sabato 30 novembre 2013

workout

l'idea di fare fatica per sembrare figa e tonica non mi è mai passata per la testa.
succede però che i dieci giorni passati nel letto da moribonda hanno trasformato il mio culo e le mie cosce, già non propriamente torniti e sodi, in terreno fertile per una cellulite in gran forma.
persino il mio scarsissimo amor proprio ha gridato allo scempio. era quindi necessario fare qualcosa. ma cosa?
piscina? no, non mi metto in costume da dieci anni e non ho intenzione di ricominciare nella promiscuità dei bagni austriaci.
palestra? no, troppo pigra. la palestra dei criceti, l'unica vicino casa, l'avevo già provata e ne ero scappata a gambe levate.
certo, ci sono le mie lunghe passeggiate sul donaukanal. ma non bastano. non più.
mentre mi arrovellavo sulla questione si è palesato provvidenzialmente sulla mia bacheca fb questo video, della durata di 37 minuti.

l'amica che l'aveva postato dichiarava di essere arrivata in fondo (per miracolo). incoraggiata da questo messaggio mi sono detta "proviamo".
ho fatto partire il video ed ho iniziato a ripetere i movimenti suggeriti. si parte con degli esercizi di riscaldamento che hanno l'unico scopo di evitare "injuries". arrivata al minuto sette, cioè ancora prima che iniziasse il training vero e proprio, ero già sudata e senza fiato. ho chiuso il video e sono tornata sul divano. il giorno dopo mi faceva male tutto.
la mia lotta alla cellulite finisce qui. e poco male, dato che il video serve a tonificare gli addominali.

giovedì 28 novembre 2013

capelli

lo sanno tutti che quando una donna cambia completamente taglio di capelli... è perché le è successo qualcosa.
io dopo l'operazione volevo farmi rasare a zero. era di venerdì, avevo già preparato la scusa per convincere la parrucchiera, "sa, la prossima settimana inizio la chemioterapia". guardandomi ci avrebbe creduto di sicuro, i miei cinquanta chili da bagnata, il mio pallore lunare.
poi quel venerdì ero così stanca che non ho trovato le forze per vestirmi, scendere le scale, attraversare la strada e farlo sul serio.
però alla fine i capelli li ho tagliati davvero. corti. non a zero perché il lunedì in cui sono andata dalla parrucchiera non mi odiavo tanto come mi odiavo il venerdì in cui mi sarei voluta rasare.
ora, però, questi capelli corti, li voglio anche azzurropillin.

mercoledì 27 novembre 2013

vita, scrittura (e masterpiece)

chiunque abbia scritto, o almeno provato a scrivere, un racconto o un romanzo sa che si scrive solo di ciò che si conosce.
l'unica fonte a cui si può attingere è la propria vita. non c'è scampo. quello che si legge, si ascolta, si guarda, si vive è l'unico materiale possibile per la scrittura.
non si può scrivere di quello che non si conosce, per il semplice fatto che non lo si conosce. un mio personaggio non potrà mai essere malato di (malattia che non conosco) per il semplice fatto che non l'ho mai sentita nominare. non so quali siano i sintomi, non so come si manifesti, quali organi colpisca, come ci si senta, come si possa guarire.
un mio personaggio invece potrà avere un fibroma uterino, potrà innamorarsi del suo ginecologo, soffrire di depressione post operatoria, ma potrà anche soffrire di colite ulcerosa o partorire o amare una persona del suo stesso sesso perché, anche se io non ho vissuto in prima persona nessuna di queste cose, ne sono stata in qualche modo sfiorata e riesco ad immaginare come possa essere.
anche nella scrittura vale la legge della conservazione della massa "niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma".
la vita di uno scrittore è una compostiera, viene tutto messo da parte a decomporsi per diventare scrittura. per la serie "dal letame nascono i fiori".
quindi tutto quello che un autore scrive è autobiografico, non in senso letterale, ma nel senso che le sue pagine hanno come unica fonte cui attingere la sua vita e le sue ossessioni.
quindi trovo disturbante che a masterpiece si voglia per forza far coincidere protagonista della narrazione e autore.
il romanzo parla di luca che si innamora di alice. e subito la domanda è: nella tua vita c'è un'alice? e ovviamente nella vita dell'autore un'alice c'è, ed ha anche tentato di uccidersi davanti a lui.
e allora? che cosa c'entra? la qualità del romanzo non ha nulla a che fare con la vita del suo autore. è la scelta della voce, del punto di vista, la selezione delle scene, il cosa mettere dentro e cosa tenere fuori dalle pagine che fa il romanzo.
insomma, per dirla con flaubert "madame bovary c'est moi". fatevene una ragione...

