quando al mare era il momento del bagno, mio padre sosteneva che avrei dovuto buttarmi in acqua tutta in una volta invece di perdere tempo sul bagnasciuga andando un po' avanti e un po' indietro come facevo io.
mio padre è un sostenitore dell'innovazione, dei cambiamenti che vanno presi di petto e portati avanti con la determinazione di un carro armato.
io, senza saperlo, ho sempre praticato il metodo kaizen.
il metodo kaizen sostiene che i cambiamenti più importanti e duraturi non si ottengono con stravolgimenti epici ma a piccolissimi passi.
smettere di fumare da un giorno all'altro, iniziare una dieta, smettere di mangiarsi le unghie, iniziare a passare quotidianamente il filo interdentale. sono tutte cose che fatichiamo a fare, terrorizzati dalla paura del fallimento, dallo stravolgimento che questo porterebbe nella nostra vita o convinti di non avere tempo o costanza.
secondo il metodo kaizen bisogna familiarizzare con il cambiamento senza traumi, fare in modo che la paura non diventi castrante. per questo motivo bisogna avvicinarsi all'obiettivo con moltissima gradualità scomponendo l'azione in piccolissimi passi, che quasi sembrano non aver nulla a che fare con quello che vogliamo raggiungere. proprio come entrare in acqua un passo alla volta. stare con i piedi a mollo in cinque centimetri d'acqua non ha nulla a che fare con farsi una nuotata, ma essere lì, guardare gli altri che nuotano, prendere confidenza con l'acqua, la temperatura, la sensazione della sabbia sotto i piedi è fondamentale, serve per familiarizzare con la situazione.
in un certo senso è come il dilemma del covone di fieno: quante pagliuzze ci vogliono per fare un covone di fieno? realizzare un covone di fieno da un giorno all'altro sembra faticosissimo e fuori portata. il metodo kaizen consiste nel mettere una pagliuzza al giorno. una pagliuzza non è un covone di fieno, ma a suon di pagliuzze arriveremo ad avere un covone di fieno quasi senza accorgercene.
ecco, credo che vienna abbia usato su di me il metodo kaizen per trasformarmi in una che detesta correre e mai al mondo lo farebbe, in una che ieri ha sentito chiaramente un'emozione che ha sempre considerato contronatura: il bisogno di correre.
dopo avermi mostrato quotidianamente, per anni, gente di tutti i tipi che corre con qualunque condizione atmosferica. dopo aver convinto a correre persino il matematico - l'antisportivo per eccellenza, dopo avermi fatto consumare di passi lungo il donaukanal, dal 5 agosto sono anch'io una che corre.
per saperne di più sul metodo kaizen (che in questo post ho molto semplificato e banalizzato) vi consiglio la lettura di questo libro.
venerdì 28 agosto 2015
domenica 23 agosto 2015
storie di ordinaria frustrazione
tra una decina di giorni saranno 5 anni a vienna.
i due episodi che vi sto per raccontare sono accaduti rispettivamente venerdì e poche ore fa.
è da almeno un anno che devo fare questa telefonata e ogni giorno che passa diventa sempre più urgente. lo so. ma è oltremodo detestabile telefonare in una lingua straniera. chi ci ha provato sa che la conversazione telefonica è molto più difficile di qualsiasi scambio faccia a faccia. una conversazione che di persona non vi creerebbe alcuna difficoltà, al telefono può diventare difficilissima, se chi vi risponde parla una lingua che non è la vostra.
tuttavia, dopo un anno di ripensamenti e resistenze prendo il cellulare, compongo il numero, resto a guardarlo sul display, deglutisco e infine chiamo. sento il cuore battere in gola, strofino il palmo della mano libera sui pantaloni. e poi parte la dannata segreteria telefonica.
dice presumibilmente che la dottoressa è in ferie, ma non capisco nemmeno da quando a quando.
e so che probabilmente ci vorranno altri sei mesi prima che ritrovi il coraggio di fare quella chiamata.
esco da lavoro e ho fame. è pomeriggio, non fa caldo ma c'è il sole. ho il kindle in borsa e l'idea di mangiare qualcosa all'aperto leggendo è allettante.
mi fermo in un posto che fa cotolette e ne ordino una. non è chiaro se sia un self service o sia previsto il servizio al tavolo, per cui dopo aver guardato il menu entro e ordino una cotoletta con le patatine e dell'acqua. anche se con qualche difficoltà, il tizio - tatuato e muscoloso - pare capirmi e dopo qualche minuto mi porta ciò che ho chiesto.
