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domenica 23 agosto 2015

storie di ordinaria frustrazione

tra una decina di giorni saranno 5 anni a vienna.
i due episodi che vi sto per raccontare sono accaduti rispettivamente venerdì e poche ore fa.

è da almeno un anno che devo fare questa telefonata e ogni giorno che passa diventa sempre più urgente. lo so. ma è oltremodo detestabile telefonare in una lingua straniera. chi ci ha provato sa che la conversazione telefonica è molto più difficile di qualsiasi scambio faccia a faccia. una conversazione che di persona non vi creerebbe alcuna difficoltà, al telefono può diventare difficilissima, se chi vi risponde parla una lingua che non è la vostra.
tuttavia, dopo un anno di ripensamenti e resistenze prendo il cellulare, compongo il numero, resto a guardarlo sul display, deglutisco e infine chiamo. sento il cuore battere in gola, strofino il palmo della mano libera sui pantaloni. e poi parte la dannata segreteria telefonica.
dice presumibilmente che la dottoressa è in ferie, ma non capisco nemmeno da quando a quando.
e so che probabilmente ci vorranno altri sei mesi prima che ritrovi il coraggio di fare quella chiamata.


esco da lavoro e ho fame. è pomeriggio, non fa caldo ma c'è il sole. ho il kindle in borsa e l'idea di mangiare qualcosa all'aperto leggendo è allettante.
mi fermo in un posto che fa cotolette e ne ordino una. non è chiaro se sia un self service o sia previsto il servizio al tavolo, per cui dopo aver guardato il menu entro e ordino una cotoletta con le patatine e dell'acqua. anche se con qualche difficoltà, il tizio - tatuato e muscoloso - pare capirmi e dopo qualche minuto mi porta ciò che ho chiesto.
dopo aver divorato una bistecca grande due palmi decido che mi merito anche il dolce. l'unico che hanno è il tortino al cioccolato che si chiama mohr im hemd.
quando il tizio esce per servire la nuova cliente che si è seduta nel tavolo accanto, gliene ordino uno.
ora, questa è la quarta stagione in cui lavoro come cameriera, se c'è una cosa che sono certa di saper fare in tedesco è ordinare del cibo. non potrò disquisire di alta finanza ma qualsiasi tipo di interazione cliente-cameriere mi è a dir poco familiare, quindi penso di essere abbastanza brava a ordinare un mohr im hemd. la gelateria dell'anno scorso ce l'aveva persino!
il tizio mi guarda esterrefatto, non ha capito, ripeto. non ha capito. ripeto.
ora, hai tre stronzate il croce nel tuo menu, ti sto ordinando qualcosa che nel tuo menu è presente, dovresti avere abbastanza "expectancy grammar" per capire cosa cazzo ti sto chiedendo.
invece no, ripeto tre volte mohr im hemd senza che lui capisca. poi, improvvisamente, il criceto che muove i suoi neuroni e l'altre stelle si sveglia e ripete mohr im hemd in quella che dev'essere la pronuncia ufficialmente riconosciuta della parola.
ottengo il mio sudatissimo dolce, che a questo punto ha un sapore terribilmente amaro.
quando chiedo il conto il tizio mi porta un foglietto con su scarabocchiata una somma e dice il totale... in inglese.
gli ho pure lasciato 80 centesimi di mancia. ma probabilmente dato che sono così straniera non si sarebbe nemmeno arrabbiato se mi fossi fatta dare il resto.

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