ho venduto "maschiaccio e femminuccia" come un libro sugli stereotipi di genere, il titolo lo dichiara e io l'ho sempre presentato in questo modo: all'editore, ai lettori, a chiunque.
la verità è che per me, anche quello è un libro sull'autismo, solo che quando l'ho scritto a giugno del 2017 avevo iniziato da poco il mio percorso di scoperta e non me la sentivo di espormi sull'argomento.
caterina è un maschiaccio, fatica a farsi delle amiche, schifa il riso con i funghi, preferisce i capelli corti... perché è autistica anche lei, solo che nessuno se ne accorge. il suo modo di essere autistica non è eclatante come quello di matteo, per cui semplicemente i segnali che lancia vengono sottovalutati, ignorati, minimizzati.
per chi mi ha chiesto il seguito di "maschiaccio e femminuccia"... per me è "l'inventario delle mie stranezze". nella mia testa caterina e agata sono lo stesso personaggio. caterina è in quinta elementare, agata è in prima media. il disagio di caterina resta inascoltato, quello di agata viene riconosciuto e accolto.
riccardo? è uno dei bulli che dà del filo da torcere a Spettro, un altro dei personaggi di "l'inventario delle mie stranezze".
molti sostengono che scrivere libri a partire dal tema sia "scorretto". bisogna partire dalla storia, dai personaggi, devono essere loro il punto di partenza, non dev'essere un argomento quello attorno a cui si struttura la storia.
io non so scrivere in quel modo. per me è sempre l'argomento che voglio sviscerare e su cui voglio riflettere il punto di partenza.
se è un modo scorretto di procedere mi dispiace, io i libri riesco a scriverli solo così: trovando motivazione nel bisogno di approfondire e metabolizzare un argomento, cercare di capire cosa ne penso.
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