ieri sono andata in libreria a vedere la presentazione di questa graphic novel.
eravamo in 5 a fare da pubblico. (a difesa di chi non è venuto, vorrei dire che fuori diluviava e sarei rimasta volentieri a casa anch'io.)
l'autore diceva di essere partito da tre concetti: violenza, sopravvivenza e rabbia.
l'autore e l'illustratrice hanno lavorato 7-8 mesi a questo libro, che racconta una storia cruenta, a dispetto delle illustrazioni apparentemente tenere e quasi infantili.
ovviamente, dato che i personaggi sono degli animali non antropomorfi, non si può dire che il libro sia autobiografico. ma quello che ho chiesto all'autore, e su cui mi interrogo anche rispetto a ciò che scrivo, è: può l'autore di un'opera dire che ciò che ha creato non è autobiografico? non in senso stretto, ovvio.
ma non è il risultato del gesto creativo un'opera che riguarda l'autore talmente da vicino da essergli successa così com'è, da essere in qualche modo una parte della sua vita, dato che è dalla sua vita e dalla sua esperienza che attinge?
sia l'autore che la libraia si sono scagliati contro questa ipotesi, dicendo che è pieno di fumettisti autoreferenziali che scrivono roba da reality show e impoveriscono la produzione.
io penso invece che anche nell'autobiografismo, come in qualsiasi narrazione, c'è un lavoro di selezione delle cose da raccontare e di quelle da omettere, c'è la scelta di uno stile, di un linguaggio, di un tono, di un ritmo.
se ciò che si sceglie di raccontare e il modo in cui si decide di farlo sono originali, notevoli, forti, evocativi, unici, interessanti, universali allora - autobiografia o no - siamo di fronte a un'opera d'arte.
in my opinion.
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