio erano solo lunghe passeggiate e grande ammirazione per il matematico che per tre volte a settimana andava a correre la mattina alle sette, con qualunque temperatura, incurante del tempo atmosferico.
a dir la verità più che autentica ammirazione era un atteggiamento di scherno del tipo "sì, bravo, ma tu sei fuori come un balcone".
poi qualcosa è cambiato e le lunghe passeggiate si sono trasformate in blande corsette di qualche minuto fino a che ho iniziato ad andare a correre col matematico.
all'inizio lui correva e io arrancavo dietro per un po', fino a che mi mettevo a camminare. in qualche settimana sono arrivata a correre per mezz'ora consecutiva. raggiunto quell'obiettivo il demone della corsa si era già impossessato di me: mi svegliavo la mattina alle sei, senza nessuna sveglia e altra ragione che riuscire ad andare a correre prima del lavoro.
a quel punto ho trovato su internet questo schema. e a fine agosto ho iniziato a seguirlo a partire dalla terza settimana.
a dir la verità più che autentica ammirazione era un atteggiamento di scherno del tipo "sì, bravo, ma tu sei fuori come un balcone".
poi qualcosa è cambiato e le lunghe passeggiate si sono trasformate in blande corsette di qualche minuto fino a che ho iniziato ad andare a correre col matematico.
all'inizio lui correva e io arrancavo dietro per un po', fino a che mi mettevo a camminare. in qualche settimana sono arrivata a correre per mezz'ora consecutiva. raggiunto quell'obiettivo il demone della corsa si era già impossessato di me: mi svegliavo la mattina alle sei, senza nessuna sveglia e altra ragione che riuscire ad andare a correre prima del lavoro.
a quel punto ho trovato su internet questo schema. e a fine agosto ho iniziato a seguirlo a partire dalla terza settimana.
non avevo in programma nessuna gara, solo l'obiettivo di arrivare a correre per dieci chilometri consecutivi.
oggi mi aspettava il riposo della settima settimana, invece approfittando del pomeriggio di sole ho impostato 10 km di corsa sul cellulare (uso la app rundouble) e sono andata. al primo chilometro mi sembrava di morire, non avevo fiato, c'era un po' di vento contrario, ieri avevo corso più di 6 km, mi faceva male la milza, il fegato, l'intestino, un ginocchio, un polpaccio. poi ho ingranato e con il nuovo cd dei negramaro (la rivoluzione sta arrivando) a fare da colonna sonora ho tagliato il traguardo dopo 58 minuti e 25 secondi.
so che è una cazzata, ma mi sono sentita una supereroina. volevo correre 10 km in meno di un'ora e ci sono riuscita, con 9 giorni d'anticipo!
il prossimo obiettivo potrebbe essere la mezza maratona. o forse solo migliorare il tempo sui 10 km. ci devo ancora pensare.
domenica 27 settembre 2015
il progetto fotografico
se fossi una fotografa, mi dicevo, fotograferei gli oggetti smarriti.
se avessi una macchina fotografica decente, pensavo, immortalerei le cose lasciate o perdute per strada.
se sapessi come si fa, riflettevo, metterei in piedi un progetto fotografico per ritrarre la poesia e il dramma delle cose senza i loro proprietari.
anna ha detto: "ma che te frega, fai le foto col cell".
già, è così semplice, just do it.
così da qualche settimana faccio le foto agli oggetti e poi le pubblico su FB con l'hashtag #dichièquesto.
questo ombrello l'ho fotografato alla fine di una corsa di 6km, mentre l'altro giorno, durante la mia corsa di 8km ho visto un trolley viola, spalancato.
sarebbe stato il pezzo migliore della collezione, ma non me la sono sentita di interrompere il mio allenamento per scattare la foto.
se avessi una macchina fotografica decente, pensavo, immortalerei le cose lasciate o perdute per strada.
se sapessi come si fa, riflettevo, metterei in piedi un progetto fotografico per ritrarre la poesia e il dramma delle cose senza i loro proprietari.
anna ha detto: "ma che te frega, fai le foto col cell".
già, è così semplice, just do it.
così da qualche settimana faccio le foto agli oggetti e poi le pubblico su FB con l'hashtag #dichièquesto.
questo ombrello l'ho fotografato alla fine di una corsa di 6km, mentre l'altro giorno, durante la mia corsa di 8km ho visto un trolley viola, spalancato.
sarebbe stato il pezzo migliore della collezione, ma non me la sono sentita di interrompere il mio allenamento per scattare la foto.
lunedì 21 settembre 2015
cose che detesto dei miei colleghi
lei:
per lei è tutto egal. indifferente e chisseneimporta. ha 23 anni, è alta e gnocca e vive la sua vita leggera e sorridente al motto di egal.
le cose che mi danno fastidio di lei sono:
1. invece di pulire i portacenere col pennello per rimuovere la cenere li svuota soltanto
2. quando fa le palline di gelato col porzionatore non lo sciacqua mai, così in tutte le vaschette ci sono tracce di tutti gli altri gusti di gelato.
3. non ha nessuna fretta di portare le cose ai tavoli, se la prende con gran calma, e chissene se le coppe di gelato si sciolgono e i caffè si raffreddano
4. non sa mai quanti soldi ha nel portafoglio con cui incassa ai tavoli. un giorno l'ha persino dimenticato a casa. l'altro ieri aveva meno di dieci euro perché la sera prima era uscita e se li era bevuti.
(questo significa che non ha idea di quanti soldi di mancia le restino, mentre io ogni giorno arrivo al lavoro con i miei 50 euro composti da 3 banconote da 10, 2 banconote da 5 e 10 euro di monete miste. così la sera so esattamente quanto ho incassato e quante mance ho fatto.)
lui:
lui ha 25 anni, ha venduto orologi sulle navi da crociera, gioca a calcio e ha il tesserino per fare l'arbitro. è alto e gnocco, è più depilato e profumato di una donna e vive la sua vita al motto: "cado dalle nuvole".
le cose che mi danno fastidio di lui sono:
1. lascia le confezioni vuote nei frigoriferi. finisce il succo di frutta, il latte, il prosecco, il vino bianco, non importa se una bottiglia di vetro o un cartone di tetrapak, quando è finito lui lo rimette al suo posto invece di buttare i vuoti.
2. si rolla le sigarette e usa il cellulare in mezzo al locale come se fosse a casa sua. usa il caricabatterie del capo per caricare il suo cellulare, lascia il tabacco sul bancone, ma anche il vocabolario di inglese, i filtri per le sigarette, l'accendino. si comporta sul lavoro come se fosse a casa sua.
3. mette la musica a palla. a lavoro ascoltiamo radio arabella, a lui non piace, quindi per reazione mette sul suo cellulare della musica balcanica che piace a lui a volume altissimo, in modo da sovrastare la radio della gelateria. il capo per fortuna gli ha detto di non farlo. ma anche solo il fatto che abbia pensato di farlo mi sembra assurdo.
4. non fa le lavastoviglie. al massimo mette tazze e bicchieri sporchi nel lavandino, ma che lui si degni di caricare una lavastoviglie è una pretesa assurda da parte mia.
la donna delle pulizie
ha un'età indefinita tra 40 e un milione di anni. ma ha un figlio che avrà 14 anni, per cui non può essere poi così vecchia, anche se intabarrata nel velo e in strati e strati di vestiti e golfini e gambaletti bucati è difficile dargliene meno. vive la sua vita al motto di "chi va piano va sano e va lontano"
le cose che mi danno fastidio di lei:
1. non capisce niente: in 5 mesi non ha capito che non è indifferente da che parte mettere il bidone delle immondizie sul carrello, dato che da un lato è attaccato il pennello per pulire i posacenere, il bidone deve andare per forza dall'altro. in 5 mesi non ha capito le forme dei bicchieri e continua a mettere i bicchieri del campari tra quelli per il caffelatte o viceversa. in 5 mesi non ha capito niente di niente.
2. pulisce tutto al rallentatore, forse per sembrare meticolosa. in realtà è solo lenta. di una lentezza che mi esaspera e a volte mi fa fare le cose al posto suo.
3. quando pulisce il pavimento con l'acqua non solo non lascia un passaggio in modo che non si debba calpestare dove ha appena pulito, ma una volta arrivata in fondo... ricomincia da capo! per cui è impossibile non sporcare dove lei sta pulendo.
4. quando crede di non aver niente da fare... si siede. ora, lavora al massimo tre ore consecutive, possibile che abbia bisogno di sedersi durante l'orario di lavoro?
per lei è tutto egal. indifferente e chisseneimporta. ha 23 anni, è alta e gnocca e vive la sua vita leggera e sorridente al motto di egal.
le cose che mi danno fastidio di lei sono:
1. invece di pulire i portacenere col pennello per rimuovere la cenere li svuota soltanto
2. quando fa le palline di gelato col porzionatore non lo sciacqua mai, così in tutte le vaschette ci sono tracce di tutti gli altri gusti di gelato.
3. non ha nessuna fretta di portare le cose ai tavoli, se la prende con gran calma, e chissene se le coppe di gelato si sciolgono e i caffè si raffreddano
4. non sa mai quanti soldi ha nel portafoglio con cui incassa ai tavoli. un giorno l'ha persino dimenticato a casa. l'altro ieri aveva meno di dieci euro perché la sera prima era uscita e se li era bevuti.
(questo significa che non ha idea di quanti soldi di mancia le restino, mentre io ogni giorno arrivo al lavoro con i miei 50 euro composti da 3 banconote da 10, 2 banconote da 5 e 10 euro di monete miste. così la sera so esattamente quanto ho incassato e quante mance ho fatto.)
lui:
lui ha 25 anni, ha venduto orologi sulle navi da crociera, gioca a calcio e ha il tesserino per fare l'arbitro. è alto e gnocco, è più depilato e profumato di una donna e vive la sua vita al motto: "cado dalle nuvole".
le cose che mi danno fastidio di lui sono:
1. lascia le confezioni vuote nei frigoriferi. finisce il succo di frutta, il latte, il prosecco, il vino bianco, non importa se una bottiglia di vetro o un cartone di tetrapak, quando è finito lui lo rimette al suo posto invece di buttare i vuoti.
2. si rolla le sigarette e usa il cellulare in mezzo al locale come se fosse a casa sua. usa il caricabatterie del capo per caricare il suo cellulare, lascia il tabacco sul bancone, ma anche il vocabolario di inglese, i filtri per le sigarette, l'accendino. si comporta sul lavoro come se fosse a casa sua.
3. mette la musica a palla. a lavoro ascoltiamo radio arabella, a lui non piace, quindi per reazione mette sul suo cellulare della musica balcanica che piace a lui a volume altissimo, in modo da sovrastare la radio della gelateria. il capo per fortuna gli ha detto di non farlo. ma anche solo il fatto che abbia pensato di farlo mi sembra assurdo.
4. non fa le lavastoviglie. al massimo mette tazze e bicchieri sporchi nel lavandino, ma che lui si degni di caricare una lavastoviglie è una pretesa assurda da parte mia.
la donna delle pulizie
ha un'età indefinita tra 40 e un milione di anni. ma ha un figlio che avrà 14 anni, per cui non può essere poi così vecchia, anche se intabarrata nel velo e in strati e strati di vestiti e golfini e gambaletti bucati è difficile dargliene meno. vive la sua vita al motto di "chi va piano va sano e va lontano"
le cose che mi danno fastidio di lei:
1. non capisce niente: in 5 mesi non ha capito che non è indifferente da che parte mettere il bidone delle immondizie sul carrello, dato che da un lato è attaccato il pennello per pulire i posacenere, il bidone deve andare per forza dall'altro. in 5 mesi non ha capito le forme dei bicchieri e continua a mettere i bicchieri del campari tra quelli per il caffelatte o viceversa. in 5 mesi non ha capito niente di niente.
2. pulisce tutto al rallentatore, forse per sembrare meticolosa. in realtà è solo lenta. di una lentezza che mi esaspera e a volte mi fa fare le cose al posto suo.
3. quando pulisce il pavimento con l'acqua non solo non lascia un passaggio in modo che non si debba calpestare dove ha appena pulito, ma una volta arrivata in fondo... ricomincia da capo! per cui è impossibile non sporcare dove lei sta pulendo.
4. quando crede di non aver niente da fare... si siede. ora, lavora al massimo tre ore consecutive, possibile che abbia bisogno di sedersi durante l'orario di lavoro?
sabato 12 settembre 2015
horror vacui
da quando sono a vienna mi succede tutti gli anni, a settembre.
mentre gli altri ricominciano, fanno buoni propositi, si impegnano... io mi trovo disoccupata.
il 30 settembre chiude la gelateria. entro fine settembre devo consegnare un lavoro di editing.
poi il vuoto.
e insieme allo spettro della disoccupazione arriva l'inverno (da voi l'autunno). una stagione che qui dura sei mesi, in cui le giornate corte, fredde, grigie si susseguono senza soluzione di continuità e non si vede mai il sole.
il mix tra non avere motivi di uscire dal pigiama e la luce artificiale accesa da quando mi alzo a quando vado a dormire potrebbe essere letale.
mentre gli altri ricominciano, fanno buoni propositi, si impegnano... io mi trovo disoccupata.
il 30 settembre chiude la gelateria. entro fine settembre devo consegnare un lavoro di editing.
poi il vuoto.
e insieme allo spettro della disoccupazione arriva l'inverno (da voi l'autunno). una stagione che qui dura sei mesi, in cui le giornate corte, fredde, grigie si susseguono senza soluzione di continuità e non si vede mai il sole.
il mix tra non avere motivi di uscire dal pigiama e la luce artificiale accesa da quando mi alzo a quando vado a dormire potrebbe essere letale.
mercoledì 2 settembre 2015
le dieci cose che amo di vienna
per commemorare festeggiare i 5 anni passati a vienna ho deciso di elencare le 10 cose che odio amo di questa città.
ecco quindi le 10 cose che amo di vienna:
1. la metropolitana: funziona, è puntuale, mi porta ovunque.
2. la pista ciclabile lungo il donaukanal: è il mio posto preferito in assoluto. toglietemi tutto ma non le camminate (e ora anche le corse) lungo il fiume. è verde, è rilassante, è solitario durante l'inverno e affollato nei giorni di sole, ma è sempre lì, a disposizione, ed è lungo chilometri e hai l'impressione che potresti andare avanti all'infinito.
3. (sono già in difficoltà) le pizzerie degli italiani: ce ne sono tante e fanno la pizza buona e mi fanno sentire a casa. c'è "pizza angolo 22" con il suo cameriere che ha la faccia da fabio, c'è "marì" con un arredamento così spoglio che sembra un refettorio, ci sono "i vecchi amici" con il tris di dolci buonissimo e ce ne sono molte altre, che a turno accolgono me e il matematico e ci salvano i venerdì sera, i compleanni e gli anniversari.
4. (non mi viene già più in mente niente) impulsetanz: un mese di spettacoli di danza per tutti i gusti. io però ne vedo solo uno all'anno.
5. (proprio tirata per i capelli) i cinema con i film in lingua originale: grazie ai quali ho visto "the fault in our stars", ma soprattutto "la grande bellezza", "miele", "zoran, il mio nipote scemo", "il capitale umano" (sottotitolati in tedesco),
6. la multiculturalità: il fatto che ci sono talmente tanti stranieri più stranieri di me che non mi si nota più di tanto. quest'anno a lavoro c'è la donna delle pulizie turca, il cameriere croato, la cameriera slovacca. e prima che venissero licenziati c'era il gelataio iraniano, la banconista serba... e insomma, non ce n'è stato uno che parlasse veramente tedesco usando gli articoli giusti, declinando bene i verbi...
