"l'inventario delle mie stranezze" in tutto il 2023 ha venduto -17 copie. non 17, meno diciassette. un numero negativo.
succede perché i clienti dell'editore sono le librerie. le librerie però hanno il diritto di resa, cioè, se i libri che hanno acquistato tramite i distributori non vendono, possono renderli.
meno 17 significa che la differenza tra le librerie che hanno richiesto il libro da magazzino e quelle che il libro l'hanno reso, è stato di 17 unità superiore per i resi.
quando un libro va così male, un editore per contenere le perdite (tenere fermi in magazzino libri che non si vendono è un costo) manda il libro "fuori catalogo" ovvero decide di sbarazzarsene vendendo tutte le copie in giacenza ai remainders e poi macerando quel che resta, che viene pagato un tanto al chilo - ma più probabilmente al quintale o alla tonnellata - in quanto carta riciclabile. (no, per legge le copie invendute non posso essere regalate alle scuole o alle associazioni o alle carceri)
"l'inventario delle mie stranezze" esce da catalogo ed è destinato al macero
"l'inventario delle mie stranezze" è un romanzo che ha come protagonista una ragazzina che scopre di essere autistica. perché ho scritto un libro del genere?
perché, dopo un percorso di consapevolezza durato cinque anni, avevo avuto la mia diagnosi di autismo ad alto funzionamento / sindrome di asperger.
scrivere quel libro mi è servito per chiudere un capitolo, per fare pace con il mio passato di bambina pigra, maleducata, schizzinosa, troppo sensibile, con bassa autostima. tutte etichette che nel tempo mi sono state date perché da me, bambina autistica, si pretendeva un comportamento neurotipico.
in quel romanzo ho immaginato per me una sliding door, la possibilità di non essere colpevolizzata per quello che non potevo essere perché neurodivergente.
l'ho scritto perché io stessa, come la protagonista, sono autistica
per promuovere questo libro mi si presentavano due possibilità: fare coming out come persona autistica e diventare la Elle McNicoll italiana, cioè la scrittrice autistica che fa attivismo e scrive solo storie autistiche con personaggi autistici per sensibilizzare sulla condizione autistica. o far finta di niente.
far finta che l'autismo non mi riguardasse in prima persona e promuovere il libro come un libro.
ho scelto la seconda strada perché una delle caratteristiche autistiche che più sono impattanti nella mia vita è la rejection sensitivity dysphoria (RSD), ovvero l’estrema sensibilità emotiva e il dolore innescati dalla percezione di essere stati respinti o criticati. lo so, fa male a tutti. alle persone con RSD di più, molto di più.
tre anni fa non ero pronta a dire pubblicamente del mio autismo, sapevo che non farlo avrebbe danneggiato la diffusione del libro ma speravo di compensare spendendo in facebook ads targettizzati a persone interessate all'autismo (cosa che all'inizio ho fatto ma che presto non è stata più possibile per delle restrizioni dovute alla privacy).
esporsi online, su qualsiasi tema, anche solo cucinando la torta di mele, rende bersaglio delle critiche più feroci, assurde e ingiustificate.
due mesi fa ho pubblicato un paio di video che seguivano il trend "sono [una scrittrice emergente] ovvio che...". questi video hanno avuto più delle solite 300 visualizzazioni e quella briciola infinitesimale di visibilità è stata sufficiente per sentirmi dire nei commenti che sono vecchia e che ho la fronte così ampia che prende il 5g. è bastato per non farmi più postare altri video.
lo so, devo fregarmene, è così, la gente online non capisce che..., pensa chiara ferragni.
ma come dicevo soffro di RSD, non so fregarmene. non avrei sopportato di dover ribattere ai prevedibili "ma non sembri autistica", "l'autismo è un'altra cosa, sono i bambini non verbali che dondolano e sfarfallano e dicendo che sei autistica stai offendendo le famiglie che hanno a che fare con il vero autismo..."
ammiro molto fabrizio acanfora e red fryk hey e federica lucà e tutte le persone che fanno attivismo... ma io non ci riesco. diventare un bersaglio per gli sciroccati che non hanno di meglio da fare che insultare la gente online sarebbe a dir poco deleterio per la mia salute mentale già precaria. e poi non voglio che l'autismo diventi l'unica cosa che so e che sono.
promuovere il libro come persona autistica avrebbe aiutato le vendite ma non l'ho fatto per tutelare la mia salute mentale
sono sempre più convinta che i libri - a meno di essere uno dei pochi titoli di punta dell'editore, su cui viene fatto uno sforzo di marketing extra - arrivino solo fin dove chi li ha scritti riesce a portarli e comunicarli. un libro vende in base al seguito social dell'autore o dell'autrice, in base alla sua visibilità ed esposizione. [esempio personale: il 28 febbraio ho interrotto la running challenge causa bronchite, da quel giorno le recensioni a "un miglio al giorno" non sono più aumentate.]
il fatto che il libro esista e arrivi in libreria non ha nessuna importanza, a meno di non avere prime tirature che permettano edilizia libraria, si è invisibili. se si è molto fortunati si sta sul tavolo delle novità con un paio copie per due settimane, per due mesi si sta di costa a parete, e poi avanti il prossimo. si pubblicano sempre più libri e le tirature sono sempre più basse. in vent'anni la tiratura media si è più che dimezzata. adesso è attorno alle duemila copie.
è un sistema feroce, che scontenta tutti gli attori della filiera editoriale - tranne forse i distributori - e che nessuno sembra volere o poter cambiare.
"l'inventario delle mie stranezze" va al macero, non perché è un brutto libro, ma perché non ho mostrato la mia diagnosi, non ho fatto del mio autismo uno strumento di marketing.