sabato 27 febbraio 2021

suor dianora


Frequento l'asilo marco volpe. Ci sono le suore. C'è un giardino. C'è una finestra da cui uno di noi, all'ora di andare via, controlla quando arriva il pulmino giallo che ci porterà a casa. Ci sono i bagni, se vai in bagno poi ci sarà qualcuno che vorrà ficcarti la canottiera dentro alle mutande, anche se lo trovi insopportabile. Ci sono i bavaglini e gli asciugamani contrassegnati da simboli, il mio è un rettangolo rosso su fondo viola. Non mi piace ma era uno dei pochi rimasti tra cui scegliere.

Ci sono i bicchieri, uguali a quelli che usiamo a casa, con sotto un numero. Quando ci sediamo, nei tavoli rotondi da cinque, prendiamo subito il bicchiere e guardiamo il numero. Chi ha il numero più alto vince.

La roba da mangiare mi fa schifo, la regola è che bisogna mangiare tutto quello che c'è nel piatto. Spesso mi ritrovo le guance piene di cibo masticato che non riesco a ingoiare. Altrettanto spesso passo il tempo a bere lunghe sorsate dopo ogni minuscolo boccone. I capelli d'angelo, a dispetto del nome, sono la cosa più schifosa di tutte. E non è un formato di pasta, ma cavolo cappuccio bianco, crudo, tagliato sottile.

La suora più terribile si chiama Suor Dianora.

Un giorno, dopo pranzo, siamo tutti seduti in semicerchio attorno a qualcuno, forse Suor Dianora stessa, che ci chiede: - Chi di voi ha dei genitori che danno sberle e sculacciate?

Io mi guardo intorno, indecisa se alzare la mano o meno. Cerco di capire se sono l'unica, se anche gli altri hanno un papà con la mano pesante. So per certo che dovrei farlo, alzare la mano, ma non sono sicura che sia la risposta giusta, quella che vuole sentirsi dare. Sono ben consapevole che le domande degli adulti sono dei trabocchetti, non servono a scoprire cosa pensi, o cosa sia successo, o cosa sia vero. Servono a capire se sei dalla parte giusta o dalla parte sbagliata.

Ho la netta sensazione che le botte di mio padre siano orribili, ma non sono sicura che rivelare la verità in questo caso sia opportuno, magari se le suore sapessero, prenderebbero provvedimenti, gli direbbero di smettere, e a quel punto mio padre invece di farla finita, continuerebbe con maggior violenza.

Alla fine non alzo la mano. Ma capisco presto che è la cosa sbagliata, perché Suor Dianora, o chi per lei, dice: - Vedete, voi che avete la mano alzata siete dei bambini fortunati, vuol dire che i vostri genitori vi vogliono bene.

Ora Suor Dianora pensa che mio padre non mi vuole bene, e in effetti anch'io lo penso, ma per il motivo opposto.

giovedì 25 febbraio 2021

la sagra del pomodoro


È una sera d'estate. Ho 3 o 4 anni. Sono alla sagra del pomodoro con mia mamma e mia sorella. È una festa di paese, c'è la pista da ballo, ci sono i tavoli di legno con le zampe di metallo verdi ripiegabili e le lunghe panche abbinate, c'è tanta gente conosciuta, adulti e bambini. 

Mia madre mi lascia a giocare con qualcuno. A un certo punto mi scappa la pipì, cerco mia madre con lo sguardo e non la trovo, chiedo a qualcuno se l'ha vista, ma nessuno sa dove sia. 

Mi scappa la pipì e decido che la cosa giusta da fare è tornare a casa, da sola. La strada è breve, la conosco a memoria, l'ho percorsa molte volte, si tratta di passare sulla stradina accanto alla casa di Rica, poi si attraversa la strada asfaltata e si cammina sul ciglio fino a quando si raggiunge il cancello di casa. È facile. E lo faccio.

Una volta arrivata sullo zerbino, abbasso la maniglia, ma la porta è chiusa, la mamma e la Cinzia non ci sono e mi scappa la pipì.

Poco dopo arriva papà, ferma la macchina nel cortile. È appena tornato dal lavoro. Scende e chiede: - Cosa ci fai lì? Dove sono la mamma e la Cinzia?

Gli racconto della festa del pomodoro, del fatto che non trovandole più fossi tornata a casa per fare la pipì. Alza la voce, mi scuote, sbraita e la pipì scende calda lungo le gambe, inzuppa i calzini e arriva fin dentro le scarpe. E poi arriva mia madre, e anche lei mi scuote e sbraita e chiede cosa mi sia passato per la testa. 