7. la sciatteria nel vestire: qui ognuno si veste un po' come cazzo gli pare. e i calzini con i sandali sono solo la punta dell'iceberg. ho visto una ragazza con un tubino nero e le espadrillas rosse e nemmeno tinta unita. il che fa passare totalmente inosservati i miei stracci. nemmeno la mia ignoranza in fatto di fashion arriverebbe a tanto.
8. (arrivare a dieci sarà difficilissimo) gli italiani a vienna: ma mi riferisco soprattutto a quelli virtuali che interagiscono nei gruppi FB. mi fanno morire dalle risate. a volte è un ridere con, altre volte è ridere di. in ogni caso mi fanno ridere, quelli virtuali, e quindi sono sicuramente una delle cose che amo. senza contare che sono utilissimi per conoscere nuove pizzerie (vedi punto 3), avere informazioni su iter burocratici, medici che parlano italiano, gelaterie che fanno il gelato buono, supermercati con prodotti italiani in offerta... gli italiani a vienna, dal vero, fanno a volte vergognare di essere italiani per quanto sono chiassosi, rumorosi e maleducati. la mia teoria è che vienna sembra piena di italiani perché gli italiani sono quelli che parlano a voce più alta e quindi è impossibile non sentirli. (tra l'altro, nove volte su dieci, parlano di roba da mangiare.)
9. (non so come non mi sia venuta in mente molto prima) l'acqua del rubinetto: è buonissima. riempio la mia caraffa brita e ne bevo litri e litri al giorno. i filtri sono ancora sigillati, da cinque anni. da quando sono qui uso solo la caraffa, senza il filtro. e chissà se tutti quei filtri costosissimi sono ora da buttare.
10. la grandezza: è una città. ha spazi ampi, puoi camminare per decine di chilometri in linea retta e ci sei ancora dentro. sembra una banalità, ma per una che viene da ppp (dove se camminassi in linea retta tutti i passi che qui faccio quotidianamente, arriverei nel più vicino capoluogo, attraversando decine di paesini) non è affatto scontato. essendo una città piuttosto grande e allo stesso tempo a misura d'uomo, tutto quello di cui uno può avere bisogno è a portata di mano. non devi uscire dalla città per una visita specialistica, per comprare un vestito o un paio di scarpe particolari, e nemmeno per immergerti nel verde.
se il tempo che ho impiegato a scrivere questo post l'avessi usato per le cose che odio di vienna sarei arrivata a 100.
ho chiesto al matematico quali sono le cose che lui ama di vienna. ecco il suo elenco:
1. i concerti di musica classica
2. la metro
3. i parchi vicino casa
4. il cinema in lingua originale e in imax
5. i musei
6. la burocrazia snella
7. l'aeroporto vicino
ecco quindi le 10 cose che amo di vienna:
1. la metropolitana: funziona, è puntuale, mi porta ovunque.
2. la pista ciclabile lungo il donaukanal: è il mio posto preferito in assoluto. toglietemi tutto ma non le camminate (e ora anche le corse) lungo il fiume. è verde, è rilassante, è solitario durante l'inverno e affollato nei giorni di sole, ma è sempre lì, a disposizione, ed è lungo chilometri e hai l'impressione che potresti andare avanti all'infinito.
3. (sono già in difficoltà) le pizzerie degli italiani: ce ne sono tante e fanno la pizza buona e mi fanno sentire a casa. c'è "pizza angolo 22" con il suo cameriere che ha la faccia da fabio, c'è "marì" con un arredamento così spoglio che sembra un refettorio, ci sono "i vecchi amici" con il tris di dolci buonissimo e ce ne sono molte altre, che a turno accolgono me e il matematico e ci salvano i venerdì sera, i compleanni e gli anniversari.
4. (non mi viene già più in mente niente) impulsetanz: un mese di spettacoli di danza per tutti i gusti. io però ne vedo solo uno all'anno.
5. (proprio tirata per i capelli) i cinema con i film in lingua originale: grazie ai quali ho visto "the fault in our stars", ma soprattutto "la grande bellezza", "miele", "zoran, il mio nipote scemo", "il capitale umano" (sottotitolati in tedesco),
6. la multiculturalità: il fatto che ci sono talmente tanti stranieri più stranieri di me che non mi si nota più di tanto. quest'anno a lavoro c'è la donna delle pulizie turca, il cameriere croato, la cameriera slovacca. e prima che venissero licenziati c'era il gelataio iraniano, la banconista serba... e insomma, non ce n'è stato uno che parlasse veramente tedesco usando gli articoli giusti, declinando bene i verbi...
7. la sciatteria nel vestire: qui ognuno si veste un po' come cazzo gli pare. e i calzini con i sandali sono solo la punta dell'iceberg. ho visto una ragazza con un tubino nero e le espadrillas rosse e nemmeno tinta unita. il che fa passare totalmente inosservati i miei stracci. nemmeno la mia ignoranza in fatto di fashion arriverebbe a tanto.
8. (arrivare a dieci sarà difficilissimo) gli italiani a vienna: ma mi riferisco soprattutto a quelli virtuali che interagiscono nei gruppi FB. mi fanno morire dalle risate. a volte è un ridere con, altre volte è ridere di. in ogni caso mi fanno ridere, quelli virtuali, e quindi sono sicuramente una delle cose che amo. senza contare che sono utilissimi per conoscere nuove pizzerie (vedi punto 3), avere informazioni su iter burocratici, medici che parlano italiano, gelaterie che fanno il gelato buono, supermercati con prodotti italiani in offerta... gli italiani a vienna, dal vero, fanno a volte vergognare di essere italiani per quanto sono chiassosi, rumorosi e maleducati. la mia teoria è che vienna sembra piena di italiani perché gli italiani sono quelli che parlano a voce più alta e quindi è impossibile non sentirli. (tra l'altro, nove volte su dieci, parlano di roba da mangiare.)
9. (non so come non mi sia venuta in mente molto prima) l'acqua del rubinetto: è buonissima. riempio la mia caraffa brita e ne bevo litri e litri al giorno. i filtri sono ancora sigillati, da cinque anni. da quando sono qui uso solo la caraffa, senza il filtro. e chissà se tutti quei filtri costosissimi sono ora da buttare.
10. la grandezza: è una città. ha spazi ampi, puoi camminare per decine di chilometri in linea retta e ci sei ancora dentro. sembra una banalità, ma per una che viene da ppp (dove se camminassi in linea retta tutti i passi che qui faccio quotidianamente, arriverei nel più vicino capoluogo, attraversando decine di paesini) non è affatto scontato. essendo una città piuttosto grande e allo stesso tempo a misura d'uomo, tutto quello di cui uno può avere bisogno è a portata di mano. non devi uscire dalla città per una visita specialistica, per comprare un vestito o un paio di scarpe particolari, e nemmeno per immergerti nel verde.
se il tempo che ho impiegato a scrivere questo post l'avessi usato per le cose che odio di vienna sarei arrivata a 100.
ho chiesto al matematico quali sono le cose che lui ama di vienna. ecco il suo elenco:
1. i concerti di musica classica
2. la metro
3. i parchi vicino casa
4. il cinema in lingua originale e in imax
5. i musei
6. la burocrazia snella
7. l'aeroporto vicino
la persecuzione degli uccelli
l'altra sera, di ritorno dal lavoro, quindi verso le 23, arrivo sul pianerottolo di casa. le finestre del palazzo che danno sul cortile interno sono spalancate. è da lì che dev'essere entrato l'uccello, o il pipistrello, che sfreccia impazzito sulla mia testa facendomi prendere un grosso spavento.
ieri sera, di ritorno dal lavoro, quindi verso le 23, l'ascensore è proprio al pianoterra. ho già fatto 24.000 passi, qualcosa tipo 19 km (di cui 6 di corsa), e mi illudo di potermi concedere di salire quattro piani comodamente. se non che, aprendo la porta dell'ascensore, un uccello, o forse un pipistrello, inizia ad agitarsi furiosamente dentro al vano. vorrei farlo uscire, per poter entrare, ma decido che quattro piani di scale non sono poi questa gran fatica.
ieri sera, di ritorno dal lavoro, quindi verso le 23, l'ascensore è proprio al pianoterra. ho già fatto 24.000 passi, qualcosa tipo 19 km (di cui 6 di corsa), e mi illudo di potermi concedere di salire quattro piani comodamente. se non che, aprendo la porta dell'ascensore, un uccello, o forse un pipistrello, inizia ad agitarsi furiosamente dentro al vano. vorrei farlo uscire, per poter entrare, ma decido che quattro piani di scale non sono poi questa gran fatica.
venerdì 28 agosto 2015
il metodo kaizen
quando al mare era il momento del bagno, mio padre sosteneva che avrei dovuto buttarmi in acqua tutta in una volta invece di perdere tempo sul bagnasciuga andando un po' avanti e un po' indietro come facevo io.
mio padre è un sostenitore dell'innovazione, dei cambiamenti che vanno presi di petto e portati avanti con la determinazione di un carro armato.
io, senza saperlo, ho sempre praticato il metodo kaizen.
il metodo kaizen sostiene che i cambiamenti più importanti e duraturi non si ottengono con stravolgimenti epici ma a piccolissimi passi.
smettere di fumare da un giorno all'altro, iniziare una dieta, smettere di mangiarsi le unghie, iniziare a passare quotidianamente il filo interdentale. sono tutte cose che fatichiamo a fare, terrorizzati dalla paura del fallimento, dallo stravolgimento che questo porterebbe nella nostra vita o convinti di non avere tempo o costanza.
secondo il metodo kaizen bisogna familiarizzare con il cambiamento senza traumi, fare in modo che la paura non diventi castrante. per questo motivo bisogna avvicinarsi all'obiettivo con moltissima gradualità scomponendo l'azione in piccolissimi passi, che quasi sembrano non aver nulla a che fare con quello che vogliamo raggiungere. proprio come entrare in acqua un passo alla volta. stare con i piedi a mollo in cinque centimetri d'acqua non ha nulla a che fare con farsi una nuotata, ma essere lì, guardare gli altri che nuotano, prendere confidenza con l'acqua, la temperatura, la sensazione della sabbia sotto i piedi è fondamentale, serve per familiarizzare con la situazione.
in un certo senso è come il dilemma del covone di fieno: quante pagliuzze ci vogliono per fare un covone di fieno? realizzare un covone di fieno da un giorno all'altro sembra faticosissimo e fuori portata. il metodo kaizen consiste nel mettere una pagliuzza al giorno. una pagliuzza non è un covone di fieno, ma a suon di pagliuzze arriveremo ad avere un covone di fieno quasi senza accorgercene.
ecco, credo che vienna abbia usato su di me il metodo kaizen per trasformarmi in una che detesta correre e mai al mondo lo farebbe, in una che ieri ha sentito chiaramente un'emozione che ha sempre considerato contronatura: il bisogno di correre.
dopo avermi mostrato quotidianamente, per anni, gente di tutti i tipi che corre con qualunque condizione atmosferica. dopo aver convinto a correre persino il matematico - l'antisportivo per eccellenza, dopo avermi fatto consumare di passi lungo il donaukanal, dal 5 agosto sono anch'io una che corre.
per saperne di più sul metodo kaizen (che in questo post ho molto semplificato e banalizzato) vi consiglio la lettura di questo libro.
mio padre è un sostenitore dell'innovazione, dei cambiamenti che vanno presi di petto e portati avanti con la determinazione di un carro armato.
io, senza saperlo, ho sempre praticato il metodo kaizen.
il metodo kaizen sostiene che i cambiamenti più importanti e duraturi non si ottengono con stravolgimenti epici ma a piccolissimi passi.
smettere di fumare da un giorno all'altro, iniziare una dieta, smettere di mangiarsi le unghie, iniziare a passare quotidianamente il filo interdentale. sono tutte cose che fatichiamo a fare, terrorizzati dalla paura del fallimento, dallo stravolgimento che questo porterebbe nella nostra vita o convinti di non avere tempo o costanza.
secondo il metodo kaizen bisogna familiarizzare con il cambiamento senza traumi, fare in modo che la paura non diventi castrante. per questo motivo bisogna avvicinarsi all'obiettivo con moltissima gradualità scomponendo l'azione in piccolissimi passi, che quasi sembrano non aver nulla a che fare con quello che vogliamo raggiungere. proprio come entrare in acqua un passo alla volta. stare con i piedi a mollo in cinque centimetri d'acqua non ha nulla a che fare con farsi una nuotata, ma essere lì, guardare gli altri che nuotano, prendere confidenza con l'acqua, la temperatura, la sensazione della sabbia sotto i piedi è fondamentale, serve per familiarizzare con la situazione.
in un certo senso è come il dilemma del covone di fieno: quante pagliuzze ci vogliono per fare un covone di fieno? realizzare un covone di fieno da un giorno all'altro sembra faticosissimo e fuori portata. il metodo kaizen consiste nel mettere una pagliuzza al giorno. una pagliuzza non è un covone di fieno, ma a suon di pagliuzze arriveremo ad avere un covone di fieno quasi senza accorgercene.
ecco, credo che vienna abbia usato su di me il metodo kaizen per trasformarmi in una che detesta correre e mai al mondo lo farebbe, in una che ieri ha sentito chiaramente un'emozione che ha sempre considerato contronatura: il bisogno di correre.
dopo avermi mostrato quotidianamente, per anni, gente di tutti i tipi che corre con qualunque condizione atmosferica. dopo aver convinto a correre persino il matematico - l'antisportivo per eccellenza, dopo avermi fatto consumare di passi lungo il donaukanal, dal 5 agosto sono anch'io una che corre.
per saperne di più sul metodo kaizen (che in questo post ho molto semplificato e banalizzato) vi consiglio la lettura di questo libro.
domenica 23 agosto 2015
storie di ordinaria frustrazione
tra una decina di giorni saranno 5 anni a vienna.
i due episodi che vi sto per raccontare sono accaduti rispettivamente venerdì e poche ore fa.
è da almeno un anno che devo fare questa telefonata e ogni giorno che passa diventa sempre più urgente. lo so. ma è oltremodo detestabile telefonare in una lingua straniera. chi ci ha provato sa che la conversazione telefonica è molto più difficile di qualsiasi scambio faccia a faccia. una conversazione che di persona non vi creerebbe alcuna difficoltà, al telefono può diventare difficilissima, se chi vi risponde parla una lingua che non è la vostra.
tuttavia, dopo un anno di ripensamenti e resistenze prendo il cellulare, compongo il numero, resto a guardarlo sul display, deglutisco e infine chiamo. sento il cuore battere in gola, strofino il palmo della mano libera sui pantaloni. e poi parte la dannata segreteria telefonica.
dice presumibilmente che la dottoressa è in ferie, ma non capisco nemmeno da quando a quando.
e so che probabilmente ci vorranno altri sei mesi prima che ritrovi il coraggio di fare quella chiamata.
esco da lavoro e ho fame. è pomeriggio, non fa caldo ma c'è il sole. ho il kindle in borsa e l'idea di mangiare qualcosa all'aperto leggendo è allettante.
mi fermo in un posto che fa cotolette e ne ordino una. non è chiaro se sia un self service o sia previsto il servizio al tavolo, per cui dopo aver guardato il menu entro e ordino una cotoletta con le patatine e dell'acqua. anche se con qualche difficoltà, il tizio - tatuato e muscoloso - pare capirmi e dopo qualche minuto mi porta ciò che ho chiesto.
dopo aver divorato una bistecca grande due palmi decido che mi merito anche il dolce. l'unico che hanno è il tortino al cioccolato che si chiama mohr im hemd.
quando il tizio esce per servire la nuova cliente che si è seduta nel tavolo accanto, gliene ordino uno.
ora, questa è la quarta stagione in cui lavoro come cameriera, se c'è una cosa che sono certa di saper fare in tedesco è ordinare del cibo. non potrò disquisire di alta finanza ma qualsiasi tipo di interazione cliente-cameriere mi è a dir poco familiare, quindi penso di essere abbastanza brava a ordinare un mohr im hemd. la gelateria dell'anno scorso ce l'aveva persino!
il tizio mi guarda esterrefatto, non ha capito, ripeto. non ha capito. ripeto.
ora, hai tre stronzate il croce nel tuo menu, ti sto ordinando qualcosa che nel tuo menu è presente, dovresti avere abbastanza "expectancy grammar" per capire cosa cazzo ti sto chiedendo.
invece no, ripeto tre volte mohr im hemd senza che lui capisca. poi, improvvisamente, il criceto che muove i suoi neuroni e l'altre stelle si sveglia e ripete mohr im hemd in quella che dev'essere la pronuncia ufficialmente riconosciuta della parola.
ottengo il mio sudatissimo dolce, che a questo punto ha un sapore terribilmente amaro.
quando chiedo il conto il tizio mi porta un foglietto con su scarabocchiata una somma e dice il totale... in inglese.
gli ho pure lasciato 80 centesimi di mancia. ma probabilmente dato che sono così straniera non si sarebbe nemmeno arrabbiato se mi fossi fatta dare il resto.
i due episodi che vi sto per raccontare sono accaduti rispettivamente venerdì e poche ore fa.
