mercoledì 31 agosto 2016

silenzio

ieri, inaspettatamente, in una piazza gremita di gente, ho incontrato lo sguardo di una persona che non vedevo da più di dieci anni.
capita, quando torni nei luoghi in cui sei cresciuto, di incappare in persone con cui hai condiviso pezzi di vita e di cui poi hai perso le tracce.
sono incontri che mi imbarazzano molto, perché in fondo mi vergogno della persona che sono diventata, delle scelte che ho fatto, di non avere un lavoro stabile, di non aver (ancora) realizzato il mio sogno di scrittrice come volevo, e ho timore a rivelare chi sono ora: una donna smarrita, infelice, che si chiede com'è arrivata a 34 anni senza accorgersene e senza combinare alcunché.
e quindi ieri, quando ho visto questa persona, che nell'adolescenza ho molto amato, ho distolto lo sguardo.
all'epoca il mio concetto d'amore era struggermi e scrivere lunghe lettere. più lettere scrivevo e più amavo. la mia misura dell'amore era l'inchiostro versato (e pure le lacrime e la cioccolata ingerita).
è stato quindi per lo più un amore impossibile, platonico e non corrisposto.
e quando ieri ho visto lui, il destinatario di tutte quelle lettere, mi sono spaventata, e nascosta e ho pensato con un guizzo sadico che mentre io sono diventata sottile, tonica e sportiva (più prosciugata, che sana), lui è ingrassato, si è appesantito; così ho lasciato che l'apparenza e il silenzio gli facessero credere che sto bene, che sono bella, migliore, felice, appagata, serena quando invece, se solo mi fossi fermata un istante a dirgli "ciao", avrebbe forse intravisto tutto quello che non avrei mai voluto ammettere.
non ricordo istante di silenzio più denso di parole.

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