Entriamo in casa, e forse si accorgono che la pipì mi è scappata davvero e vengo cambiata e siamo tutti in camera, seduti sul pavimento con i miei genitori che mi urlano di non farlo mai più, che gli ho fatto prendere uno spavento, che mai al mondo mi avrebbero lasciata sola senza avvertire, che anche se io non li vedevo, loro vedevano me, che la strada è pericolosa, trafficata, non illuminata e avrei potuto finire investita sotto una macchina.

Piango, piangiamo tutti, credo. 

martedì 23 febbraio 2021

il fucile di cechov

Mio nonno andava a caccia. Non so a quali animali sparasse, forse agli uccelli. Non so se mi sia capitato di mangiare qualcuna delle sue conquiste, con contorno di patate al forno. Il suo fucile, quando è morto, è diventato di mio padre. Teneva i piccoli proiettili nella sua officina, a destra della piccola porta in legno, sulla cui cornice io e mia sorella segnavamo i nostri progressi in altezza, cercando sempre di spingere la penna un po' più su, per sembrare più alte. Appeso alla porta, verso l'interno, c'era sempre un calendario con le donne nude, cui io e mia sorella disegnavamo mutande e reggiseni usando pennarelli indelebili a punta piatta. Litigavamo sempre per avere l'onere, o l'onore, di rivestirle mese per mese.

I proiettili del fucile erano in una scatoletta di cartone. Erano piccoli. Presi singolarmente non sembravano un granché, ma la scatola, tutta insieme, era pesantissima. Mio padre li chiamava pallini, credo.

Il fucile non ricordo dove fosse riposto, non ricordo nemmeno di aver mai visto mio padre sparare.

Adesso è in taverna, in un armadio portafucili a tre posti. Due sono occupati. Il secondo fucile è arrivato dopo. Secondo Cechov spareranno ancora.



domenica 21 febbraio 2021

col binocolo


Chiama mia madre.
- Ciao.
- Ciao.

Non abbiamo niente da dirci
- Qui fa caldo (freddo) - dice lei.
- Anche qui.
- Ma non è tanto il caldo (freddo) è piuttosto l'umidità.
Parliamo del tempo
- Cosa mi racconti?
- Al solito.
- Anche qui.
Continuiamo a non avere nulla da dirci. Tutte le nostre chiamate sono così: ciao, fa freddo (caldo), tutto al solito. Non abitiamo nemmeno abbastanza distanti da poter confrontare condizioni meteorologiche molto differenti.
Ho iniziato ad andare da una psicoterapeuta. Ho voglia di ammazzarmi. È l'unica cosa che sento. Ma non posso dirlo a mia madre. Quando ci ho provato, ha detto: - Vuoi farmi star male.
Quindi, non potendo dire la verità: tutto a posto.
Dice: - Sì. E poi papà ha dato uno schiaffo a Caterina.
- Come mai? - chiedo.
- Eh, erano in giardino, e papà stava raccogliendo le foglie e lei continuava a rovesciarle.
Ma certo, perché non picchiare una bambina di tre anni mentre gioca.
- Sai com'è lei, lo provoca, e lui se la prende.
No, non so com'è lei, la vedo una volta all'anno. Però so com'è mio padre, e so com'è mia madre e so che anche se me ne sono andata di casa da quasi vent'anni, non è cambiato niente nelle loro dinamiche.
Mio padre alza le mani; lei lo difende. Sempre.
È sempre colpa degli altri se lui è violento. Nella mia famiglia funziona così, se le prendi non è che lui è uno stronzo che alza le mani per nulla, è colpa tua, che lo provochi. Non importa se hai tre anni e la sola colpa di avere tre anni e di fare quello che fa una bambina di tre anni: giocare, toccare, sperimentare, scoprire.
Avrei voluto essere lì, per proteggere quel cespuglio di ricci biondi. O forse è solo che vorrei proteggere la me stessa bambina da tutta quella brutalità, ma non è possibile. La bambina che sono stata non può essere più difesa. Mi sembra assurdo che sia l'unica a pensare che Caterina deve essere protetta. Ma a quanto pare persino mia sorella - sua madre - è tranquilla. Tutto a posto. Siamo cresciute a ceffoni e stiamo bene. Tranne io, che sono in terapia e preferirei essere morta. Ma loro non vogliono saperlo, quindi nessun problema.
Se avessi dei bambini, non li farei vedere a mio padre nemmeno col binocolo. Ma non avrò dei bambini, non li voglio, non riesco a badare nemmeno a me stessa, non saprei proteggerli da mio padre, e forse non saprei impedir loro di cadere nei miei buchi neri.