è da almeno un anno che devo fare questa telefonata e ogni giorno che passa diventa sempre più urgente. lo so. ma è oltremodo detestabile telefonare in una lingua straniera. chi ci ha provato sa che la conversazione telefonica è molto più difficile di qualsiasi scambio faccia a faccia. una conversazione che di persona non vi creerebbe alcuna difficoltà, al telefono può diventare difficilissima, se chi vi risponde parla una lingua che non è la vostra.
tuttavia, dopo un anno di ripensamenti e resistenze prendo il cellulare, compongo il numero, resto a guardarlo sul display, deglutisco e infine chiamo. sento il cuore battere in gola, strofino il palmo della mano libera sui pantaloni. e poi parte la dannata segreteria telefonica.
dice presumibilmente che la dottoressa è in ferie, ma non capisco nemmeno da quando a quando.
e so che probabilmente ci vorranno altri sei mesi prima che ritrovi il coraggio di fare quella chiamata.
esco da lavoro e ho fame. è pomeriggio, non fa caldo ma c'è il sole. ho il kindle in borsa e l'idea di mangiare qualcosa all'aperto leggendo è allettante.
mi fermo in un posto che fa cotolette e ne ordino una. non è chiaro se sia un self service o sia previsto il servizio al tavolo, per cui dopo aver guardato il menu entro e ordino una cotoletta con le patatine e dell'acqua. anche se con qualche difficoltà, il tizio - tatuato e muscoloso - pare capirmi e dopo qualche minuto mi porta ciò che ho chiesto.
dopo aver divorato una bistecca grande due palmi decido che mi merito anche il dolce. l'unico che hanno è il tortino al cioccolato che si chiama mohr im hemd.
quando il tizio esce per servire la nuova cliente che si è seduta nel tavolo accanto, gliene ordino uno.
ora, questa è la quarta stagione in cui lavoro come cameriera, se c'è una cosa che sono certa di saper fare in tedesco è ordinare del cibo. non potrò disquisire di alta finanza ma qualsiasi tipo di interazione cliente-cameriere mi è a dir poco familiare, quindi penso di essere abbastanza brava a ordinare un mohr im hemd. la gelateria dell'anno scorso ce l'aveva persino!
il tizio mi guarda esterrefatto, non ha capito, ripeto. non ha capito. ripeto.
ora, hai tre stronzate il croce nel tuo menu, ti sto ordinando qualcosa che nel tuo menu è presente, dovresti avere abbastanza "expectancy grammar" per capire cosa cazzo ti sto chiedendo.
invece no, ripeto tre volte mohr im hemd senza che lui capisca. poi, improvvisamente, il criceto che muove i suoi neuroni e l'altre stelle si sveglia e ripete mohr im hemd in quella che dev'essere la pronuncia ufficialmente riconosciuta della parola.
ottengo il mio sudatissimo dolce, che a questo punto ha un sapore terribilmente amaro.
quando chiedo il conto il tizio mi porta un foglietto con su scarabocchiata una somma e dice il totale... in inglese.
gli ho pure lasciato 80 centesimi di mancia. ma probabilmente dato che sono così straniera non si sarebbe nemmeno arrabbiato se mi fossi fatta dare il resto.
giovedì 20 agosto 2015
in tandem verso roma
riassunto delle puntate precedenti: ho due sorelle, una di tre anni più grande e una di otto anni più piccola. di solito quando dico "mia sorella" non specifico di quale stia parlando, al punto che è possibile che qualcuno per anni abbia pensato che ne avessi una sola.
anche se non è particolarmente rilevante ai fini di questo post, parlerò di mia sorella, quella più piccola.
mia sorella più piccola ha un fidanzato che ha costruito apposta per loro un tandem, unendo due vecchie bici. durante l'inverno si sono allenati e hanno organizzato il loro viaggio, da ppp (piccolo paese piovoso del friuli) a roma. oggi, dopo 5 giorni di pedalate, sono arrivati a loreto, dove si fermeranno per qualche giorno per ripartire alla volta di roma.
io trovo che questa cosa del viaggio in tandem costruito mettendo insieme due vecchie biciclette sia una metafora dell'amore bellissima, con talmente tante sfaccettature che tentare di spiegarle sarebbe riduttivo.
mesi fa approfittando di una svendita di abiti da sposa mia sorella (sempre quella piccola) se n'è comprato uno. credo che lo userà presto, anche se quando l'ha acquistato, il tandem - forse - non esisteva ancora.
(messaggio per mia sorella: ok il matrimonio, ma non sono pronta per diventare zia, quindi andateci piano!)
giovedì 13 agosto 2015
sogno o son desto?
è da settimane ormai che tutte le notti sogno di lavorare in gelateria.
so che "tutte le notti" potrebbe sembrare un eufemismo, un modo per dire spesso, parecchie volte. invece no. tutte le notti significa che tutte le mattine, al risveglio, ricordo di aver fatto il lavoro che effettivamente faccio: vendere gelato.
non sono quasi mai sogni traumatici in cui devo affrontare l'imbarazzo di servire gelato completamente nuda o in cui ci sono formiche nelle vaschette di gelato o in cui c'è una quantità di clienti tale per cui mi sento molto stressata.
la maggior parte delle volte è semplicemente il lavoro che svolgo normalmente, replicato, con la differenza che per tutti gli straordinari notturni non vengo pagata, e allora varrebbe la pena smettere di vendere gelato e iniziare delle attività oniriche più appaganti.
martedì 11 agosto 2015
le gare di passi
mi sono fatta regalare dal matematico un braccialetto fitness: una specie di orologio da polso che oltre a segnare l'ora monitora il sonno e conta i passi.
collegando il braccialetto al proprio computer (o smartphone) è possibile visualizzare l'andamento del sonno (le ore di sonno pesante e quelle di sonno leggero) il numero di passi e altre cose che riguardano le calorie.
per stare in salute bisognerebbe camminare almeno 10.000 passi al giorno (se fatti tutti in una volta sono più di un'ora a passo spedito) che effettivamente sono parecchi. da quando ho il braccialetto (poco più di un mese) l'obiettivo di passi giornaliero calcolato automaticamente dal braccialetto è passato da 7.500 a 15.282. la mia media di passi giornaliera è oltre 19.000. un giorno ho camminato oltre 28.000 passi. da quando ho il braccialetto non è mai successo che non abbia raggiunto l'obiettivo giornaliero.
questa cosa dei passi sta diventando un po' un'ossessione.
ieri ad esempio avevo giorno libero dalla gelateria e sarei potuta rimanere tutto il giorno in casa spaparanzata sul divano (a scrivere il libro che devo consegnare entro il 13 settembre) invece la mattina sono andata a correre con il matematico e la sera, dato che mi mancavano ancora 8.000 passi per raggiungere l'obiettivo, sono andata a camminare lungo il donaukanal. il pensiero che per un giorno avrei potuto anche non raggiungere l'obiettivo non mi è nemmeno passato per la testa.
ma l'ossessione personale può assumere anche proporzioni maggiori quando il numero di passi diventa social.
dal sito del braccialetto è possibile infatti partecipare alle "gare di passi settimanali" contro degli sconosciuti che hanno lo stesso braccialetto e un obiettivo giornaliero di passi simile.
le gare di passi sono una droga, vedi che lorenzo alle 7 di lunedì mattina ha già fatto 12 mila passi e ti senti una sfaticata orrenda, dato che tu alle sette stavi ancora dormendo. ti riprometti di recuperare durante la giornata, ma ci sono 38 gradi all'ombra, temperatura che rende faticoso anche solo il pensiero di respirare, nel frattempo luca&mario hanno fatto 25mila passi. e tu 25.000 passi in un giorno non li fai da settimane. e insomma, questa cosa dei passi mi sta sfuggendo un po' di mano.
nel caso ve lo steste chiedendo il cinturino del mio braccialetto è azzurropillin.
la barra rossa nella foto significa che è da più di un'ora che non muovo il culo, e sarebbe anche il caso di farlo. (io l'ho disattivata, ma ci sarebbe anche una notifica sonora che dice la stessa cosa)
collegando il braccialetto al proprio computer (o smartphone) è possibile visualizzare l'andamento del sonno (le ore di sonno pesante e quelle di sonno leggero) il numero di passi e altre cose che riguardano le calorie.
per stare in salute bisognerebbe camminare almeno 10.000 passi al giorno (se fatti tutti in una volta sono più di un'ora a passo spedito) che effettivamente sono parecchi. da quando ho il braccialetto (poco più di un mese) l'obiettivo di passi giornaliero calcolato automaticamente dal braccialetto è passato da 7.500 a 15.282. la mia media di passi giornaliera è oltre 19.000. un giorno ho camminato oltre 28.000 passi. da quando ho il braccialetto non è mai successo che non abbia raggiunto l'obiettivo giornaliero.
questa cosa dei passi sta diventando un po' un'ossessione.
ieri ad esempio avevo giorno libero dalla gelateria e sarei potuta rimanere tutto il giorno in casa spaparanzata sul divano (a scrivere il libro che devo consegnare entro il 13 settembre) invece la mattina sono andata a correre con il matematico e la sera, dato che mi mancavano ancora 8.000 passi per raggiungere l'obiettivo, sono andata a camminare lungo il donaukanal. il pensiero che per un giorno avrei potuto anche non raggiungere l'obiettivo non mi è nemmeno passato per la testa.
ma l'ossessione personale può assumere anche proporzioni maggiori quando il numero di passi diventa social.
dal sito del braccialetto è possibile infatti partecipare alle "gare di passi settimanali" contro degli sconosciuti che hanno lo stesso braccialetto e un obiettivo giornaliero di passi simile.
le gare di passi sono una droga, vedi che lorenzo alle 7 di lunedì mattina ha già fatto 12 mila passi e ti senti una sfaticata orrenda, dato che tu alle sette stavi ancora dormendo. ti riprometti di recuperare durante la giornata, ma ci sono 38 gradi all'ombra, temperatura che rende faticoso anche solo il pensiero di respirare, nel frattempo luca&mario hanno fatto 25mila passi. e tu 25.000 passi in un giorno non li fai da settimane. e insomma, questa cosa dei passi mi sta sfuggendo un po' di mano.
nel caso ve lo steste chiedendo il cinturino del mio braccialetto è azzurropillin.
la barra rossa nella foto significa che è da più di un'ora che non muovo il culo, e sarebbe anche il caso di farlo. (io l'ho disattivata, ma ci sarebbe anche una notifica sonora che dice la stessa cosa)
lunedì 3 agosto 2015
33
ho compiuto gli anni, ieri. trentatré.
qualche giorno fa ho letto questo post di una che a 32 anni ha capito almeno 32 cose della vita.
beata lei, io ho capito di non averla capita proprio, la vita.
qualche giorno fa ho letto questo post di una che a 32 anni ha capito almeno 32 cose della vita.
beata lei, io ho capito di non averla capita proprio, la vita.
lunedì 27 luglio 2015
la moglie del capo
per quattro mesi, della moglie del capo, si è solo sentito parlare.
la sua presenza è aleggiata tra i tavoli della gelateria, nella curiosità dei clienti che non la vedevano, nel suo nome attaccato all'armadietto, nei vaghi riferimenti del capo a "meine Frau" (mia moglie) che era a casa perché la madre sta(va) male (non ho mai chiesto cosa intendesse per "casa"). perfetta, il vecchio che vendeva coni e coppette, (prima di licenziarsi o essere licenziato) diceva che in realtà non era la moglie ma solo la compagna.
il capo, in un momento di confidenza, mi ha rivelato che lei ha 20 anni meno di lui. e dato che lui per me ha un'età indefinibile tra i 40 e i 50 anni sua moglie dovrebbe avere tra i 20 e i 30 anni.
venerdì scorso avrei avuto giorno libero se il capo non fosse andato in aeroporto a prendere la moglie e mi avesse quindi chiesto di lavorare in sua assenza.
sabato la moglie non si è vista, probabilmente causa jet lag (casa è un posto lontano). ieri finalmente ci ha degnato della sua presenza.
la moglie del capo è bassina, longilinea, ha un'età indefinibile tra i 18 e i 28 anni, una vocina leziosa e un cespuglio di capelli ricci castani più grande di lei. ha le unghiette curate e un bel sedere sodo (beata lei, io ho smesso di ammazzarmi di squat, tanto il mio sedere è immune). mette la cialda di decorazione in tutte le coppe (cosa che non abbiamo mai fatto fino a ora) e prepara il cappuccino con la panna in una tazza enorme (che non abbiamo mai usato), non sa dove teniamo i pomodori né le pesche sciroppate.
lavorare con lei mi imbarazza,
perché potrebbe essere più piccola di mia sorella minore ma devo darle del lei,
perché so dove sono le pesche sciroppate e i pomodori e mi sembra stupido dirlo a lei che è lì da molto più tempo di me, anche se negli ultimi mesi non c'è stata.
mi sorprende che "meine Frau" sia così curata e vezzosa, dopo che per mesi il capo non ha fatto altro che scartare aspiranti cameriere perché troppo truccate, con le unghie troppo smaltate, i vestiti troppo appariscenti o cose del genere.
domenica 19 luglio 2015
gelato for dummies
per fare i gusti alla frutta si usa zucchero, frutta, acqua e poco altro.
per fare i gusti alle creme si usa zucchero, latte e la pasta del gusto prescelto (pasta di nocciole, di pistacchio...)
la base di latte e zucchero con cui si fanno i gusti alle creme viene pastorizzata nel pastorizzatore. essendo la base uguale per tutti i gusti alle creme ne viene preparata una grande quantità, che poi viene prelevata di volta in volta, mescolata alla pasta del gusto prescelto e messa nel mantecatore. il mantecatore agita il composto liquido, lo raffredda e gli fa incorporare aria producendo quindi il gelato.
in modo che il gelato risulti cremoso e non diventi un blocco di marmo, si aggiungono alla base di latte delle "miscele di grassi nobili, latte in polvere, proteine, zuccheri, stabilizzanti ed emulsionanti che garantiscono una perfetta bilanciatura e di conseguenza una struttura ideale all'esposizione del gelato in vetrina." (cit, tratta dal sito della fructital, azienda leader nel settore gelato)
cosa succede se il gelataio mette nel pastorizzatore che contiene 120 litri di latte il prodotto da aggiungere alla base frutta?
succede che il gelato alle creme fatto con quella base diventa lucido, rilascia delle sacche gelatinose sospette e ha una strana consistenza che fa insospettire il capo. succede che il capo scopre cos'è successo e si incazza come una biscia.
succede che dopo aver rimuginato per ore e aver passato una notte insonne il capo decide di svuotare il pastorizzatore nello scarico e buttare tutto il gelato.