dopo aver divorato una bistecca grande due palmi decido che mi merito anche il dolce. l'unico che hanno è il tortino al cioccolato che si chiama mohr im hemd.
quando il tizio esce per servire la nuova cliente che si è seduta nel tavolo accanto, gliene ordino uno.
ora, questa è la quarta stagione in cui lavoro come cameriera, se c'è una cosa che sono certa di saper fare in tedesco è ordinare del cibo. non potrò disquisire di alta finanza ma qualsiasi tipo di interazione cliente-cameriere mi è a dir poco familiare, quindi penso di essere abbastanza brava a ordinare un mohr im hemd. la gelateria dell'anno scorso ce l'aveva persino!
il tizio mi guarda esterrefatto, non ha capito, ripeto. non ha capito. ripeto.
ora, hai tre stronzate il croce nel tuo menu, ti sto ordinando qualcosa che nel tuo menu è presente, dovresti avere abbastanza "expectancy grammar" per capire cosa cazzo ti sto chiedendo.
invece no, ripeto tre volte mohr im hemd senza che lui capisca. poi, improvvisamente, il criceto che muove i suoi neuroni e l'altre stelle si sveglia e ripete mohr im hemd in quella che dev'essere la pronuncia ufficialmente riconosciuta della parola.
ottengo il mio sudatissimo dolce, che a questo punto ha un sapore terribilmente amaro.
quando chiedo il conto il tizio mi porta un foglietto con su scarabocchiata una somma e dice il totale... in inglese.
gli ho pure lasciato 80 centesimi di mancia. ma probabilmente dato che sono così straniera non si sarebbe nemmeno arrabbiato se mi fossi fatta dare il resto.
i due episodi che vi sto per raccontare sono accaduti rispettivamente venerdì e poche ore fa.
è da almeno un anno che devo fare questa telefonata e ogni giorno che passa diventa sempre più urgente. lo so. ma è oltremodo detestabile telefonare in una lingua straniera. chi ci ha provato sa che la conversazione telefonica è molto più difficile di qualsiasi scambio faccia a faccia. una conversazione che di persona non vi creerebbe alcuna difficoltà, al telefono può diventare difficilissima, se chi vi risponde parla una lingua che non è la vostra.
tuttavia, dopo un anno di ripensamenti e resistenze prendo il cellulare, compongo il numero, resto a guardarlo sul display, deglutisco e infine chiamo. sento il cuore battere in gola, strofino il palmo della mano libera sui pantaloni. e poi parte la dannata segreteria telefonica.
dice presumibilmente che la dottoressa è in ferie, ma non capisco nemmeno da quando a quando.
e so che probabilmente ci vorranno altri sei mesi prima che ritrovi il coraggio di fare quella chiamata.
esco da lavoro e ho fame. è pomeriggio, non fa caldo ma c'è il sole. ho il kindle in borsa e l'idea di mangiare qualcosa all'aperto leggendo è allettante.
mi fermo in un posto che fa cotolette e ne ordino una. non è chiaro se sia un self service o sia previsto il servizio al tavolo, per cui dopo aver guardato il menu entro e ordino una cotoletta con le patatine e dell'acqua. anche se con qualche difficoltà, il tizio - tatuato e muscoloso - pare capirmi e dopo qualche minuto mi porta ciò che ho chiesto.
dopo aver divorato una bistecca grande due palmi decido che mi merito anche il dolce. l'unico che hanno è il tortino al cioccolato che si chiama mohr im hemd.
quando il tizio esce per servire la nuova cliente che si è seduta nel tavolo accanto, gliene ordino uno.
ora, questa è la quarta stagione in cui lavoro come cameriera, se c'è una cosa che sono certa di saper fare in tedesco è ordinare del cibo. non potrò disquisire di alta finanza ma qualsiasi tipo di interazione cliente-cameriere mi è a dir poco familiare, quindi penso di essere abbastanza brava a ordinare un mohr im hemd. la gelateria dell'anno scorso ce l'aveva persino!
il tizio mi guarda esterrefatto, non ha capito, ripeto. non ha capito. ripeto.
