martedì 25 settembre 2018
il mio pordenonelegge
arrivo con qualche giorno di ritardo a parlarvi degli autori che sono stata ad ascoltare a pordenonelegge, e lo faccio con ritardo di proposito, perché è solo aggiungendo tempo (e riflessione) che le mie considerazioni - come quelle di chiunque - possono aumentare di valore.
venerdì ho ascoltato francesco targhetta - autore di "le vite potenziali". sabato ero una tra le centinaia di persone che riempiva il teatro verdi per paolo giordano (sì, quello che ha scritto "la solitudine dei numeri primi", libro di cui sembra impossibile non parlare in sua presenza anche se sono passati 10 anni e tre altri romanzi).
in comune questi due autori hanno il fatto di essere nati negli anni '80 (come la sottoscritta) e il fatto di aver pubblicato di recente un romanzo che tenta di riflettere su cosa significhi vivere il nostro tempo. romanzi che hanno impiegato anni a scrivere, perché la complessità, la riflessione, la scrittura richiedono tempo.
viviamo in un momento storico in cui tutto si consuma mentre accade. tutto viene scritto, documentato, condiviso in diretta. dalle notizie che leggiamo sui quotidiani, ai fatti privati.
parlare oggi di pordenonelegge è fuori tempo, insensato, sorpassato. è finito da due giorni e nel frattempo c'è stato da dire la propria su cosa sia il cancro, si è saputo che il film dogman è candidato agli oscar e che giovinazzi correrà in formula1.
sembra non esserci tempo per elaborare un pensiero complesso, per riflettere. anche l'indignazione per qualcosa viene subito spazzata via da un nuovo motivo per cui indignarsi, da una notizia dell'ultimo secondo da condividere e commentare a caldo senza pensare, perché tra cinque minuti il parere su quel qualcosa sarà irrilevante, sorpassato dalle reazioni a un altro evento, ancora più recente.
secondo paolo giordano il nostro è un tempo di solitudine, in cui la rete crea un simulacro di interazioni sociali che genera nostalgia per i corpi. in cui nemmeno la causa ambientalista e i cambiamenti climatici riescono a creare unione. è un tempo in cui l'individuo si sente irrilevante e di conseguenza frustrato.
targhetta riflette sulla vita moltiplicata dai social: c'è la vita che viviamo, e la vita che viviamo in rete attraverso una foto (che nel frattempo prende like e commenti su fb), una mail (alla quale qualcuno sta rispondendo), un messaggio, un video...
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