70 litri di base pastorizzata e 50 litri di gelato già prodotto.
per fare i gusti alle creme si usa zucchero, latte e la pasta del gusto prescelto (pasta di nocciole, di pistacchio...)
la base di latte e zucchero con cui si fanno i gusti alle creme viene pastorizzata nel pastorizzatore. essendo la base uguale per tutti i gusti alle creme ne viene preparata una grande quantità, che poi viene prelevata di volta in volta, mescolata alla pasta del gusto prescelto e messa nel mantecatore. il mantecatore agita il composto liquido, lo raffredda e gli fa incorporare aria producendo quindi il gelato.
in modo che il gelato risulti cremoso e non diventi un blocco di marmo, si aggiungono alla base di latte delle "miscele di grassi nobili, latte in polvere, proteine, zuccheri, stabilizzanti ed emulsionanti che garantiscono una perfetta bilanciatura e di conseguenza una struttura ideale all'esposizione del gelato in vetrina." (cit, tratta dal sito della fructital, azienda leader nel settore gelato)
cosa succede se il gelataio mette nel pastorizzatore che contiene 120 litri di latte il prodotto da aggiungere alla base frutta?
succede che il gelato alle creme fatto con quella base diventa lucido, rilascia delle sacche gelatinose sospette e ha una strana consistenza che fa insospettire il capo. succede che il capo scopre cos'è successo e si incazza come una biscia.
succede che dopo aver rimuginato per ore e aver passato una notte insonne il capo decide di svuotare il pastorizzatore nello scarico e buttare tutto il gelato.
70 litri di base pastorizzata e 50 litri di gelato già prodotto.
mercoledì 15 luglio 2015
sto sempre a pensare al peggio
il capo si lamenta in continuazione, di tutto e di tutti.
chiama la collega "iabu" un animale che è metà asino e metà cavallo, sostenendo che non è stupida come un asino né veloce come un cavallo.
ogni volta che il capo mi chiama - data la sua indole lamentosa - mi aspetto sempre che lo faccia per sgridarmi per qualcosa.
invece oggi mi ha chiamata per dirmi brava per aver lavato dei contenitori che anche lui aveva notato essere sporchi e per chiedermi se secondo me era il caso di fare dell'altro gelato all'amarena. insomma, niente tirate d'orecchi.
ieri una cliente ha detto: "il gelato era buono ma il caffè (che avevo preparato io)..." e nella mia testa era già partito il cazziatone: "faceva schifo, era imbevibile, sapeva di ferro". invece il caffè era ausgezeichnet, cioè favoloso.
chiama la collega "iabu" un animale che è metà asino e metà cavallo, sostenendo che non è stupida come un asino né veloce come un cavallo.
ogni volta che il capo mi chiama - data la sua indole lamentosa - mi aspetto sempre che lo faccia per sgridarmi per qualcosa.
invece oggi mi ha chiamata per dirmi brava per aver lavato dei contenitori che anche lui aveva notato essere sporchi e per chiedermi se secondo me era il caso di fare dell'altro gelato all'amarena. insomma, niente tirate d'orecchi.
ieri una cliente ha detto: "il gelato era buono ma il caffè (che avevo preparato io)..." e nella mia testa era già partito il cazziatone: "faceva schifo, era imbevibile, sapeva di ferro". invece il caffè era ausgezeichnet, cioè favoloso.
domenica 5 luglio 2015
io (e) il mio peggior nemico
il peggior nemico della sottoscritta sono io stessa.
non importa quanta gente mi dica: sei in gamba, scrivi bene, sei intelligente, ironica, hai talento.
io penso di essere una persona orrenda, e tutti questi complimenti vengono liquidati con un'alzata di spalle, come a dire: "che ne sai tu, non mi conosci abbastanza, o non conosci abbastanza persone. se ti guardassi in giro vedresti che sono tutti più brillanti, forti, belli di me".
se anche pubblicassi con einaudi e vincessi il premio strega minimizzerei dicendo: "lo sanno tutti che è un premio truccato".
sono la prima a boiccottarmi, denigrarmi, sottovalutarmi. sono la prima e forse persino l'unica a credere che non ce la farò mai. non importa in cosa, fosse anche solo ad alzarmi dal letto domani mattina.
non riesco a gioire di niente, a gratificarmi, ad avere un giudizio equilibrato su me stessa.
mi guardo da fuori e ho l'impressione di non aver combinato nulla, di aver fallito in tutto.
sono a vienna da quasi cinque anni e tutto quello che sono riuscita a fare è vendere gelati. che non si può propriamente definire una carriera sfolgorante.
voglio vivere in anestesia totale.
non importa quanta gente mi dica: sei in gamba, scrivi bene, sei intelligente, ironica, hai talento.
io penso di essere una persona orrenda, e tutti questi complimenti vengono liquidati con un'alzata di spalle, come a dire: "che ne sai tu, non mi conosci abbastanza, o non conosci abbastanza persone. se ti guardassi in giro vedresti che sono tutti più brillanti, forti, belli di me".
se anche pubblicassi con einaudi e vincessi il premio strega minimizzerei dicendo: "lo sanno tutti che è un premio truccato".
sono la prima a boiccottarmi, denigrarmi, sottovalutarmi. sono la prima e forse persino l'unica a credere che non ce la farò mai. non importa in cosa, fosse anche solo ad alzarmi dal letto domani mattina.
non riesco a gioire di niente, a gratificarmi, ad avere un giudizio equilibrato su me stessa.
mi guardo da fuori e ho l'impressione di non aver combinato nulla, di aver fallito in tutto.
sono a vienna da quasi cinque anni e tutto quello che sono riuscita a fare è vendere gelati. che non si può propriamente definire una carriera sfolgorante.
voglio vivere in anestesia totale.
sabato 4 luglio 2015
"no,no. tranquilla"
la gelateria dove lavoro è come stare nella canzone di caparezza "malinconia": da qua se ne vanno tutti. (a onor del vero un po' se ne vanno spontaneamente e un po' vengono cacciati via dal capo.)
il risultato è che siamo troppo pochi, e ci si ritrova in due a fare il lavoro che normalmente verrebbe svolto da quattro persone. (uno dei due è il capo stesso, che lavora senza posa 16 ore al giorno tutti i giorni.)
ieri era l'ultimo giorno di scuola. (*sarcasm alert* sì, lo so che i vostri figli, cugini, fratelli sono in vacanza da un mese, e infatti l'italia cade a pezzi e qui in austria funziona tutto alla grande.)
significa che alle 9 del mattino (dopo un'unica ultima ora di scuola) erano previste orde di ragazzini in giro per le strade a festeggiare mangiando gelato.
la sera prima dell'ultimo giorno di scuola, sapendo benissimo della carenza di personale e della prevista invasione, mi ero offerta di andare alle 10 di mattina (anziché alle 15e30) per dare una mano.
il capo invece di dire "sì, grazie, per fortuna che ti sei offerta, altrimenti te l'avrei chiesto io" mi ha liquidata con un "no, no. tranquiiiiiiiillaaaaaaaaa, vieni alle 15".
ieri mattina, alle dieci meno cinque ho ricevuto un sms dal capo che diceva: "ich brauche hilfe" (ho bisogno d'aiuto), e schatz (altrimenti detta la solita cogliona) è andata in soccorso.
il risultato è che siamo troppo pochi, e ci si ritrova in due a fare il lavoro che normalmente verrebbe svolto da quattro persone. (uno dei due è il capo stesso, che lavora senza posa 16 ore al giorno tutti i giorni.)
ieri era l'ultimo giorno di scuola. (*sarcasm alert* sì, lo so che i vostri figli, cugini, fratelli sono in vacanza da un mese, e infatti l'italia cade a pezzi e qui in austria funziona tutto alla grande.)
significa che alle 9 del mattino (dopo un'unica ultima ora di scuola) erano previste orde di ragazzini in giro per le strade a festeggiare mangiando gelato.
la sera prima dell'ultimo giorno di scuola, sapendo benissimo della carenza di personale e della prevista invasione, mi ero offerta di andare alle 10 di mattina (anziché alle 15e30) per dare una mano.
il capo invece di dire "sì, grazie, per fortuna che ti sei offerta, altrimenti te l'avrei chiesto io" mi ha liquidata con un "no, no. tranquiiiiiiiillaaaaaaaaa, vieni alle 15".
ieri mattina, alle dieci meno cinque ho ricevuto un sms dal capo che diceva: "ich brauche hilfe" (ho bisogno d'aiuto), e schatz (altrimenti detta la solita cogliona) è andata in soccorso.
martedì 30 giugno 2015
io e i soldi
ho un rapporto molto distorto con i soldi. e posso dire con certezza che sia dovuto all'influenza familiare.
in casa c'è sempre stata un'attenzione spasmodica al "quanto costa", al risparmio a tutti i costi, al fare il giro dei supermercati a caccia delle offerte.
in prima media ho rinunciato a continuare a giocare a basket, anche se mi piaceva moltissimo, perché avevo l'impressione che pesasse sul bilancio familiare (la scusa ufficiale è che il passaggio dalle elementari alle medie mi avrebbe costretta a studiare di più).
i miei non sono mai andati al cinema, in vacanza, a mangiare fuori per risparmiare.
il risultato è che non sono capace di spendere.
da un lato per questo retaggio familiare, dall'altro perché ho un lavoro stagionale e non so mai se o quando sarò in grado di guadagnare degli altri soldi, per cui metto da parte tutto quello che posso.
un altro problema è che mi sento in colpa nell'essere pagata per il lavoro svolto. ho sempre l'impressione di non meritare i soldi, di non essere all'altezza di quello che faccio. soprattutto in ambito editoriale, settore noto per i ritardi nei pagamenti.
io non chiedo mai. non sollecito mai. mi vergogno. so che mi devono ancora pagare le traduzioni consegnate a gennaio 2014 e ho scoperto che l'editore paga solo se mandi una letterina di sollecito sulla carta intestata di un avvocato. cosa che non farò mai. per cui posso dire per certo di aver tradotto gratis. e la cosa assurda è che mi sembra quasi giusto, in fondo mi ci sono improvvisata. in fondo erano le mie prime traduzioni, in fondo fa curriculum.
oggi ho portato a termine un lavoro di editing epico, la revisione di un romanzo di quasi 500.000 battute che mi ha tenuta impegnata per tre mesi (dato che l'ho fatto nei ritagli di tempo della gelateria).
l'autore - un autore autopubblicato di discreto successo che mi ha scovata tramite il blog robadaself - è contentissimo del mio lavoro, a due terzi mi ha versato un anticipo, domani liquiderà il resto e spera di poter contare su di me anche per i romanzi futuri.
e a me sembra di non meritare quei soldi, quella gratitudine, quella stima anche se su quelle pagine ho lavorato moltissimo e seriamente, come se fossero state mie.
so che potrei - e forse dovrei proprio - farmi un piccolo regalo, anche solo simbolico, per festeggiare questo guadagno. per gratificarmi per tutta la fatica fatta, per aver consegnato entro la scadenza. invece mi viene solo da piangere.
in casa c'è sempre stata un'attenzione spasmodica al "quanto costa", al risparmio a tutti i costi, al fare il giro dei supermercati a caccia delle offerte.
in prima media ho rinunciato a continuare a giocare a basket, anche se mi piaceva moltissimo, perché avevo l'impressione che pesasse sul bilancio familiare (la scusa ufficiale è che il passaggio dalle elementari alle medie mi avrebbe costretta a studiare di più).
i miei non sono mai andati al cinema, in vacanza, a mangiare fuori per risparmiare.
il risultato è che non sono capace di spendere.
da un lato per questo retaggio familiare, dall'altro perché ho un lavoro stagionale e non so mai se o quando sarò in grado di guadagnare degli altri soldi, per cui metto da parte tutto quello che posso.
un altro problema è che mi sento in colpa nell'essere pagata per il lavoro svolto. ho sempre l'impressione di non meritare i soldi, di non essere all'altezza di quello che faccio. soprattutto in ambito editoriale, settore noto per i ritardi nei pagamenti.
io non chiedo mai. non sollecito mai. mi vergogno. so che mi devono ancora pagare le traduzioni consegnate a gennaio 2014 e ho scoperto che l'editore paga solo se mandi una letterina di sollecito sulla carta intestata di un avvocato. cosa che non farò mai. per cui posso dire per certo di aver tradotto gratis. e la cosa assurda è che mi sembra quasi giusto, in fondo mi ci sono improvvisata. in fondo erano le mie prime traduzioni, in fondo fa curriculum.
oggi ho portato a termine un lavoro di editing epico, la revisione di un romanzo di quasi 500.000 battute che mi ha tenuta impegnata per tre mesi (dato che l'ho fatto nei ritagli di tempo della gelateria).
l'autore - un autore autopubblicato di discreto successo che mi ha scovata tramite il blog robadaself - è contentissimo del mio lavoro, a due terzi mi ha versato un anticipo, domani liquiderà il resto e spera di poter contare su di me anche per i romanzi futuri.
e a me sembra di non meritare quei soldi, quella gratitudine, quella stima anche se su quelle pagine ho lavorato moltissimo e seriamente, come se fossero state mie.
so che potrei - e forse dovrei proprio - farmi un piccolo regalo, anche solo simbolico, per festeggiare questo guadagno. per gratificarmi per tutta la fatica fatta, per aver consegnato entro la scadenza. invece mi viene solo da piangere.
martedì 23 giugno 2015
cose che succedono nella gelateria dove lavoro (e sarebbe meglio che no)
* la ditta che ci rifornisce di latte e panna ci porta alle 11 del mattino 3 secchi da 5 litri di panna ordinata il giorno prima, con scadenza il giorno dopo. cosa pensano che facciamo con 15 litri di panna? il bagno?
* per il capo sono tutti arschloch (stronzi). il gelataio, la ditta che ci rifornisce di latte, perfetta, il vecchio che sta al banco e probabilmente sottrae soldi dalla cassa, l'altro cameriere, i clienti perché quando ci sono 15 gradi e piove non vengono a mangiare il gelato, i clienti perché quando ci sono 26 gradi e il sole vengono tutti insieme, i clienti se vengono appena abbiamo aperto, i clienti se vengono quando stiamo per chiudere, i fornitori che fanno pagare la nocciola a peso d'oro, la ferrero che controlla il mercato mondiale della nocciola e la fa costare come l'oro.
* la cliente che ordina un espresso e si chiude in bagno per lunghi minuti. beve il caffè freddo e se ne va lasciando il bagno tutto cagato: sia il fuori della tazza che le piastrelle dietro il water.
* la fidanzata del cameriere, che passa pomeriggi interi seduta a un tavolo della gelateria guardando il suo fidanzato cameriere che lavora mentre lei sorseggia cola light e fuma.
* la donna delle pulizie turca, che non riesce a mettere i bicchieri della stessa forma vicini e ogni volta si trovano bicchieri della birra insieme a quelli della coca cola, calici da vino enormi insieme a calici da acqua minuscoli, coppe alte e strette vicino a coppe basse e larghe.
* la donna delle pulizie turca che parla solo turco e nessuno di noi la capisce, che adesso che c'è ramadan alle 21 si mette a mangiare e a bere e a fumare incurante del fatto che sia sul lavoro.
* la donna delle pulizie turca che probabilmente butta tutte le immondizie da riciclare (plastica, vetro, lattine) in un bidone a caso, senza separarle.
* l'altra cameriera che mi chiede quando preferisco lavorare e il giorno dopo aver concordato i turni li vuole cambiare tutti di nuovo.
