con questo cappello sono davvero ridicola. e i guanti... credo siano almeno cinque anni che non ne possiedo un paio.
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QUATTRO VOCI
Gaia ha 25 anni. È una ragazza brillante e tenace. Ora ha i capelli lunghi lunghi e neri. Quando l’ho conosciuta io, cinque anni fa, portava un caschetto che le copriva a mala pena le orecchie. Era la fine di novembre del 2002, lei aveva appena abbandonato la facoltà di lingue e io mi ero diplomata da qualche mese. Pochi giorni dopo avremmo iniziato insieme il servizio civile femminile presso la Caritas Diocesana della nostra città. Ci vedevamo in quel momento, per la prima volta, e meno di una settimana dopo la sua stanza sarebbe stata la mia. Il mio bagno sarebbe stato il suo. Insomma, anche se da quel primo approccio si capiva che non ci piacevamo affatto, sapevamo che ci sarebbe convenuto andare d’accordo: una delle clausole del progetto era quella della vita comunitaria con le altre ragazze in servizio. Prendere o lasciare. Abbiamo preso entrambe, perché in realtà nessuna delle due avrebbe saputo che altro fare. Era un modo come un altro per provare a vivere fuori casa, per fare qualcosa di utile e chiarirsi le idee riguardo a sogni e aspettative future. Era ciò di cui avevamo bisogno.
Quello che sarebbe successo, in generale e tra noi, aveva molta meno importanza della sicurezza che ci dava sapere che per un anno avremmo fatto il servizio civile, anche se non sapevamo che cosa fosse davvero. Era difficile immaginare in modo concreto quello che c’era scritto nel progetto. Né io né Gaia sapevamo cosa fosse un centro d’ascolto per immigrati o come funzionasse una comunità per minori. Ma soprattutto non era chiaro come noi ci saremmo inserite nei luoghi che quelle parole evocavano, anche se molto presto l’avremmo scoperto da sole.
Io ho ascoltato frammenti di storie che parlavano lingue diverse, che provenivano da continenti diversi, ma che avevano in comune una grande dignità e celavano la forza e la voglia di vivere, nonostante tutto. Ho conosciuto un po’ del dolore che ogni vita umana porta con sé. Ho provato a fotografarlo per non dimenticarlo, perché non volevo che fosse perso.
Gaia ha conosciuto Simone, Laura, Andrea, Paola, Mattia, ha giocato con loro, li ha aiutati a scrivere e a contare, li ha visti bisticciare e fare pace, ha memorizzato le capitali di tutti gli stati del mondo per sfidare la sete di geografia di Andrea, ha imparato a fare la rana e la gru con l’origami per insegnarli a Laura, si è vista tutti i cartoni animati della Disney per cantarne le canzoni con Mattia e Paola. Ha conosciuto una casa famiglia per minori vivendone gli spazi e associando ad ogni volto un nome e una vicenda personale. continua a pagina 110
letto tutto d'un fiato.
RispondiEliminamolto bello.
anch'io vengo da una lunga esperienza di volontariato e da due anni di educativa scolastica, ambedue sull'handicap gravissimo.
non vedo l'ora che passino tutti 'sti casini.
così posso ricominciare.
:-)
ah... ma sei sicura che domani nevica?
;-)