sabato 13 marzo 2021

buon compleanno

In occasione del mio ultimo compleanno,
mio padre mi ha dato una delle sue solite buste. Non l'ho ancora aperta, non ne ho avuto il coraggio. L'ho ficcata in un cassetto e ho pensato che non c'era questa gran fretta di aprirla.
Le buste di mio padre sono prevedibili, dentro ci sono 500 euro e un biglietto. Il biglietto è un'innovazione piuttosto recente. I 500 euro li rifilo a una sorella o all'altra, a turno. Spesso sposto le stesse banconote dalla busta in cui le ho ricevute in una nuova. È un modo per dire “io i tuoi cazzo di soldi non li voglio, non so che farmene”. E il fatto che le banconote siano proprio le stesse mi fa sentire più coerente nel mio intento.
L'ultima volta – i cinquecento euro di Natale – li ho spesi, non avevo tempo né voglia di andare a prelevare, e nella fretta ho attinto alla busta di mio padre.
Lui non sa che faccio così coi suoi regali, all'inizio li rifiutavo platealmente, lasciavo la busta nella vetrina dove mia madre tiene le tazze del servizio buono o sotto a un centrotavola.
Adesso devo fingere di accettarli e poi fare tutti questi giri di nascosto.
L'assegno da mille e cinquecento euro che mi ha dato nel 2010 è dentro a un libro. Il primo romanzo in tedesco che ho acquistato quando mi sono trasferita a Vienna: “Gut gegen Nordwind”. Non sono mai riuscita ad arrivare in fondo a quel libro, perché non sono mai riuscita a imparare abbastanza tedesco. Adesso, quel libro, con dentro quell'assegno, è nella scatola della vergogna, l'unico scatolone del trasloco che non ho svuotato, quello con dentro tutti i problemi irrisolti, le rogne, le cose che spero non mi serviranno mai più. Tipo la grammatica tedesca, tipo quell'assegno ancora da incassare.
Mi immagino un giorno a riscuotere quei soldi, magari per contribuire alle spese del funerale di mio padre, comprare la bara con i chiodi più grossi e più solidi.
Ma non succederà. Scopro ora che gli assegni possono essere incassati entro una settimana dall'emissione. Peccato.

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