lunedì 25 novembre 2013

novembre

ho letto a ritroso tutti i post dei novembre passati.
mi sono chiesta: ma come ho fatto a scrivere dei post a novembre, gli anni scorsi?
e così me li sono riletti.
e ci ho trovato dentro tanta politica, qualche aneddoto succoso (tipo la volta che siamo rimasti chiusi in ascensore, o quella in cui ho fatto suonare l'allarme del roberto saviano della ristorazione), tanta fatica/tristezza/paura del futuro/voglia di restare a farsi coccolare nel tepore del piumone.
novembre era il mese delle luci d'artista, il mese del torino film festival.
ora è solo un mese freddo come gli altri.
però sono andata al cinema, a vedere "catching fire" in imax ed è stata un'esperienza visiva e sensoriale meravigliosa. (stupenda la scena del "vestito che si trasforma".) non vedo l'ora che esca la trilogia completa in ebook.
e poi hanno acceso le luci di natale anche qui, e c'è un palazzo altissimo sulla cui facciata "nevica", e un palazzo altissimo sulla cui cima è installata una guglia che fa le previsioni del tempo: lucine verdi il tempo migliora, lucine rosse il tempo peggiora, lucine bianche nevica...
certo, niente a che vedere con il volo dei numeri sulla mole, o del tappeto volante in piazza palazzo di città.
per il resto cerco di leggere, cerco di scrivere, cerco di trovare lavoro, cerco di camminare, cerco di aspettare senza farmi del male.

mercoledì 13 novembre 2013

cosa ho scoperto a mie spese

dopo una settimana di quasi immobilità, passata un po' in ospedale un po' a casa, a trascinarmi dal letto al bagno e viceversa, guardando film come se non ci fosse un domani (city of angel, se mi lasci ti cancello, shakespeare in love, sliding doors, hitch, una notte da leoni, harry ti presento sally), giocando a candy crush (sono arrivata all'ultimo livello! il 500), controllando compulsivamente le email, e facebook, e twitter, e il cellulare.
dopo una settimana senza passi e senza poter sentire in faccia l'aria, succede che i pensieri diventano stantii, che l'orizzonte si restringe, che l'infelicità stringe la gola e l'unica cosa che desideri è morire.
pensi che se vivessi almeno al settimo piano ti butteresti dalla finestra
che se avessi un cutter e una vasca da bagno da riempire d'acqua calda ti taglieresti le vene
che se avessi alcolici e antidepressivi li prenderesti fino a morirne, dimenticando di essere astemia
che se avessi il gas - e non le piastre a induzione - ti ci intossicheresti fino a smettere di respirare

l'unico pensiero lucido è la morte. tutto resto è un blob maleodorante che gli galleggia intorno, rendendo il pensiero della morte ancora più lucente.
si chiama depressione post operatoria, e io ci sono caduta in pieno.
e allora ieri, che c'era il sole, ho pensato che se dovevo morire, tanto valeva che mi trovassero morta sul donaukanal. così mi sono vestita, ho messo la sciarpa e i parorecchie pelosi e sono uscita.
ho fatto 3363 passi, ho sentito il sole e l'aria, ho respirato a pieni polmoni, ho guardato l'acqua scorrere e ho pensato che sono ancora viva. (una volta a casa sono stramazzata a letto)

c'è un fiume vicino casa, potrei riempirmi le tasche di sassi e annegarmici, come virginia woolf.
invece.