ora, hai tre stronzate il croce nel tuo menu, ti sto ordinando qualcosa che nel tuo menu è presente, dovresti avere abbastanza "expectancy grammar" per capire cosa cazzo ti sto chiedendo.
invece no, ripeto tre volte mohr im hemd senza che lui capisca. poi, improvvisamente, il criceto che muove i suoi neuroni e l'altre stelle si sveglia e ripete mohr im hemd in quella che dev'essere la pronuncia ufficialmente riconosciuta della parola.
ottengo il mio sudatissimo dolce, che a questo punto ha un sapore terribilmente amaro.
quando chiedo il conto il tizio mi porta un foglietto con su scarabocchiata una somma e dice il totale... in inglese.
gli ho pure lasciato 80 centesimi di mancia. ma probabilmente dato che sono così straniera non si sarebbe nemmeno arrabbiato se mi fossi fatta dare il resto.
giovedì 20 agosto 2015
in tandem verso roma
riassunto delle puntate precedenti: ho due sorelle, una di tre anni più grande e una di otto anni più piccola. di solito quando dico "mia sorella" non specifico di quale stia parlando, al punto che è possibile che qualcuno per anni abbia pensato che ne avessi una sola.
anche se non è particolarmente rilevante ai fini di questo post, parlerò di mia sorella, quella più piccola.
mia sorella più piccola ha un fidanzato che ha costruito apposta per loro un tandem, unendo due vecchie bici. durante l'inverno si sono allenati e hanno organizzato il loro viaggio, da ppp (piccolo paese piovoso del friuli) a roma. oggi, dopo 5 giorni di pedalate, sono arrivati a loreto, dove si fermeranno per qualche giorno per ripartire alla volta di roma.
io trovo che questa cosa del viaggio in tandem costruito mettendo insieme due vecchie biciclette sia una metafora dell'amore bellissima, con talmente tante sfaccettature che tentare di spiegarle sarebbe riduttivo.
mesi fa approfittando di una svendita di abiti da sposa mia sorella (sempre quella piccola) se n'è comprato uno. credo che lo userà presto, anche se quando l'ha acquistato, il tandem - forse - non esisteva ancora.
(messaggio per mia sorella: ok il matrimonio, ma non sono pronta per diventare zia, quindi andateci piano!)
giovedì 13 agosto 2015
sogno o son desto?
è da settimane ormai che tutte le notti sogno di lavorare in gelateria.
so che "tutte le notti" potrebbe sembrare un eufemismo, un modo per dire spesso, parecchie volte. invece no. tutte le notti significa che tutte le mattine, al risveglio, ricordo di aver fatto il lavoro che effettivamente faccio: vendere gelato.
non sono quasi mai sogni traumatici in cui devo affrontare l'imbarazzo di servire gelato completamente nuda o in cui ci sono formiche nelle vaschette di gelato o in cui c'è una quantità di clienti tale per cui mi sento molto stressata.
la maggior parte delle volte è semplicemente il lavoro che svolgo normalmente, replicato, con la differenza che per tutti gli straordinari notturni non vengo pagata, e allora varrebbe la pena smettere di vendere gelato e iniziare delle attività oniriche più appaganti.
martedì 11 agosto 2015
le gare di passi
mi sono fatta regalare dal matematico un braccialetto fitness: una specie di orologio da polso che oltre a segnare l'ora monitora il sonno e conta i passi.
collegando il braccialetto al proprio computer (o smartphone) è possibile visualizzare l'andamento del sonno (le ore di sonno pesante e quelle di sonno leggero) il numero di passi e altre cose che riguardano le calorie.
per stare in salute bisognerebbe camminare almeno 10.000 passi al giorno (se fatti tutti in una volta sono più di un'ora a passo spedito) che effettivamente sono parecchi. da quando ho il braccialetto (poco più di un mese) l'obiettivo di passi giornaliero calcolato automaticamente dal braccialetto è passato da 7.500 a 15.282. la mia media di passi giornaliera è oltre 19.000. un giorno ho camminato oltre 28.000 passi. da quando ho il braccialetto non è mai successo che non abbia raggiunto l'obiettivo giornaliero.
questa cosa dei passi sta diventando un po' un'ossessione.