* per il capo sono tutti arschloch (stronzi). il gelataio, la ditta che ci rifornisce di latte, perfetta, il vecchio che sta al banco e probabilmente sottrae soldi dalla cassa, l'altro cameriere, i clienti perché quando ci sono 15 gradi e piove non vengono a mangiare il gelato, i clienti perché quando ci sono 26 gradi e il sole vengono tutti insieme, i clienti se vengono appena abbiamo aperto, i clienti se vengono quando stiamo per chiudere, i fornitori che fanno pagare la nocciola a peso d'oro, la ferrero che controlla il mercato mondiale della nocciola e la fa costare come l'oro.
* la cliente che ordina un espresso e si chiude in bagno per lunghi minuti. beve il caffè freddo e se ne va lasciando il bagno tutto cagato: sia il fuori della tazza che le piastrelle dietro il water.
* la fidanzata del cameriere, che passa pomeriggi interi seduta a un tavolo della gelateria guardando il suo fidanzato cameriere che lavora mentre lei sorseggia cola light e fuma.
* la donna delle pulizie turca, che non riesce a mettere i bicchieri della stessa forma vicini e ogni volta si trovano bicchieri della birra insieme a quelli della coca cola, calici da vino enormi insieme a calici da acqua minuscoli, coppe alte e strette vicino a coppe basse e larghe.
* la donna delle pulizie turca che parla solo turco e nessuno di noi la capisce, che adesso che c'è ramadan alle 21 si mette a mangiare e a bere e a fumare incurante del fatto che sia sul lavoro.
* la donna delle pulizie turca che probabilmente butta tutte le immondizie da riciclare (plastica, vetro, lattine) in un bidone a caso, senza separarle.
* l'altra cameriera che mi chiede quando preferisco lavorare e il giorno dopo aver concordato i turni li vuole cambiare tutti di nuovo.
giovedì 18 giugno 2015
molta pubblicità per nulla
quest'anno la canalis pubblicizza ciotto dalzino (giotto dolcino) la versione al gusto di limone di questo cioccolatino.
giotto fa schifino, sembra la sottomarca scadente dei ferrero rocher, quindi non assaggiare giotto dolcino non sarà un dramma, ma perché martellarci di pubblicità se poi il prodotto non è reperibile in nessun supermercato?
l'anno scorso era capitata la stessa cosa con caramel sutra, un gelato della ben&jerry, e con la cioccolata milka champiolada, quella prodotta in occasione dei mondiali.
c'era tutta vienna tapezzata di manifesti di questi due prodotti e nessun supermercato li aveva. trovavi i congelatori pieni di gelati ben&jerry di tutti i tipi, tranne che caramel sutra.
c'erano espositori pieni di cioccolata milka di tutti i tipi tranne la champiolada.
questo post per rassicurare gli addetti al marketing che hanno realizzato queste pubblicità: funzionano, se il prodotto non vende non è colpa vostra, è perché non esiste.
martedì 16 giugno 2015
du bist ein schatz
faccio la cameriera in una gelateria.
un lavoro che non mi gratifica, che non mi interessa, che non mi piace.
non mi piace perché mi costringe a stare in contatto con la gente, spesso maleducata, spesso antipatica, spesso stronza.
non mi piace perché non ha niente a che fare con i libri o con la scrittura, che sono la cosa che mi interessa. (anche se posso sbirciare i titoli dei libri che leggono i clienti. l'altro giorno uno dei clienti abituali più gentili stava leggendo tiziano terzani, ovviamente in tedesco.)
non mi piace perché mi costringe spesso a lavorare la sera, mentre io alle dieci e mezza vorrei essere a dormire.
insomma, ci sarebbero tutti i presupposti per fare questo lavoro con gran scazzo e menefreghismo. invece lo faccio come se fosse questione di vita o di morte. se mi accorgo di non aver pulito bene un tavolo dove si è seduta della gente me ne vergogno moltissimo. per evitare che il gelato che porto ai tavoli sia sciolto corro parecchio. quando finisco il mio turno mi preoccupo di lasciare le cose sistemate come io vorrei trovarle se dovessi iniziare il turno in quel momento. insomma, me la prendo molto a cuore.
oggi, finalmente, tutto questo mio darmi stupidamente da fare, come se importasse davvero qualcosa, mi è stato riconosciuto.
du bist ein schatz (sei un tesoro) ha detto il mio capo dopo che ieri gli ho pulito tutta la gelateria e dopo che oggi, in meno di un'ora ho sistemato tutti i tavoli all'aperto, servito i clienti, fatto tre lavastoviglie, ricordatogli di riaccendere un frigorifero che ieri aveva staccato per far scongelare.
un lavoro che non mi gratifica, che non mi interessa, che non mi piace.
non mi piace perché mi costringe a stare in contatto con la gente, spesso maleducata, spesso antipatica, spesso stronza.
non mi piace perché non ha niente a che fare con i libri o con la scrittura, che sono la cosa che mi interessa. (anche se posso sbirciare i titoli dei libri che leggono i clienti. l'altro giorno uno dei clienti abituali più gentili stava leggendo tiziano terzani, ovviamente in tedesco.)
non mi piace perché mi costringe spesso a lavorare la sera, mentre io alle dieci e mezza vorrei essere a dormire.
insomma, ci sarebbero tutti i presupposti per fare questo lavoro con gran scazzo e menefreghismo. invece lo faccio come se fosse questione di vita o di morte. se mi accorgo di non aver pulito bene un tavolo dove si è seduta della gente me ne vergogno moltissimo. per evitare che il gelato che porto ai tavoli sia sciolto corro parecchio. quando finisco il mio turno mi preoccupo di lasciare le cose sistemate come io vorrei trovarle se dovessi iniziare il turno in quel momento. insomma, me la prendo molto a cuore.
oggi, finalmente, tutto questo mio darmi stupidamente da fare, come se importasse davvero qualcosa, mi è stato riconosciuto.
du bist ein schatz (sei un tesoro) ha detto il mio capo dopo che ieri gli ho pulito tutta la gelateria e dopo che oggi, in meno di un'ora ho sistemato tutti i tavoli all'aperto, servito i clienti, fatto tre lavastoviglie, ricordatogli di riaccendere un frigorifero che ieri aveva staccato per far scongelare.
sabato 30 maggio 2015
quando si diventa qualcosa?
quando si diventa madri? quando si inizia a pianificare una gravidanza? quando l'esito del test di gravidanza è positivo? il giorno del parto? il giorno in cui si adotta un bambino? quando ci si sente pronte per avere un secondo figlio?
quando si è in forma? quando si raggiunge il peso sperato? quando ci si guarda allo specchio e ci si piace indipendentemente da quello che dice la bilancia o l'immagine riflessa? quando dopo essersi ammazzati di addominali-flessioni-squat-trazioni la ciccia è sparita e al suo posto sono emersi dei muscoli? e, nel caso, quanti muscoli devono emergere per essere in forma?
quando si è depressi? quando si è un po' tristi per più di 5 minuti al giorno? quando si piange al pensiero di alzarsi dal letto? quando non si esce dal pigiama per più di tre giorni di fila?
io mi chiedo, quando si diventa scrittori?
a 12 anni - quando ho deciso che sarei diventata scrittrice - mi sembrava un traguardo netto, come la linea d'arrivo dei 100 metri: pubblico un libro, sono scrittore. ora che di anni ne ho 20 in più non lo so. ho vinto dei concorsi, sono autrice di racconti, di un manuale, di un romanzo breve, eppure non mi sento più scrittrice di quando a 12 anni, senza aver scritto nemmeno una favoletta, avevo deciso - leggendo - che il mio mestiere è scrivere.
sembra il paradosso di achille e la tartaruga, più mi avvicino alla tartaruga meno sembra raggiungibile.
quando si diventa qualcosa?
quando si è in forma? quando si raggiunge il peso sperato? quando ci si guarda allo specchio e ci si piace indipendentemente da quello che dice la bilancia o l'immagine riflessa? quando dopo essersi ammazzati di addominali-flessioni-squat-trazioni la ciccia è sparita e al suo posto sono emersi dei muscoli? e, nel caso, quanti muscoli devono emergere per essere in forma?
quando si è depressi? quando si è un po' tristi per più di 5 minuti al giorno? quando si piange al pensiero di alzarsi dal letto? quando non si esce dal pigiama per più di tre giorni di fila?
io mi chiedo, quando si diventa scrittori?
a 12 anni - quando ho deciso che sarei diventata scrittrice - mi sembrava un traguardo netto, come la linea d'arrivo dei 100 metri: pubblico un libro, sono scrittore. ora che di anni ne ho 20 in più non lo so. ho vinto dei concorsi, sono autrice di racconti, di un manuale, di un romanzo breve, eppure non mi sento più scrittrice di quando a 12 anni, senza aver scritto nemmeno una favoletta, avevo deciso - leggendo - che il mio mestiere è scrivere.
sembra il paradosso di achille e la tartaruga, più mi avvicino alla tartaruga meno sembra raggiungibile.
quando si diventa qualcosa?
martedì 26 maggio 2015
non un romanzo erotico
esce oggi il mio primo romanzo (breve).
è disponibile solo in ebook - nei soliti siti dove si comprano gli ebook - e nel sito ufficiale dell'editore.
questa la sinossi:
Che fare quando i romanzi erotici che traduci per lavoro non fanno che ricordarti che non hai una vita sessuale? Puoi chiuderti in casa o lasciarti curare da baci che sono meglio di cerotti... ex fidanzato permettendo!
Ester è una traduttrice di romanzi erotici, invaghita da sempre del caporedattore. La sua vita sessuale non potrebbe essere più diversa da quella dei protagonisti dei libri che traduce: è appena stata lasciata dal fidanzato fedifrago e ha l'impressione che là sotto qualcosa abbia smesso di funzionare. Certo, le piacerebbe provarci con il caporedattore, ma la sua vita è andata a rotoli. Per fortuna la sorella Adele la aiuta a sistemare il monolocale minuscolo in cui si è trasferita, a dare una svolta al suo look da sciattona e a ritrovare un po' di autostima. E anche se lasciarsi alle spalle una lunga storia non è facile, Ester proverà a curare le ferite tornando a fidarsi di sé e dell'amore.
il prezzo, stabilito dall'editore, mi sembra piuttosto alto. quindi voi, miei amati lettori, potrete ricevere il seguito di questo romanzo al prezzo di una recensione. vi basterà inviarmi una mail o un messaggio su FB con il link alla recensione che avete lasciato (su amazon, sul vostro blog, su anobii...) e riceverete in cambio il file con "E VISSERO inFELICI e sCONTENTI".
clicca qui per comprare su amazon
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è disponibile solo in ebook - nei soliti siti dove si comprano gli ebook - e nel sito ufficiale dell'editore.
questa la sinossi:
Che fare quando i romanzi erotici che traduci per lavoro non fanno che ricordarti che non hai una vita sessuale? Puoi chiuderti in casa o lasciarti curare da baci che sono meglio di cerotti... ex fidanzato permettendo!
Ester è una traduttrice di romanzi erotici, invaghita da sempre del caporedattore. La sua vita sessuale non potrebbe essere più diversa da quella dei protagonisti dei libri che traduce: è appena stata lasciata dal fidanzato fedifrago e ha l'impressione che là sotto qualcosa abbia smesso di funzionare. Certo, le piacerebbe provarci con il caporedattore, ma la sua vita è andata a rotoli. Per fortuna la sorella Adele la aiuta a sistemare il monolocale minuscolo in cui si è trasferita, a dare una svolta al suo look da sciattona e a ritrovare un po' di autostima. E anche se lasciarsi alle spalle una lunga storia non è facile, Ester proverà a curare le ferite tornando a fidarsi di sé e dell'amore.
il prezzo, stabilito dall'editore, mi sembra piuttosto alto. quindi voi, miei amati lettori, potrete ricevere il seguito di questo romanzo al prezzo di una recensione. vi basterà inviarmi una mail o un messaggio su FB con il link alla recensione che avete lasciato (su amazon, sul vostro blog, su anobii...) e riceverete in cambio il file con "E VISSERO inFELICI e sCONTENTI".
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mercoledì 20 maggio 2015
la conta
il mio capo vuole che tutto sia contato.
ogni articolo ha il suo numero.
negli espositori ci devono essere:
192 coni wafer 16x12
45 coni a forma di fiore 15x3
30 coni con il bordo cioccolato granella di nocciole 6x5
20 coni giganti 20x1
110 coppette da una pallina 10x11
110 coppette da due palline 10x11
90 coppette da tre palline 10x9
90 coppette da quattro palline 10x9
10 coppette da sei palline 10x1
10 coppette da otto palline 10x1
10 bicchieri per il frappè grande da asporto 10x1
20 bicchieri per il frappè piccolo da asporto 20x1
e poi
15 pacchi di wafer
15 pacchi di cialde cilindriche
15 pacchi di cialde cilindriche al cioccolato
20 box di polistirolo da 3/4 di litro per il gelato da asporto
20 box di polistirolo da 1 litro
8 box di polistirolo da 1 litro e mezzo
8 box di polistirolo da 2 litri
ogni mattina il capo vuole che tutto sia riempito a dovere, a volte lo fa personalmente, a volte lascia fare a noi e poi controlla.
poi verso l'una, quando arriva perfetta, l'addetto al banco, riconta tutto e controlla che i soldi in cassa coincidano con il numero di coni e coppette vendute.
quando va via perfetta verso le 20 il capo riconta tutto di nuovo, e controlla che l'incasso coincida con il venduto.
quando chiude verso le 22 riconta tutto di nuovo e ricontrolla che i conti tornino.
e non capisco per quale motivo lo faccia, se per una forma di autismo o per timore che uno dei suoi dipendenti "lo freghi" e ne approfitti per sottrarre del denaro dalla cassa.
e tutto questo contare è così ridicolo e assurdo agli occhi del collega G che ogni volta che può regala un cono per poi ridere sotto i baffi quando i con(t)i non tornano.
di solito danno la colpa a me, che ho contato male al mattino, quando ho riempito gli espositori.
ogni articolo ha il suo numero.
negli espositori ci devono essere:
192 coni wafer 16x12
45 coni a forma di fiore 15x3
30 coni con il bordo cioccolato granella di nocciole 6x5
20 coni giganti 20x1
110 coppette da una pallina 10x11
110 coppette da due palline 10x11
90 coppette da tre palline 10x9
90 coppette da quattro palline 10x9
10 coppette da sei palline 10x1
10 coppette da otto palline 10x1
10 bicchieri per il frappè grande da asporto 10x1
20 bicchieri per il frappè piccolo da asporto 20x1
e poi
15 pacchi di wafer
15 pacchi di cialde cilindriche
15 pacchi di cialde cilindriche al cioccolato
20 box di polistirolo da 3/4 di litro per il gelato da asporto
20 box di polistirolo da 1 litro
8 box di polistirolo da 1 litro e mezzo
8 box di polistirolo da 2 litri
ogni mattina il capo vuole che tutto sia riempito a dovere, a volte lo fa personalmente, a volte lascia fare a noi e poi controlla.
poi verso l'una, quando arriva perfetta, l'addetto al banco, riconta tutto e controlla che i soldi in cassa coincidano con il numero di coni e coppette vendute.
quando va via perfetta verso le 20 il capo riconta tutto di nuovo, e controlla che l'incasso coincida con il venduto.
quando chiude verso le 22 riconta tutto di nuovo e ricontrolla che i conti tornino.
e non capisco per quale motivo lo faccia, se per una forma di autismo o per timore che uno dei suoi dipendenti "lo freghi" e ne approfitti per sottrarre del denaro dalla cassa.
e tutto questo contare è così ridicolo e assurdo agli occhi del collega G che ogni volta che può regala un cono per poi ridere sotto i baffi quando i con(t)i non tornano.
di solito danno la colpa a me, che ho contato male al mattino, quando ho riempito gli espositori.
giovedì 14 maggio 2015
temperatura gelato
secondo il matematico c'è una temperatura per ogni cosa:
per mettere i guanti (5°C)
per mettere la giacca più leggera (da 6 a 15°C)
per mettere la giacca più pesante (da 10°C in giù)
per mettere la maglietta a maniche corte (dai 20°C in su)
per il berretto (dai 10°C in giù)
scaldacollo (7°C)
pantaloni corti (25°C)
sandali (30°C)
e poi c'è la temperatura gelato.
la temperatura gelato è dai 20°C.
oggi che finalmente ho giorno libero e stavo sclerando davanti al computer ho proposto di andare a mangiare un gelato. (sì, lo so che lavoro in una gelateria e il gelato dovrebbe essermi venuto a noia. invece no, non ho mai tempo per godermene uno con calma. ogni tanto rubacchio un cucchiaino, ma non è come gustarsi un cono con calma, seduti, al sole.)