ps: se qualcuno volesse consigliarmi dei film da guardare nei prossimi giorni di immobilità i commenti sono aperti!

venerdì 8 novembre 2013

cose che ho imparato

un ospedale è un mondo parallelo in cui il tempo prende forme imprevedibili.

il camice per la sala operatoria e le calze anti trombosi hanno un loro fascino quasi erotico, che le mutande di rete e gli assorbenti di tessuto annientano all'istante.

i sedativi sono una cosa meravigliosa.

l'anestesia totale è una cosa meravigliosa.

risvegliarsi da un'anestesia totale è faticosissimo. la tua mente è lucidissima ma non ha alcun potere su alcuna parte del corpo.

quando esci da una sala operatoria dopo ore e ti svegli da un'anestesia totale non hai la più pallida idea di cosa ti abbiano fatto né di quanto tempo sia passato. per quello che ne sai potrebbero aver giocato a tria con il bisturi sulla tua pancia per dieci minuti, potrebbero averti amputato le gambe, potrebbero aver rischiato di ucciderti in cinque ore.

tuttavia non hai alcuna intenzione di toccare alcunché per accertarti di cosa sia successo. già il fatto di essere lucida ti sembra un traguardo.

il tuo senso del pudore, che fino a poco prima era moltissimo, non esiste più. ti lasci spogliare, guardare, lavare e toccare da chiunque.

gli antidolorifici non sono mai potenti quanto li vorresti.

con la persona che ti opera salvandoti la vita si crea una sorta di sindrome di stoccolma, o forse esiste già un nome specifico per il sentimento malsano che senti di nutrire per il ginechirurgo.

dopo aver conosciuto un sacco di dolori astratti (come nostalgia, solitudine, isolamento, depressione) provare del dolore fisico intenso, collocabile e definibile (mi fa male tutto. sento bruciare, tirare, strappare, premere, stringere...) è quasi un sollievo.

attività quotidiane come girarsi nel letto, alzarsi, sdraiarsi, ridere, tossire, starnutire, persino camminare, possono diventare improvvisamente imprese eroiche per quanto sono dolorose.


in ogni caso è andato tutto bene. sono a casa e spero presto di poter contare i passi non a decine, i pochi che faccio tra camera e bagno, ma a migliaia.

giovedì 7 novembre 2013

sbilanciamento

ho capito che è la persona giusta la prima volta che l'ho incontrato. ho sentito quella sintonia, difficile da instaurare con gli sconosciuti. ma con lui c'è stata da subito, l'ho sentita. non posso essermi sbagliata. ha riso alle mie battute, ha condiviso con me un momento intimo, di confidenze difficili, mi ha guardata negli occhi e la stretta di mano con cui ci siamo salutati è stata così calda che ho pensato che con lui sarei andata anche all'inferno, che davanti a lui avrei potuto metterti nuda e addormentata. poi ci siamo incontrati di nuovo, e di nuovo. e lui, tutte le volte, è riuscito in quello che credevo impossibile: dimostrare di non ricordarsi affatto di me. lui è il mio ginechirurgo, quello che ha promesso di togliermi in laparoscopia il fibroma di dieci centimetri che dilata il mio utero come se fossi al quarto mese di gravidanza. lui è quello che ha promesso che il giorno dopo l'operazione potrò tornare a casa e che la settimana successiva potrò riprendere le mie attività normalmente. davanti a lui dovrò mettermi davvero nuda e addormentata. in lui non posso far altro che riporre cieca e totale fiducia, aggrappandomi alla bella sensazione di quel primo incontro.