a lucca parlano tutti in italiano.
tranne me, che mi ritrovo a dispensare
danke bitte a destra e a manca quando basterebbe semplicemente dire
grazie prego.
a lucca, vicino alla stazione, si trova
una pasticceria che fa le brioche buonissime, peccato che il gancio
che dovrebbe chiudere la porta del bagno delle femmine non funzioni,
e che tra i tavoli in cui la gente fa colazione svolazzi un piccione.
a lucca ci sono arrivata con un treno
notturno in uno scompartimento da sei, insieme a una quattrenne
furbissima e dalla parlantina inesauribile che fortunatamente si è
spenta alle undici (insieme alla luce), a suo fratello che a tredici
anni sa a malapena leggere, alla madre dei due che per tutto il
viaggio non ha fatto altro che offrirmi caffè mentre mi
sforzavo di dormire, e alla nonna che aveva una ferita alla gamba
dall'aspetto putrido non molto rassicurante che le faceva storcere la
bocca in smorfie di dolore a ogni movimento. a noi, a villach, si è
unito un ragazzo che non ha voluto saperne di cercarsi un altro posto
e ha costretto la povera vecchietta ferita, e a quel punto
addormentata, a svegliarsi e a rattrappirsi su un unico sedile.
sul pavimento dello scompartimento
c'erano tre paia di scarpe e nessuno era di mia proprietà.
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