- che temperatura c'è? - ho chiesto.
- 19.7° - ha risposto il matematico, sempre sintonizzato sul sito wunderground.com
- se ti punto un phon addosso possiamo mangiare lo stesso un gelato?
- facciamo che si approssima per eccesso.
e così siamo andati a mangiare il gelato in un posto in cui il fior di latte si chiama "milchblume"
per mettere i guanti (5°C)
per mettere la giacca più leggera (da 6 a 15°C)
per mettere la giacca più pesante (da 10°C in giù)
per mettere la maglietta a maniche corte (dai 20°C in su)
per il berretto (dai 10°C in giù)
scaldacollo (7°C)
pantaloni corti (25°C)
sandali (30°C)
e poi c'è la temperatura gelato.
la temperatura gelato è dai 20°C.
oggi che finalmente ho giorno libero e stavo sclerando davanti al computer ho proposto di andare a mangiare un gelato. (sì, lo so che lavoro in una gelateria e il gelato dovrebbe essermi venuto a noia. invece no, non ho mai tempo per godermene uno con calma. ogni tanto rubacchio un cucchiaino, ma non è come gustarsi un cono con calma, seduti, al sole.)
- che temperatura c'è? - ho chiesto.
- 19.7° - ha risposto il matematico, sempre sintonizzato sul sito wunderground.com
- se ti punto un phon addosso possiamo mangiare lo stesso un gelato?
- facciamo che si approssima per eccesso.
e così siamo andati a mangiare il gelato in un posto in cui il fior di latte si chiama "milchblume"
sabato 9 maggio 2015
la lavastoviglie
da quando ci siamo trasferiti a vienna, abitiamo sempre nella stessa casa, dotata di lavastoviglie.
essendo solo in due e non avendo abbastanza stoviglie non l'abbiamo MAI usata. fino a oggi.
oggi il microlavello era pieno dei piatti accumulati in due giorni e, un po' per pigrizia un po' per la difficoltà logistica di non avere posto per mettere i piatti sporchi insaponati, ho deciso di usare LA LAVASTOVIGLIE.
abbiamo trovato una pastiglia finish calcificata che deve avere almeno 5 anni e che non sapevamo dove mettere, abbiamo infilato le posate nel portaposate pieno di polvere, quando abbiamo chiuso lo sportello lampeggiavano la spia del sale e quella del brillantante.
ora la lavastoviglie è accesa e il matematico ne sta registrando il suono, che si aggiungerà nel suo personale archivio sonoro a quello della lavatrice, del microonde, della caldaia.
essendo solo in due e non avendo abbastanza stoviglie non l'abbiamo MAI usata. fino a oggi.
oggi il microlavello era pieno dei piatti accumulati in due giorni e, un po' per pigrizia un po' per la difficoltà logistica di non avere posto per mettere i piatti sporchi insaponati, ho deciso di usare LA LAVASTOVIGLIE.
abbiamo trovato una pastiglia finish calcificata che deve avere almeno 5 anni e che non sapevamo dove mettere, abbiamo infilato le posate nel portaposate pieno di polvere, quando abbiamo chiuso lo sportello lampeggiavano la spia del sale e quella del brillantante.
ora la lavastoviglie è accesa e il matematico ne sta registrando il suono, che si aggiungerà nel suo personale archivio sonoro a quello della lavatrice, del microonde, della caldaia.
mercoledì 6 maggio 2015
pregiudizi infondati
uno pensa che a stare con un matematico si risparmierà di fare i conti.
è per questo che ogni sera, quando torno da lavoro, faccio contare le mance che ho guadagnato al matematico
[per chi non lo sapesse, in austria è d'uso lasciare circa il 10% del totale al cameriere come mancia, o quantomeno arrotondare l'importo. su una consumazione di 10 euro bisognerebbe lasciare 11, ma se avete speso 9 e 60 potete lasciare 10 e il cameriere non vi guarderà male. se invece avete speso 9 e 60, date una banconota da 10 e vi aspettate 40 centesimi indietro... il cameriere vi guarderà con disprezzo, penserà che siete dei taccagni orrendi e la prossima volta vi rovescerà addosso quello che avete ordinato.]
nei tre anni precedenti a questo ho lavorato per datori di lavoro che si tenevano le mie mance. quest'anno invece le mance che guadagno sono mie, tranne il 3% dell'incasso che devo dare al collega che prepara le ordinazioni.
ieri faceva molto caldo e si è lavorato moltissimo, così tanto che il mio contapassi a fine giornata segnava 17 chilometri percorsi, di conseguenza mi aspettavo tantissime mance.
ma dal conto del matematico le mance erano decisamente inferiori alle aspettative e prima di addormentarmi non ho fatto che rimuginare su come fosse possibile.
fino a quando, questa mattina, contandole da me, mi accorgo che il conto del matematico era totalmente sbagliato, che le mie mance erano molto superiori e che tutto era come mi aspettavo.
insomma, il matematico in fondo è un logico, aspettarsi che sappia contare è solo un pregiudizio infondato.
è per questo che ogni sera, quando torno da lavoro, faccio contare le mance che ho guadagnato al matematico
[per chi non lo sapesse, in austria è d'uso lasciare circa il 10% del totale al cameriere come mancia, o quantomeno arrotondare l'importo. su una consumazione di 10 euro bisognerebbe lasciare 11, ma se avete speso 9 e 60 potete lasciare 10 e il cameriere non vi guarderà male. se invece avete speso 9 e 60, date una banconota da 10 e vi aspettate 40 centesimi indietro... il cameriere vi guarderà con disprezzo, penserà che siete dei taccagni orrendi e la prossima volta vi rovescerà addosso quello che avete ordinato.]
nei tre anni precedenti a questo ho lavorato per datori di lavoro che si tenevano le mie mance. quest'anno invece le mance che guadagno sono mie, tranne il 3% dell'incasso che devo dare al collega che prepara le ordinazioni.
ieri faceva molto caldo e si è lavorato moltissimo, così tanto che il mio contapassi a fine giornata segnava 17 chilometri percorsi, di conseguenza mi aspettavo tantissime mance.
ma dal conto del matematico le mance erano decisamente inferiori alle aspettative e prima di addormentarmi non ho fatto che rimuginare su come fosse possibile.
fino a quando, questa mattina, contandole da me, mi accorgo che il conto del matematico era totalmente sbagliato, che le mie mance erano molto superiori e che tutto era come mi aspettavo.
insomma, il matematico in fondo è un logico, aspettarsi che sappia contare è solo un pregiudizio infondato.
sabato 2 maggio 2015
l'eredità
dopo aver bevuto un generoso bicchiere di frullato banana-fragole mi viene il singhiozzo.
il matematico mi allunga prontamente una confezione di biscotti e dice: - mangiane uno, asciuga.
mentre mastico il biscotto dico: - è morta.
- chi? - chiede lui.
- la persona che per farmi passare il singhiozzo mi ha detto di mangiare un biscotto o un cracker perché "asciuga".
- be', ma è così che funziona. le persone continuano a vivere in chi le ha conosciute attraverso quello che hanno lasciato. e comunque anche se è una stronzata che asciuga, funziona veramente, e la mia qualità della vita è molto migliorata. adesso so che se mi verrà il singhiozzo non dovrò fare nessuna delle cazzate che non funziona tipo trattenere il fiato, tapparmi le orecchie, saltellare su un piede solo. e ogni volta che vedo una discussione su internet su come far passare il singhiozzo sghignazzo.
e a me viene da ridere, e anche un po' da piangere, al pensiero che quel che resta di noi dopo che ce ne saremo andati, è un rimedio per il singhiozzo o poco più.
il matematico mi allunga prontamente una confezione di biscotti e dice: - mangiane uno, asciuga.
mentre mastico il biscotto dico: - è morta.
- chi? - chiede lui.
- la persona che per farmi passare il singhiozzo mi ha detto di mangiare un biscotto o un cracker perché "asciuga".
- be', ma è così che funziona. le persone continuano a vivere in chi le ha conosciute attraverso quello che hanno lasciato. e comunque anche se è una stronzata che asciuga, funziona veramente, e la mia qualità della vita è molto migliorata. adesso so che se mi verrà il singhiozzo non dovrò fare nessuna delle cazzate che non funziona tipo trattenere il fiato, tapparmi le orecchie, saltellare su un piede solo. e ogni volta che vedo una discussione su internet su come far passare il singhiozzo sghignazzo.
e a me viene da ridere, e anche un po' da piangere, al pensiero che quel che resta di noi dopo che ce ne saremo andati, è un rimedio per il singhiozzo o poco più.
domenica 26 aprile 2015
un miglio nei miei mocassini
è un periodo faticoso. al lavoro è ancora il massimo della disperazione, e io sto lavorando da dieci giorni consecutivi senza giorni liberi. (sì, è arrivata la primavera anche qui, il sole splende e tutti vogliono il massimo del gelato.)
quindi a lavoro corro su e giù come una pazza, e sarebbe tutto più facile se potessi farlo con delle scarpe comode.
le prime scarpe acquistate appositamente si sono rivelate comodissime, hanno solo un difetto: mi fanno puzzare i piedi in modo pestilenziale.
ho quindi comprato, per ovviare a quell'inconveniente, un paio di adidas che sembrano fatte di legno e cartone tanto sono dure e mi fanno male ai piedi.
ieri sera, disperata, mentre io e il matematico aspettavamo la metro, gli ho chiesto di fare cambio di scarpe in modo che me le sfondasse un po' (sì, abbiamo entrambi il 42, solo che io sono alta un metro e 67 e lui un metro e 83).
non so se la sua passeggiata nelle mie scarpe abbia fatto effetto, oggi ho ripiegato sulle calzature comode e puzzone.
giovedì 23 aprile 2015
perfetta
nella gelateria dove lavoro, al banco, a riempire coni e coppette, c'è il signor feta, un vecchio rincoglionito con 35 anni di esperienza nel settore.
quando il capo lo chiama, urlando da una parte all'altra "HERR FETTA" io capisco perfetta.
perfetta, invece di spatolare il gelato e pulire la sua postazione, resta fino a fine turno con le braccia conserte.
così, ieri, quando se n'è andato, non avendo di meglio da fare, mi sono messa a sistemare il casino che aveva lasciato (pur non avendo 35 anni di esperienza nel settore, era chiaro che aveva lasciato una merda). ovviamente non è un lavoro che mi compete, né lo so fare tanto bene, ma sicuramente il gelato spatolato da me avrebbe avuto un aspetto migliore del gelato non spatolato che aveva lasciato lui.
quando è uscito dallo spogliatoio e mi ha vista al banco, il signor perfetta è venuto lì e mi ha detto "non si fa così, guarda come si fa" e io gli ho risposto "se può mostrarmi come si fa, potrebbe anche farlo". (il sottotesto era, stronzo del cazzo, invece di ringraziarmi che faccio il tuo lavoro vieni pure a farmi la lezione?! ma vaffanculo, va'.)
quando il capo lo chiama, urlando da una parte all'altra "HERR FETTA" io capisco perfetta.
perfetta, invece di spatolare il gelato e pulire la sua postazione, resta fino a fine turno con le braccia conserte.
così, ieri, quando se n'è andato, non avendo di meglio da fare, mi sono messa a sistemare il casino che aveva lasciato (pur non avendo 35 anni di esperienza nel settore, era chiaro che aveva lasciato una merda). ovviamente non è un lavoro che mi compete, né lo so fare tanto bene, ma sicuramente il gelato spatolato da me avrebbe avuto un aspetto migliore del gelato non spatolato che aveva lasciato lui.
quando è uscito dallo spogliatoio e mi ha vista al banco, il signor perfetta è venuto lì e mi ha detto "non si fa così, guarda come si fa" e io gli ho risposto "se può mostrarmi come si fa, potrebbe anche farlo". (il sottotesto era, stronzo del cazzo, invece di ringraziarmi che faccio il tuo lavoro vieni pure a farmi la lezione?! ma vaffanculo, va'.)
giovedì 16 aprile 2015
tre incaute a vienna
(da sinistra a destra: mia madre, mia zia, l'amica)
le tre incaute hanno un'età compresa tra i 60 e gli 80 anni e girano per vienna con la leggerezza e l'inconsapevolezza di tre ragazzine delle elementari in gita.
le tre incaute dopo le iniziali difficoltà, che mi hanno fatto temere di doverle andare a recuperare a klosteneuburg, hanno capito come funziona la metro e con le mie indicazioni a prova di idiota sono riuscite a girare senza perdesi troppo e persino a tornare a casa.
le tre incaute forse, alla fine, sarebbero riuscite a raggiungere la stazione e a prendere il treno giusto da sole, ma per sicurezza ce le ho accompagnate io.
domenica 12 aprile 2015
il potere del pollice opponibile
quando mi sono messa a cercare lavoro a vienna ho optato per un lavoro non qualificato, alla portata di tutti: la cameriera.
a giudicare dalla gente che vedo sfilare in questi giorni al massimo della disperazione fare la cameriera è un lavoro difficilissimo.
la tizia che dovrebbe essermi d'aiuto:
non sa i numeri: se sull'ordine (che viene preso con un computerino e stampato - quindi non c'è nessun problema di interpretazione di grafie) c'è scritto un espresso macchiato al tavolo 22, lei porta il caffè al tavolo 24, dove le dicono che non lo volevano. quindi lo riporta indietro e dice al capo che io ho sbagliato a prendere l'ordinazione. (nel frattempo il caffè si raffredda e arriva al tavolo giusto quando ormai fa schifo.)
non sa leggere: se sull'ordine c'è scritto tre palline con la panna, lei porta tre palline senza panna (il fatto che siano senza panna non è colpa sua, ma distrazione di chi prepara gli ordini. ma porca miseria... guarda!). in ogni caso ci sarebbe ancora possibilità di redenzione se una volta arrivata al tavolo tornasse indietro e farsela mettere su indicazione del cliente. invece no, se ne frega. e sono io quella che deve andare dentro e fuori.
non vede: se porta un bicchiere di caffelatte alto venti centimetri, sul piattino mette un cucchiaino da espresso lungo sette centimetri.
non ce la fa: se le faccio vedere come chiudere con catena e lucchetto i tavoli, la sera. lei riesce a chiuderli nell'unico modo in cui sarà possibile per chiunque portarsi via le sedie.
non è dotata di pollice opponibile: per portare i vassoi bisogna puntare il pollice sulla parte superiore e tenere le altre dita sotto, a supporto. lei non ce la fa. motivo per cui porta un vassoio alla volta, quando il minimo sindacale sarebbe tre. però almeno la mancanza di pollice opponibile spiega la totale assenza di qualsiati tipo di intelligenza.