venerdì 19 febbraio 2021

con la carabina


Siamo al mercato, passeggiamo tra bancarelle di fiori e vestiti. Forse mia madre si ferma a prendere della frutta o della verdura, proprio accanto alla bancarella che vende mandorle caramellate, rotelle di liquirizia, caramelle gommose. Il profumo di zucchero è inebriante. Guardo le caramelle a forma di coca cola, di uova al tegamino, di banana e di fragola. Quelle che dovrebbero sapere di banana sanno di sapone, e quelle a forma di coca cola hanno un gusto di limone frizzante che adoro. 
- Mi compri le caramelle?
Mia madre mi trascina via: - Fanno venire le carie ai denti - dice.
Altre volte papà me le ha comprate, e non facevano venire le carie. Mentre torniamo verso la macchina vedo l'omino che vende palloncini pieni d'elio. Non ne ho mai avuto uno.
- Mi compri un palloncino?
- No.
- Dai, almeno il palloncino.
- Costa troppo.
- Per favore.
- Si sgonfia in pochi giorni.
- Ma non fa venire le carie.
Mia madre cede. Me lo lega al polso: - Non slegarlo - si raccomanda - altrimenti vola via.
A casa, nel pomeriggio, il filo del mio palloncino scivola tra le mie dita, e si alza in volo.
Corro da mio padre e gli chiedo se può riportarlo giù, lui può sempre tutto. Quando si rompe qualcosa è sempre lui ad aggiustarlo. In paese è conosciuto per il suo talento e gli portano tosaerba e motoseghe singhiozzanti, lo pregano di andare a casa loro a dare un'occhiata a lavatrici che allagano il bagno o lo scantinato, a caldaie che nel pieno dell'inverno smettono di scaldare l'acqua e lasciano famiglie al freddo. E lui accontenta tutti usando sapientemente gli attrezzi della sua pesantissima cassetta.
Quando gli indico il mio palloncino già lontano e sempre più piccolo gli chiedo: - Puoi tirarlo giù?
E lui risponde: - Certo, con la carabina.
Ma non si muove, resta in cortile a soffiare il fumo della sigaretta, e io mi chiedo perché, se con la carabina – qualsiasi cosa sia – può riprendere il mio primo palloncino di elio, non lo stia facendo.

mercoledì 17 febbraio 2021

pecca di poco ordine


Sono in seconda elementare, sono brava a scuola, sono sveglia. La maestra Frigimelica mi adora e io adoro lei. So leggere e scrivere e so che po' si scrive con l'apostrofo. Ho tutti i quaderni copertinati e le penne della Replay che “Scrive cancella e riscrive. Magica replay”.

Mi piacerebbe avere crystal ball, “non rompe niente e poi non macchia, ci puoi far cose divertenti mille colori differenti gioca un po' con crystal ball”. E mi piacerebbe avere pisolone “per un dolce sonnellino, per guardare la tv”.

Mia sorella maggiore vorrebbe avere la baby mia “ho sonno. Buonanotte”. E infatti ce l'ha. Va anche al corso di ginnastica artistica e sa fare la ruota, la rondata, la capriola e la spaccata.

I compiti me li devo fare da sola, il massimo della preoccupazione riguardo ai miei compiti per casa viene da mia madre che ogni sera chiede “hai fatto i compiti?”. E io rispondo sì.

Poi, quando arriva il colloquio con le maestre, mio padre si presenta dalla signora Frigimelica con i quaderni di mia sorella che sa fare la ruota, la rondata, è in quinta elementare e scrive meglio di me (come qualsiasi bambino di quinta elementare).

Mio padre mostra alla maestra i quaderni di mia sorella e i miei. Le dice “vede: questo è un quaderno ordinato, questo no. Questa è una bella grafia, questo obbrobrio non si può vedere”.

Mio padre è sempre stato un fanatico delle aste dritte, della penna impugnata come si deve, degli spazi gestiti in modo sensato. E io, a suo dire, ho sempre tenuto la penna in modo abominevole e non gli ho mai dato la soddisfazione di una t con la schiena dritta.

Diretta conseguenza del mio modo poco ortodosso di tenere la penna, era il fatto che il gomito del mignolo passava sopra le parole scritte e trascinava l'inchiostro della magica replay su tutta la pagina, che alla fine era una grande nuvola azzurra o nera.

Il gomito del mio mignolo, quando frequentavo la seconda elementare e avevo la maestra Frigimelica, era grosso e calloso e sempre colorato di blu o di nero. Scrivere era faticosissimo, ricordo la fatica di incidere le lettere sulla carta come se la punta della penna fosse un aratro che deve farsi largo nella terra.

