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mercoledì 25 gennaio 2023

la mia esperienza con la salute mentale


sono nata depressa.
riesco a collocare i miei primi pensieri suicidari attorno ai 7-8 anni, era una domenica pomeriggio, ero da sola in giardino, ascoltavo un 33 giri nel giradischi di mio padre e mi sentivo così triste e disperata che ho pensato che avrei voluto essere come il mio cane: morta.
quel pensiero di morte mi accompagna da sempre, con più o meno intensità. 
a me la vita fa schifo.
vivo perché mi sento costretta, perché non ho di meglio da fare, per il ricatto emotivo per cui "chi resta", perché per suicidarsi non c'è un metodo sicuro e indolore, e se non va a segno al primo colpo, dopo è peggio.
ogni giorno attraverso le mie giornate fingendo che vivere mi interessi. a volte riesco a recitare meglio, a volte peggio.

dopo quarant'anni passati sperando di morire, con periodi suicidari così intensi da compilare il quaderno del morire ogni giorno e da visitare il posto del morire ogni giorno, ho pensato che magari oltre alla psicoterapia, allo yoga, alle passeggiate, al "ma fattela una risata", al "ma la vita è bella, pensa ai bambini che muoiono in africa, ai gatti nei canili, alle persone malate di tumore", al mindset, alla gratitudine, magari i farmaci avrebbero potuto aiutare, togliermi da dosso il peso del mondo e vivere con un po' più di leggerezza.
alla fine è solo un problema di chimica del cervello, dicono.

a marzo dell'anno scorso ho provato con i farmaci: per le prime due settimane sono stata letargica, dormivo 12 ore al giorno, 10 di notte due di giorno. per un paio di mesi, vivere ha smesso di farmi schifo e non ci potevo credere. 

"ah, grazie al cazzo, allora anche a me piace vivere, se vivere è questo carnevale di Rio."

poi basta, i farmaci hanno smesso di fare effetto, me ne è stato prescritto un terzo, ho passato due mesi a colmare l'ansia con il cibo e a novembre mi sono ritrovata depressa come sempre, con l'aggravante che ero anche diventata grassa. l'ho detto al medico che mi seguiva e mi ha risposto "sarà la pillola".

ho smesso di prendere tutti i farmaci che prendevo da marzo (se devo essere depressa, preferisco esserlo da magra), e ho fissato un appuntamento da una nuova psichiatra. che per la modica cifra di 152 euro mi ha prescritto un nuovo farmaco. che non ho coraggio di prendere perché ho paura che mi faccia stare peggio, come è già successo.


ps: le visite successive alla prima costano solo 110 euro

martedì 24 gennaio 2023

cosa sto scrivendo



a marzo dell'anno scorso ho deciso che avrei scritto un romanzo per ragazzi a tema identità di genere.
ho quindi iniziato leggendo romanzi che hanno per protagonisti ragazzi e ragazze il cui sesso biologico non rispecchia il genere percepito. (i libri che promuovono l'"ideologia gender" e che traviano le giovani menti)
ho passato mesi leggendo e guardando cose senza venirne a capo
poi, a fine novembre, ascoltando un audiolibro, ho avuto un'illuminazione e ho capito come volevo scrivere questo romanzo.
ho anche capito che non sarebbe stato per ragazzi: il livello di consapevolezza da fine percorso da cui partono i protagonisti non può essere quello che si ha da bambini-adolescenti.

(mi considero una "intuitive writer", una scrittrice che si lascia guidare dall'istinto. non riesco a seguire le scalette, né a impormi di scrivere libri a tavolino, secondo logiche dettate dall'opportunità, dal mercato, dal fatto che per tutto il 2022 ho scritto poco e niente.
il mio libro più venduto, quello da cui ho guadagnato di più, è: "non un romanzo erotico". per qualche istante fugace ha persino raggiunto la top cento degli ebook più venduti su amazon. ho provato a scriverne il seguito per un sacco di tempo. non ne sono stata capace, perché quel tipo di storie non mi interessava più. 
nonostante sia consapevole che quel genere di libro ha un pubblico folto e affamato e avrei potuto costruirmici una carriera sicuramente migliore di quella attuale, ho tolto "non un romanzo erotico" dal commercio e ho chiuso parentesi.
in quanto "intuitive writer" sento quando è il momento di scrivere, sento quando quello che penso di scrivere funziona o meno, sento quando una storia è finita, sento quando una storia non sta funzionando e gira a vuoto. 
ho decine di file pieni di scalette di romanzi che non ho mai nemmeno iniziato a scrivere. non riesco a imporre una struttura a ciò che scrivo. la me editor fa le scalette, la me scrittrice non le segue. tutto quello che ho scritto, di pubblicato e non pubblicato, non ha mai avuto una scaletta. vorrei essere un'autrice diligente, che pianifica, ma devo scendere a patti col fatto che non lo sono. la struttura la aggiusto in una seconda fase. quando la prima stesura è fatta.
alle case editrici non presento mai progetti o idee di libri, come fanno molti autori e autrici, ma solo libri finiti perché non so mai se un progetto diventerà un libro.)

quindi, a fine 2022, io - donna eterosessuale cisgender - ho iniziato a scrivere un romanzo, amichevolmente chiamato "libro in transizione", che cerca di addentrarsi nell'esperienza di chi vive la transizione ftm, cioè di chi viene erroneamente assegnato femmina alla nascita per via dei suoi genitali esterni, mentre il genere percepito internamente è quello maschile. 

al momento ho scritto circa 14 mila parole. punto ad arrivare a 30-35 mila, che sono poche per un romanzo, ma che credo siano la misura giusta per questo esperimento. 

mi sono opposta a questo libro con tutte le mie forze: che ne sai, non frega a nessuno, chi vuoi che se lo legga, perché ti stai appropriando di un'esperienza che non ti appartiene, lascia raccontare questa storia a chi la vive in prima persona...
alla fine mi sono risposta: vuoi scriverlo? scrivilo. non troverà un editore? la maggior parte di quello che ho scritto non ha trovato editore e non sono morta. troverà un editore e non se lo comprerà nessuno? pure gli altri libri che ho scritto non è che siano proprio dei bestseller e sono ancora qui a raccontarlo. insomma, sticazzi.
ho sempre scritto quello che ho voluto, non ho vincoli contrattuali, non vivo di scrittura, ho sempre vissuto la scrittura come uno spazio in cui esplorare (e soffrire) liberamente. e con questo libro sto continuando a farlo.