a giudicare dalla gente che vedo sfilare in questi giorni al massimo della disperazione fare la cameriera è un lavoro difficilissimo.
la tizia che dovrebbe essermi d'aiuto:
non sa i numeri: se sull'ordine (che viene preso con un computerino e stampato - quindi non c'è nessun problema di interpretazione di grafie) c'è scritto un espresso macchiato al tavolo 22, lei porta il caffè al tavolo 24, dove le dicono che non lo volevano. quindi lo riporta indietro e dice al capo che io ho sbagliato a prendere l'ordinazione. (nel frattempo il caffè si raffredda e arriva al tavolo giusto quando ormai fa schifo.)
non sa leggere: se sull'ordine c'è scritto tre palline con la panna, lei porta tre palline senza panna (il fatto che siano senza panna non è colpa sua, ma distrazione di chi prepara gli ordini. ma porca miseria... guarda!). in ogni caso ci sarebbe ancora possibilità di redenzione se una volta arrivata al tavolo tornasse indietro e farsela mettere su indicazione del cliente. invece no, se ne frega. e sono io quella che deve andare dentro e fuori.
non vede: se porta un bicchiere di caffelatte alto venti centimetri, sul piattino mette un cucchiaino da espresso lungo sette centimetri.
non ce la fa: se le faccio vedere come chiudere con catena e lucchetto i tavoli, la sera. lei riesce a chiuderli nell'unico modo in cui sarà possibile per chiunque portarsi via le sedie.
non è dotata di pollice opponibile: per portare i vassoi bisogna puntare il pollice sulla parte superiore e tenere le altre dita sotto, a supporto. lei non ce la fa. motivo per cui porta un vassoio alla volta, quando il minimo sindacale sarebbe tre. però almeno la mancanza di pollice opponibile spiega la totale assenza di qualsiati tipo di intelligenza.
venerdì 10 aprile 2015
le tre incaute
mia cugina aveva organizzato tutto al motto di: "non ti preoccupare me ne occupo io".
la cosa fin dall'inizio era in odore di fregatura, ma a febbraio... aprile sembrava lontanissimo.
mia cugina, mia zia e i miei genitori sarebbero venuti a vienna per qualche giorno.
trovavo a dir poco sorprendente che mio padre, che difficilmente esce dai confini del suo giardino e che raramente esce dai confini del comune, avesse accettato di varcare persino il confine nazionale, tuttavia avevo creduto nel gran potere persuasivo di mia cugina.
a una settimana dall'arrivo ecco che l'odore di fregatura si fa così forte da diventare una fregatura vera: mio padre non verrà, mia cugina nemmeno. al loro posto una fantomatica amica di cui si vocifera sappia un po' di tedesco. una delle due camere d'albergo, che era stata inizialmente prenotata, è stata disdetta e mia madre dormirà nel letto matrimoniale con me.
quindi martedì, alle sette del mattino, mia madre, mia zia, e l'amica arriveranno a vienna con un treno notturno.
ieri mia cugina, quella del "non ti preoccupare me ne occupo io", mi ha chiesto se posso andare a prendere in stazione "le tre incaute".
la cosa fin dall'inizio era in odore di fregatura, ma a febbraio... aprile sembrava lontanissimo.
mia cugina, mia zia e i miei genitori sarebbero venuti a vienna per qualche giorno.
trovavo a dir poco sorprendente che mio padre, che difficilmente esce dai confini del suo giardino e che raramente esce dai confini del comune, avesse accettato di varcare persino il confine nazionale, tuttavia avevo creduto nel gran potere persuasivo di mia cugina.
a una settimana dall'arrivo ecco che l'odore di fregatura si fa così forte da diventare una fregatura vera: mio padre non verrà, mia cugina nemmeno. al loro posto una fantomatica amica di cui si vocifera sappia un po' di tedesco. una delle due camere d'albergo, che era stata inizialmente prenotata, è stata disdetta e mia madre dormirà nel letto matrimoniale con me.
quindi martedì, alle sette del mattino, mia madre, mia zia, e l'amica arriveranno a vienna con un treno notturno.
ieri mia cugina, quella del "non ti preoccupare me ne occupo io", mi ha chiesto se posso andare a prendere in stazione "le tre incaute".
mercoledì 8 aprile 2015
un inequivocabile segno del mio fascino irresistibile
oggi, a lavoro, è arrivato un tizio a fare un colloquio.
il capo me lo presenta e io allungo la mano per stringere quella di alexander, l'aspirante nuovo collega.
lui prende la mia mano e invece di lasciarla dopo pochi istanti - come avrebbe fatto qualsiasi persona sana di mente - fa una specie di inchino e mi bacia la mano, appoggiando le labbra umide di saliva.
mi riprendo la mano, e con la discrezione che mi contraddistingue strofino il dorso sui jeans in modo plateale. mi allontano di due passi e faccio una faccia schifatissima.
il capo, che ha visto tutto, è rimasto sconvolto quanto me.
è andato in cucina e si è messo a camminare su e giù borbottando tra sé: er ist deppat. (questo è fuori)
quando alexander se n'è andato, mi ha salutata chiamandomi per nome.
il capo me lo presenta e io allungo la mano per stringere quella di alexander, l'aspirante nuovo collega.
lui prende la mia mano e invece di lasciarla dopo pochi istanti - come avrebbe fatto qualsiasi persona sana di mente - fa una specie di inchino e mi bacia la mano, appoggiando le labbra umide di saliva.
mi riprendo la mano, e con la discrezione che mi contraddistingue strofino il dorso sui jeans in modo plateale. mi allontano di due passi e faccio una faccia schifatissima.
il capo, che ha visto tutto, è rimasto sconvolto quanto me.
è andato in cucina e si è messo a camminare su e giù borbottando tra sé: er ist deppat. (questo è fuori)
quando alexander se n'è andato, mi ha salutata chiamandomi per nome.
sabato 4 aprile 2015
on tour
martedì il matematico è tornato dalla tappa statunitense del tour carico di jet lag e vestiti sporchi.
e mentre su vienna, il primo di aprile, cadeva la neve, io e il matematico ci affannavamo alla disperata ricerca di sandali, repellente per gli insetti, pantaloni corti e magliette da mettere nella valigia successiva per affrontare i 38 gradi di singapore.
giovedì abbiamo festeggiato la pasqua mangiando il tradizionale (e inquietantissimo) dolce a forma di agnello.
ieri, venerdì, se ne è ripartito per la terza tappa del "Generic I0 World Tour" che riprenderà prossimamente con una tappa inglese e una tedesca
e mentre su vienna, il primo di aprile, cadeva la neve, io e il matematico ci affannavamo alla disperata ricerca di sandali, repellente per gli insetti, pantaloni corti e magliette da mettere nella valigia successiva per affrontare i 38 gradi di singapore.
giovedì abbiamo festeggiato la pasqua mangiando il tradizionale (e inquietantissimo) dolce a forma di agnello.
ieri, venerdì, se ne è ripartito per la terza tappa del "Generic I0 World Tour" che riprenderà prossimamente con una tappa inglese e una tedesca
lunedì 30 marzo 2015
un'ora in meno
capita ogni anno, due volte all'anno.
per informarci dei passaggi dall'ora solare a quella legale e viceversa ci dicono che dormiremo un'ora in meno o un'ora in più.
ecco, solo per informarvi che io ho sempre dormito uguale. non è il tempo del dormire che si dilata o si restringe, è il tempo del vivere. e non capisco perché si ostinino a dirci che è quello dedicato al sonno, il tempo su cui le dilatazioni debbano accanirsi.
per informarci dei passaggi dall'ora solare a quella legale e viceversa ci dicono che dormiremo un'ora in meno o un'ora in più.
ecco, solo per informarvi che io ho sempre dormito uguale. non è il tempo del dormire che si dilata o si restringe, è il tempo del vivere. e non capisco perché si ostinino a dirci che è quello dedicato al sonno, il tempo su cui le dilatazioni debbano accanirsi.
giovedì 26 marzo 2015
il massimo della disperazione
ho trovato lavoro: per la quarta estate consecutiva servirò gelati in un posto che sembra uscito dalla mia infanzia: spaghetti gelato, gelato pinocchio o ape maia. avete presente?
il mio nuovo capo si chiama massimo. vorrebbe essere "il massimo del gelato" ma per quanto mi riguarda, al momento, è il massimo della disperazione.
cerca di gestire da solo una gelateria con 12 dipendenti e 50 tavoli all'aperto e proprio non ce la fa. la riapertura dopo l'inverno si sta rivelando una mission impossible per lui, e per me di conseguenza.
mi dice di andare alle 10 del mattino e quando arrivo è tutto chiuso e non c'è nessuno che mi apra la porta.
mi dice che il giorno dopo per me sarà libero e mentre sonnecchio al sole su una panchina mi chiama disperato e mi prega di andare perché l'altro cameriere è impedito e non ce la fanno.
mi dice "tra cinque minuti puoi andare" e dopo un'ora sono ancora lì, morta di fame per aver lavorato 9 ore consecutive senza pausa.
ma le premesse sono buone e, in teoria, quando inizieremo a lavorare a pieno regime e avrò dei turni stabiliti, sarà il lavoro più pagato che abbia mai avuto.
adesso devo solo convincere i miei soliti dolori cervicali che è tutto a posto e aspettare che il massimo della disperazione diventi il massimo del gelato.
il mio nuovo capo si chiama massimo. vorrebbe essere "il massimo del gelato" ma per quanto mi riguarda, al momento, è il massimo della disperazione.
cerca di gestire da solo una gelateria con 12 dipendenti e 50 tavoli all'aperto e proprio non ce la fa. la riapertura dopo l'inverno si sta rivelando una mission impossible per lui, e per me di conseguenza.
mi dice di andare alle 10 del mattino e quando arrivo è tutto chiuso e non c'è nessuno che mi apra la porta.
mi dice che il giorno dopo per me sarà libero e mentre sonnecchio al sole su una panchina mi chiama disperato e mi prega di andare perché l'altro cameriere è impedito e non ce la fanno.
mi dice "tra cinque minuti puoi andare" e dopo un'ora sono ancora lì, morta di fame per aver lavorato 9 ore consecutive senza pausa.
ma le premesse sono buone e, in teoria, quando inizieremo a lavorare a pieno regime e avrò dei turni stabiliti, sarà il lavoro più pagato che abbia mai avuto.
adesso devo solo convincere i miei soliti dolori cervicali che è tutto a posto e aspettare che il massimo della disperazione diventi il massimo del gelato.
mercoledì 18 marzo 2015
del perché farei meglio a leggere la posta
non ricevo molta posta cartacea, di solito è la banca, o qualche fondo pensione. tutte lettere che non apro mai, per evitare la frustrazione di non capire nulla. la speranza è quella che non sia niente che se trascurato possa farmi arrivare in prigione. (che è un po' come accettare le condizioni di utilizzo dei siti internet cui ci si iscrive senza leggerle.)
qualche giorno fa è arrivata un'altra lettera dalla banca e dato che aveva un formato e un volume diversi dal solito l'ho aperta, ho letto schwedenplatz e ho detto "e che me ne frega, la mia filiale è a schottenring".
vado alla mia banca di schottenring per prenotare per il matematico i dollari e i singaporini (nome che ho dato alla valuta di singapore, prima di sapere che a singapore usano il dollaro di singapore) e non ci trovo nulla. gli uffici sono vuoti.
penso alla lettera che avevo liquidato e decido che andare a schwedenplatz, una piazza poco distante, è la cosa giusta da fare.
e in effetti ci trovo una filiale della mia banca, in cui riconosco la tizia triste e anonima che stava all'ingresso della precedente filiale.
qualche giorno fa è arrivata un'altra lettera dalla banca e dato che aveva un formato e un volume diversi dal solito l'ho aperta, ho letto schwedenplatz e ho detto "e che me ne frega, la mia filiale è a schottenring".
vado alla mia banca di schottenring per prenotare per il matematico i dollari e i singaporini (nome che ho dato alla valuta di singapore, prima di sapere che a singapore usano il dollaro di singapore) e non ci trovo nulla. gli uffici sono vuoti.
penso alla lettera che avevo liquidato e decido che andare a schwedenplatz, una piazza poco distante, è la cosa giusta da fare.
e in effetti ci trovo una filiale della mia banca, in cui riconosco la tizia triste e anonima che stava all'ingresso della precedente filiale.
martedì 17 marzo 2015
come gli one direction
parte giovedì il "Generic I0 World Tour" che vedrà il matematico seminare il suo sapere in tre continenti diversi.
le tappe sono tre:
tappa europea, vienna, giovedì 19 marzo.
tappa americana, new york, 25marzo.
tappa asiatica, singapore, 8 aprile.
l'unica consolazione, per la sottoscritta sola a casa, è convincersi che il detto "dietro un grande uomo c'è una grande donna" sia vero.
le tappe sono tre:
tappa europea, vienna, giovedì 19 marzo.
tappa americana, new york, 25marzo.
tappa asiatica, singapore, 8 aprile.
l'unica consolazione, per la sottoscritta sola a casa, è convincersi che il detto "dietro un grande uomo c'è una grande donna" sia vero.
lunedì 16 marzo 2015
la zuccheriera
io e il matematico abbiamo una saliera, ma non abbiamo una pepiera né avevamo, fino a due giorni fa, una zuccheriera.
lo zucchero lo tenevamo nel sacchetto da un chilo che lui avrebbe voluto in cucina - per la colazione - e io avrei voluto in sala - per il tè del pomeriggio.
e così finiva che lui si lamentava al mattino per lo zucchero rimasto in sala e io nel pomeriggio per lo zucchero in cucina.
così una domenica ho annunciato al matematico: - dovremmo prendere una zuccheriera.
la notizia è stata presa con un misto di scherno e incredulità: - una zuccheriera? ma ci serve davvero? ce la potremo permettere? ci sarà abbastanza spazio?
fino a che venerdì, passando davanti a un negozio di carabattole, sono entrata e mi sono procurata "LA ZUCCHERIERA", un banalissimo contenitore di plastica dura trasparente, di forma cilindrica, con coperchio blu che potrà essere riciclato per qualunque uso.
- e poi, quando non ci dovrò più mettere lo zucchero potrei metterci il cacao, per esempio.
- non vedo l'ora di avere in casa la cacaiera - ha detto soddisfatto il matematico.
lo zucchero lo tenevamo nel sacchetto da un chilo che lui avrebbe voluto in cucina - per la colazione - e io avrei voluto in sala - per il tè del pomeriggio.
e così finiva che lui si lamentava al mattino per lo zucchero rimasto in sala e io nel pomeriggio per lo zucchero in cucina.
così una domenica ho annunciato al matematico: - dovremmo prendere una zuccheriera.
la notizia è stata presa con un misto di scherno e incredulità: - una zuccheriera? ma ci serve davvero? ce la potremo permettere? ci sarà abbastanza spazio?
fino a che venerdì, passando davanti a un negozio di carabattole, sono entrata e mi sono procurata "LA ZUCCHERIERA", un banalissimo contenitore di plastica dura trasparente, di forma cilindrica, con coperchio blu che potrà essere riciclato per qualunque uso.
- e poi, quando non ci dovrò più mettere lo zucchero potrei metterci il cacao, per esempio.