Il gomito del mignolo di mia sorella era pulito e impeccabile come la sua ruota, la sua spaccata e la sua rondata.

Alla fine della seconda elementare, sulla mia pagella, la maestra Frigimelica aveva scritto “pecca di poco ordine”.


lunedì 15 febbraio 2021

no berger



È domenica, ho 6 o 7 anni.
È maggio, c'è il sole, il cielo è azzurro, i fiori colorano il prato, fioriscono nei vasi. Sono sola in giardino. Dondolo piano sull'altalena, guardando i piedi che puntano il terreno per darmi una piccola spinta. Il giradischi di mio padre, una scatola rossa con il manico, manda in loop una canzone triste.
Il mio cane è morto.
Quando entro in casa mi affaccio in cucina, mio padre sta guardando “le corse”. A un tratto un'auto rossa esce di pista e mio padre si alza di scatto e grida: “No Berger, no Berger, no Berger”.
Domani sarà lunedì, devo fare i compiti, scrivere un tema sulla mia domenica. Racconto dell'altalena, del mio cane che è morto, di mio padre, che grida “No Berger” al televisore. La maestra Frigimelica corregge il tema, segna in rosso una frase che comincia con E. Scrive “Molto bene”. 
Quando mio padre lo legge si mette a ridere. Non capisco cosa ci sia da ridere nel mio tema. Pensavo di aver scritto un tema molto triste, su una domenica molto triste, una domenica in cui avrei voluto essere come il mio cane: morta.

sabato 13 febbraio 2021

mio padre è una ghiandaia

 
C'è un libro, è rivestito di carta pastificata liscia, di colore verde scuro. È un libro sugli uccelli. Ingiallito. Un po' squadernato. Di quelli pagati poche lire, nella seconda metà del ventesimo secolo. Se lo tieni tra due mani si apre da solo dove è stata lasciata una piuma, a tratti azzurra. È la piuma di una ghiandaia nella pagina del libro dedicata alla ghiandaia, un uccello solitario, più grande di un passero, più piccolo di una gazza.

A sinistra c'è il testo, a destra la foto. Non so chi abbia lasciato la piuma, non so di chi sia il libro, se di mio padre o di mio nonno. Non so dove sia il libro, ora. Una volta ho provato a cercarlo: in cantina, a casa dei miei genitori, nel solaio della casa dei miei nonni. Non so a cosa mi sarebbe servito. Non mi importano gli uccelli, non li distinguo. Forse cercavo quella piuma, forse volevo assicurarmi che il testo fosse davvero a sinistra e la foto a destra. Forse volevo sapere quanto le abitudini di quell'uccello solitario assomiglino alle mie, a quelle di mio padre.


domenica 7 febbraio 2021

food advisor delle frittelle alla crema


per dare a questo povero febbraio un motivo per essere ricordato, ho proposto al matematico di decretare quale fosse la miglior frittella alla crema di udine. il matematico, che evidentemente mi ama molto (o forse ama molto i dolci), ha accettato prontamente di sostenermi in questo arduo compito.

al motto di: "è un duro lavoro ma qualcuno lo deve pur fare", un giorno sì e uno no entro in una nuova pasticceria e prendo delle frittelle alla crema.

alle 16 viene allestito in salotto il tavolo della giuria, vengono disposte le frittelle su un piatto e i giudici (io e il matematico), valutano la dimensione, la forma, la consistenza, l'untuosità della frittura, la quantità di crema, le qualità organolettiche della suddetta crema e dell'impasto. dato che sono io a comprare le frittelle, io valuto anche il rapporto qualità prezzo.

i voti vengono espressi in modo indipendente e solo alla fine io e il matematico li confrontiamo. a questo punto, per rendere il tutto più serio e solenne, li inseriamo in un file di excel.

al momento al primo posto ci sono le frittelle di D&G dolci tentazioni di via treppo, piene di crema fino a scoppiare, un po' untine, ma veramente buone.

al secondo posto le frittelle della Pasticceria Simeoni di via mantica, enormi, piene di ottima crema, molto unte, ma una vera goduria.

al terzo posto le frittelle del Caffè Beltrame di via cosattini, un po' meno unte, ottimo impasto, ma la crema ha un sapore liquoroso che né a me né al matematico è piaciuto.

abbiamo ancora una decina di giorni per scofanarci di frittelle alla crema. siamo consapevoli della responsabilità e dell'impegno che questa sfida comporta, ma le frittelle alla crema hanno bisogno di eroi. e noi non ci tireremo indietro. 😂