ieri ad esempio avevo giorno libero dalla gelateria e sarei potuta rimanere tutto il giorno in casa spaparanzata sul divano (a scrivere il libro che devo consegnare entro il 13 settembre) invece la mattina sono andata a correre con il matematico e la sera, dato che mi mancavano ancora 8.000 passi per raggiungere l'obiettivo, sono andata a camminare lungo il donaukanal. il pensiero che per un giorno avrei potuto anche non raggiungere l'obiettivo non mi è nemmeno passato per la testa.
ma l'ossessione personale può assumere anche proporzioni maggiori quando il numero di passi diventa social.
dal sito del braccialetto è possibile infatti partecipare alle "gare di passi settimanali" contro degli sconosciuti che hanno lo stesso braccialetto e un obiettivo giornaliero di passi simile.
le gare di passi sono una droga, vedi che lorenzo alle 7 di lunedì mattina ha già fatto 12 mila passi e ti senti una sfaticata orrenda, dato che tu alle sette stavi ancora dormendo. ti riprometti di recuperare durante la giornata, ma ci sono 38 gradi all'ombra, temperatura che rende faticoso anche solo il pensiero di respirare, nel frattempo luca&mario hanno fatto 25mila passi. e tu 25.000 passi in un giorno non li fai da settimane. e insomma, questa cosa dei passi mi sta sfuggendo un po' di mano.
nel caso ve lo steste chiedendo il cinturino del mio braccialetto è azzurropillin.
la barra rossa nella foto significa che è da più di un'ora che non muovo il culo, e sarebbe anche il caso di farlo. (io l'ho disattivata, ma ci sarebbe anche una notifica sonora che dice la stessa cosa)
collegando il braccialetto al proprio computer (o smartphone) è possibile visualizzare l'andamento del sonno (le ore di sonno pesante e quelle di sonno leggero) il numero di passi e altre cose che riguardano le calorie.
per stare in salute bisognerebbe camminare almeno 10.000 passi al giorno (se fatti tutti in una volta sono più di un'ora a passo spedito) che effettivamente sono parecchi. da quando ho il braccialetto (poco più di un mese) l'obiettivo di passi giornaliero calcolato automaticamente dal braccialetto è passato da 7.500 a 15.282. la mia media di passi giornaliera è oltre 19.000. un giorno ho camminato oltre 28.000 passi. da quando ho il braccialetto non è mai successo che non abbia raggiunto l'obiettivo giornaliero.
questa cosa dei passi sta diventando un po' un'ossessione.
ieri ad esempio avevo giorno libero dalla gelateria e sarei potuta rimanere tutto il giorno in casa spaparanzata sul divano (a scrivere il libro che devo consegnare entro il 13 settembre) invece la mattina sono andata a correre con il matematico e la sera, dato che mi mancavano ancora 8.000 passi per raggiungere l'obiettivo, sono andata a camminare lungo il donaukanal. il pensiero che per un giorno avrei potuto anche non raggiungere l'obiettivo non mi è nemmeno passato per la testa.
ma l'ossessione personale può assumere anche proporzioni maggiori quando il numero di passi diventa social.
dal sito del braccialetto è possibile infatti partecipare alle "gare di passi settimanali" contro degli sconosciuti che hanno lo stesso braccialetto e un obiettivo giornaliero di passi simile.
le gare di passi sono una droga, vedi che lorenzo alle 7 di lunedì mattina ha già fatto 12 mila passi e ti senti una sfaticata orrenda, dato che tu alle sette stavi ancora dormendo. ti riprometti di recuperare durante la giornata, ma ci sono 38 gradi all'ombra, temperatura che rende faticoso anche solo il pensiero di respirare, nel frattempo luca&mario hanno fatto 25mila passi. e tu 25.000 passi in un giorno non li fai da settimane. e insomma, questa cosa dei passi mi sta sfuggendo un po' di mano.
nel caso ve lo steste chiedendo il cinturino del mio braccialetto è azzurropillin.
la barra rossa nella foto significa che è da più di un'ora che non muovo il culo, e sarebbe anche il caso di farlo. (io l'ho disattivata, ma ci sarebbe anche una notifica sonora che dice la stessa cosa)
lunedì 3 agosto 2015
33
ho compiuto gli anni, ieri. trentatré.
qualche giorno fa ho letto questo post di una che a 32 anni ha capito almeno 32 cose della vita.
beata lei, io ho capito di non averla capita proprio, la vita.
qualche giorno fa ho letto questo post di una che a 32 anni ha capito almeno 32 cose della vita.
beata lei, io ho capito di non averla capita proprio, la vita.
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