- non vedo l'ora di avere in casa la cacaiera - ha detto soddisfatto il matematico.
giovedì 12 marzo 2015
del perché su questo blog non è più possibile commentare
un blog è un luogo di scambio, chi lo scrive, di solito, lo fa per confrontarsi.
l'autrice di questo blog, come diceva in un altro post, è troppo fragile per reggere il confronto e il giudizio e ha deciso di chiudere i commenti.
da quando ha chiuso i commenti, l'autrice di questo blog riesce a scriverci più spesso, e ha quindi scongiurato la morte di questo luogo, che non è un luogo di scambio, ma solo un diario che scrive per sé, per tenere memoria del suo percorso, per sua sorella e per chi è curioso di sapere dov'è e cosa fa, senza doverglielo chiedere.
questo luogo è il contrario di fb, mentre su fb si posta solo la parte fichissima della propria vita ordinaria, per farla apparire meravigliosa (vacanze, feste, cene fuori), qui si trovano scorci di vita ordinaria, e nemmeno i più edificanti.
l'autrice di questo blog, come diceva in un altro post, è troppo fragile per reggere il confronto e il giudizio e ha deciso di chiudere i commenti.
da quando ha chiuso i commenti, l'autrice di questo blog riesce a scriverci più spesso, e ha quindi scongiurato la morte di questo luogo, che non è un luogo di scambio, ma solo un diario che scrive per sé, per tenere memoria del suo percorso, per sua sorella e per chi è curioso di sapere dov'è e cosa fa, senza doverglielo chiedere.
questo luogo è il contrario di fb, mentre su fb si posta solo la parte fichissima della propria vita ordinaria, per farla apparire meravigliosa (vacanze, feste, cene fuori), qui si trovano scorci di vita ordinaria, e nemmeno i più edificanti.
lunedì 9 marzo 2015
mancanza di fantasia
passo le giornate leggendo romanzi e scrivendone, inventando destini e opportunità per personaggi di carta, e poi, quando si tratta della mia vita, non ci riesco.
avevo giurato a me stessa "mai più stagione in gelateria a vienna, piuttosto la morte" e mi ritrovo da un mese a mandare cv e fare colloqui proprio per quel lavoro, che detesto, e a sentirmi sulle spine perché tra una decina di giorni le gelaterie riaprono e io sono senza lavoro, dopo essermi presa il lusso di rifiutare due posti.
è che l'anno scorso ho preso la prima cosa che è venuta, e ne sono uscita così prosciugata e isterica che avrei fatto meglio ad aspettare e valutare altre proposte, che sono arrivate dopo, quando avevo già accettato il lavoro che mi ha fatto arrivare alla fine dell'estate con 6 chili in meno (che ho tranquillamente ripreso durante l'inverno).
e quindi niente, potrei essere alle maldive a servire cocktail sulla spiaggia, o in sud america a salvare tartarughe in via d'estinzione, invece sono sempre a vienna, alla ricerca di un lavoro che non voglio fare, perché qualunque altra possibilità mi sembra incoerente e non in linea con il mio personaggio, pavido, lamentoso, incapace.
avevo giurato a me stessa "mai più stagione in gelateria a vienna, piuttosto la morte" e mi ritrovo da un mese a mandare cv e fare colloqui proprio per quel lavoro, che detesto, e a sentirmi sulle spine perché tra una decina di giorni le gelaterie riaprono e io sono senza lavoro, dopo essermi presa il lusso di rifiutare due posti.
è che l'anno scorso ho preso la prima cosa che è venuta, e ne sono uscita così prosciugata e isterica che avrei fatto meglio ad aspettare e valutare altre proposte, che sono arrivate dopo, quando avevo già accettato il lavoro che mi ha fatto arrivare alla fine dell'estate con 6 chili in meno (che ho tranquillamente ripreso durante l'inverno).
e quindi niente, potrei essere alle maldive a servire cocktail sulla spiaggia, o in sud america a salvare tartarughe in via d'estinzione, invece sono sempre a vienna, alla ricerca di un lavoro che non voglio fare, perché qualunque altra possibilità mi sembra incoerente e non in linea con il mio personaggio, pavido, lamentoso, incapace.
lunedì 2 marzo 2015
alcuni infiniti sono più grandi di altri
ognuno ha le sue idiosincrasie, le sue fisse, le sue battaglie perse.
la mia battaglia persa è quella contro i po' con l'accento e i perché con l'accento sbagliato. motivo per cui ho aperto un gruppo fb che si chiama grammarnazi italiani: lo uso per sfogare con i miei simili l'orticaria che mi viene ogni volta che trovo un refuso.
la battaglia persa del matematico è quella che vedete in figura. la frase "alcuni infiniti sono più grandi di altri" attribuita a john green, l'autore di colpa delle stelle, libro che io ho amato.
ora, qual è il problema?
il problema è che "alcuni infiniti sono più grandi di altri" non è una frasetta da baci perugina inventata da uno scrittore per teenager ma è un teorema di cantor, il teorema fondante la teoria degli insiemi, ovvero ciò su cui si basa tutta la vita del matematico, che è appunto un teorico degli insiemi.
quindi sapevatelo: "alcuni infiniti sono più grandi di altri" è un teorema di cantor.
per combattere la sua battaglia persa il matematico ha aperto il blog cantor on the shore, in cui spiega - in inglese - i riferimenti alla logica che si trovano nella vita quotidiana.
vi siete mai chiesti cosa significa "verso l'infinito e oltre"? lui sì, ovviamente.
io no, al massimo mi chiedo: "cos'è che cuciniamo stasera per cena?"
la mia battaglia persa è quella contro i po' con l'accento e i perché con l'accento sbagliato. motivo per cui ho aperto un gruppo fb che si chiama grammarnazi italiani: lo uso per sfogare con i miei simili l'orticaria che mi viene ogni volta che trovo un refuso.
la battaglia persa del matematico è quella che vedete in figura. la frase "alcuni infiniti sono più grandi di altri" attribuita a john green, l'autore di colpa delle stelle, libro che io ho amato.
ora, qual è il problema?
il problema è che "alcuni infiniti sono più grandi di altri" non è una frasetta da baci perugina inventata da uno scrittore per teenager ma è un teorema di cantor, il teorema fondante la teoria degli insiemi, ovvero ciò su cui si basa tutta la vita del matematico, che è appunto un teorico degli insiemi.
quindi sapevatelo: "alcuni infiniti sono più grandi di altri" è un teorema di cantor.
per combattere la sua battaglia persa il matematico ha aperto il blog cantor on the shore, in cui spiega - in inglese - i riferimenti alla logica che si trovano nella vita quotidiana.
vi siete mai chiesti cosa significa "verso l'infinito e oltre"? lui sì, ovviamente.
io no, al massimo mi chiedo: "cos'è che cuciniamo stasera per cena?"
venerdì 27 febbraio 2015
la nausea
da sempre le ore migliori della mia giornata sono quelle in cui dormo. appoggio la testa sul cuscino e mi addormento per risvegliarmi 8, 9 o persino 10 ore dopo. questo talento per il sonno-cascasse-il-mondo è un dono magnifico che purtroppo di recente è stato spesso funestato.
ieri notte dalla nausea. e non mi riferisco al libro di sartre, ma al matematico che tra le due e le quattro del mattino si è messo a girellare per casa, accendere luci, bere acqua gassata e mangiare liquirizia perché aveva la nausea. e poi perché doveva fare pipì, dato che aveva bevuto molta acqua gassata.
- ma non sono incinta - ha affermato guardandosi il rotolo di pancia che gli ha lasciato in eredità il viaggio negli stati uniti.
ieri notte dalla nausea. e non mi riferisco al libro di sartre, ma al matematico che tra le due e le quattro del mattino si è messo a girellare per casa, accendere luci, bere acqua gassata e mangiare liquirizia perché aveva la nausea. e poi perché doveva fare pipì, dato che aveva bevuto molta acqua gassata.
- ma non sono incinta - ha affermato guardandosi il rotolo di pancia che gli ha lasciato in eredità il viaggio negli stati uniti.
mercoledì 25 febbraio 2015
del perché questo blog sta morendo
quando ho iniziato a scrivere questo blog ero orgogliosa di me stessa, della mia vita, di quello che facevo. mi sentivo quasi eroica.
poi ci siamo trasferiti a vienna e a poco a poco mi sono lasciata sommergere dalle difficoltà oggettive, dall'isolamento, dall'impossibilità (reale o presunta) di realizzazione professionale e personale.
e ora sono tutt'altro che orgogliosa di me stessa, della mia vita, di quello che faccio. mi sento un'idiota.
quando si scrive un blog personale in cui si mette in mostra la propria vita bisogna essere solidi e forti per sopportare il giudizio degli altri, che prima o poi arriverà di sicuro. e io da parecchio tempo non sono abbastanza solida nemmeno per sopportare il mio impietoso giudizio su me stessa.
poi ci siamo trasferiti a vienna e a poco a poco mi sono lasciata sommergere dalle difficoltà oggettive, dall'isolamento, dall'impossibilità (reale o presunta) di realizzazione professionale e personale.
e ora sono tutt'altro che orgogliosa di me stessa, della mia vita, di quello che faccio. mi sento un'idiota.
quando si scrive un blog personale in cui si mette in mostra la propria vita bisogna essere solidi e forti per sopportare il giudizio degli altri, che prima o poi arriverà di sicuro. e io da parecchio tempo non sono abbastanza solida nemmeno per sopportare il mio impietoso giudizio su me stessa.
martedì 24 febbraio 2015
vuoto legislativo
io e il matematico abbiamo i turni per lavare i piatti. io li lavo da lunedì a venerdì e lui li lava nei weekend. nei giorni festivi infrasettimanali, a pranzo li lava lui.
oggi non è un giorno festivo, ma lui è rimasto a casa perché millanta di non stare tanto bene.
a chi tocca lavare i piatti del pranzo?
oggi non è un giorno festivo, ma lui è rimasto a casa perché millanta di non stare tanto bene.
a chi tocca lavare i piatti del pranzo?
martedì 17 febbraio 2015
carnevale
non ho mai amato il carnevale, soprattutto negli anni in cui mi vestivano da fatina obesa.
i carnevali più felici sono stati sicuramente quelli in cui sono stata travestita da pierrot, decisamente più vicino alla mia personalità. (credo di aver fatto modificare quel vestito a mia zia per almeno tre anni consecutivi, fino a quando, impietosita, mi ha cucito un nuovo costume, sempre da pierrot.)
da quando sono a vienna mi accorgo che è carnevale perché la vicina addobba la finestra che dà sul corridoio in base ai periodi dell'anno. ora un orribile topolino-arlecchino di cartoncino, sbiadito da millenni di esposizione, fa bella mostra di sé - circondato da stelle filanti - qui sul pianerottolo, e quindi ne deduco che sì, è carnevale.
quest'anno ho capito che era carnevale quando mi hanno mostrato via skype la mia nipotina duenne vestita da orso bruno.
oggi è stata una giornata no.
poi il matematico è tornato con un krapfen (il mio preferito, quello alla crema di un determinato panificio) e ho capito che era carnevale, ma anche qualcosa di più importante, immagino.
i carnevali più felici sono stati sicuramente quelli in cui sono stata travestita da pierrot, decisamente più vicino alla mia personalità. (credo di aver fatto modificare quel vestito a mia zia per almeno tre anni consecutivi, fino a quando, impietosita, mi ha cucito un nuovo costume, sempre da pierrot.)
da quando sono a vienna mi accorgo che è carnevale perché la vicina addobba la finestra che dà sul corridoio in base ai periodi dell'anno. ora un orribile topolino-arlecchino di cartoncino, sbiadito da millenni di esposizione, fa bella mostra di sé - circondato da stelle filanti - qui sul pianerottolo, e quindi ne deduco che sì, è carnevale.
quest'anno ho capito che era carnevale quando mi hanno mostrato via skype la mia nipotina duenne vestita da orso bruno.
oggi è stata una giornata no.
poi il matematico è tornato con un krapfen (il mio preferito, quello alla crema di un determinato panificio) e ho capito che era carnevale, ma anche qualcosa di più importante, immagino.
domenica 1 febbraio 2015
ma se chiama un avvocato...
su real time facevano un programma dal titolo "sepolti in casa" in cui mostravano gli appartamenti degli accumulatori compulsivi, gente che compra compra compra e non butta via niente, nemmeno la spazzatura, con l'ovvia conseguenza che in pochi anni queste persone si ritrovano a vivere in una sorta di discarica. camminano tra oggetti e rifiuti, molte stanze non sono più agibili, e a volte il bagno nemmeno funziona.
in una puntata di questo programma mostravano il caso particolarmente grave di una donna, laureata in giurisprudenza, che viveva in una situazione drammatica: i topi avevano letteralmente colonizzato la casa e tutto era intriso di urina e ricoperto degli escrementi di questi animali.
quando una delle persone che la stavano aiutando a sgombrare casa ha buttato in un sacco dei libri di giurisprudenza completamente inservibili, la donna l'ha fermata e le ha detto: "no, questi non li buttare. se chiama un avvocato per chiedermi consiglio mi servono".
ecco, il matematico non butta mai via nulla, ha le tasche piene di scontrini, biglietti dei mezzi, del cinema, volantini di mostre. ricopre il davanzale del corridoio con cataloghi e offerte del supermercato che non guarda nemmeno.
per favore, butta via quei calzini bucati, chiedo io speranzosa. e quella camicia? non vedi che ha tutto il colletto e i polsini lisi?
e lui risponde: no, se chiama un avvocato possono servire.
in una puntata di questo programma mostravano il caso particolarmente grave di una donna, laureata in giurisprudenza, che viveva in una situazione drammatica: i topi avevano letteralmente colonizzato la casa e tutto era intriso di urina e ricoperto degli escrementi di questi animali.
quando una delle persone che la stavano aiutando a sgombrare casa ha buttato in un sacco dei libri di giurisprudenza completamente inservibili, la donna l'ha fermata e le ha detto: "no, questi non li buttare. se chiama un avvocato per chiedermi consiglio mi servono".
ecco, il matematico non butta mai via nulla, ha le tasche piene di scontrini, biglietti dei mezzi, del cinema, volantini di mostre. ricopre il davanzale del corridoio con cataloghi e offerte del supermercato che non guarda nemmeno.
per favore, butta via quei calzini bucati, chiedo io speranzosa. e quella camicia? non vedi che ha tutto il colletto e i polsini lisi?
e lui risponde: no, se chiama un avvocato possono servire.
mercoledì 21 gennaio 2015
torta in tazza al microonde
dato che sono diventata una guru delle ricette al microonde ecco una dolcezza facilissima e veloce: la torta in tazza, da cuocere in pochi minuti nel microonde. queste sono le dosi per due tazze. la ricetta l'ho presa da qui.
4 cucchiai di zucchero
4 cucchiai di farina
4 cucchiai di cacao
3 cucchiai di latte
2 cucchiai di olio
1 uovo
mescolate gli ingredienti in una ciotola con un cucchiaio, nell'ordine in cui li vedete scritti, otterrete un impasto liscio e lucido che non dovrete far altro che dividere in due tazze. cuocete a 700 w per 4 minuti.
io ho usato la classica mug, per evitare che uscisse tutto. non fatevi fregare dalla consistenza gommosa che sembra avere una volta uscita dal forno. è cotta. se la cuocete ancora diventa di legno (parlo per esperienza diretta).
una spolverata di zucchero a velo ed è pronta per essere gustata con il cucchiaino.
4 cucchiai di zucchero
4 cucchiai di farina
4 cucchiai di cacao
3 cucchiai di latte
2 cucchiai di olio
1 uovo
mescolate gli ingredienti in una ciotola con un cucchiaio, nell'ordine in cui li vedete scritti, otterrete un impasto liscio e lucido che non dovrete far altro che dividere in due tazze. cuocete a 700 w per 4 minuti.
io ho usato la classica mug, per evitare che uscisse tutto. non fatevi fregare dalla consistenza gommosa che sembra avere una volta uscita dal forno. è cotta. se la cuocete ancora diventa di legno (parlo per esperienza diretta).
una spolverata di zucchero a velo ed è pronta per essere gustata con il cucchiaino.
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