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lunedì 23 novembre 2020

riconciliarsi con il tedesco

c'è stato un tempo in cui il mio livello di tedesco era certificato C1, lo scalino prima del livello madrelingua. è stato anni fa, quando abitavo a vienna e quella lingua non era un passatempo o un divertimento ma una necessità, l'unico modo per vivere, lavorare, fare la spesa, chiamare l'idraulico (no, non è vero che tutti sanno l'inglese e te la cavi, è vero invece che l'omino della caldaia ti dice di far richiamare da qualcuno che sa il tedesco, che la persona che ti seleziona a un colloquio di lavoro ti chiede "ma come pensa di fare se non capisce la lingua?")

gli anni a vienna sono stati difficili, crudeli. tornare in italia nel 2016 e lasciarmeli alle spalle una liberazione. la lingua tedesca poteva essere non più un handicap ma un valore aggiunto. alla fine è stato qualcosa che ho preferito dimenticare, nonostante ogni parola imparata, ogni declinazione conquistata, ogni paradigma verbale ricordato mi fosse costato lacrime e sangue. o meglio, lacrime e soldi. tanti soldi, in corsi di lingua. 

beata te che sai il tedesco. 
che bella vienna, saprai il tedesco meglio dell'italiano.
che fortunata che sai due lingue straniere.
tu sì che sei portata.

mi sono sentita ripetere queste frasi troppe volte, e tutte le volte mi sarei messa a urlare per la rabbia. non ho alcun talento per le lingue straniere, e le lingue straniere le ho imparate a suon di corsi, esercizi, letture. nessuno me le ha regalate, spedite in un pacco pronte per essere montate e installate. e il tedesco non si sa, si impara, si studia, si suda.

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al corso di traduzione che sto frequentando avrei potuto scegliere un testo in inglese per la prima esercitazione, invece ho deciso di provare a tradurre quello in tedesco, per riconciliarmi, dopo più di quattro anni, con una lingua che non ho più letto, ascoltato, parlato, per scelta.

sarebbe stato facile scorrere i giornali online, scaricare qualche ebook, una app per tenermi in allenamento, anche solo per cinque minuti al giorno. non l'ho fatto. vanificando così uno sforzo titanico durato anni.

la traduzione non è venuta benissimo. ho preso degli abbagli, non ho capito dei passaggi, una pensilina è diventata una sala d'attesa, un autobus con destinazione luna è diventato un autobus dalla luna verso la terra, la similitudine "era come se un drago avesse diviso il castello a metà" è diventato un dato di fatto "un drago aveva diviso il castello a metà". un po' un casino, insomma. e nessuna riconciliazione è stata possibile.

sarà per la prossima volta. se ci sarà una prossima volta. 

sabato 21 novembre 2020

oh boy!

 


c'è un podcast che seguo da qualche mese. si chiama "the write now podcast" è di una scrittrice americana e parla di scrittura, creatività, e argomenti correlati.

il titolo della centesima puntata di questo podcast (uscito la settimana scorsa) è "i have no idea what i'm doing" che tradotto significa "non ho la più pallida idea di cosa sto facendo".

pensavo di essere l'unica a sentirmi così, perché è così che mi sento: non so che cavolo sto facendo. invece anche sarah werner si sente così. almeno non sono l'unica pazza.

qualche settimana fa ho firmato il mio secondo contratto editoriale con Einaudi Ragazzi. una roba da urlare ai quattro venti, da stappare champagne, da "il 2020 non è proprio l'anno che uno avrebbe voluto, ma ehi, c'è ancora spazio per le cose belle" (e a me di cose belle - nonostante tutto - ne sono successe quest'anno).

solo che questo secondo contratto, che chiunque avrebbe preso come una conferma (perché magari una volta hai c*** e ti pubblica un editore fighissimo, ma la seconda deve essere per forza che sei bravina e sai scrivere, no?), mi ha gettato nel panico, in una sindrome dell'impostore enorme, ingestibile. come se invece di sentirmi sempre più scrittrice per ragazzi, mi ci sentissi sempre meno. 

io? scrivere per ragazzi? non ho neanche figli. i miei nipoti da mesi li vedo solo su zoom, a soffiare su candeline sfocate che misurano il loro tempo piccolo (e il mio tempo difficile da maneggiare, soprattutto durante questa pandemia). 

e quindi per correre ai ripari mi sono iscritta a due corsi, il primo sulla traduzione di libri per ragazzi, il secondo sullo scrivere libri per ragazzi. e voi direte, ma tu già scrivi libri per ragazzi, ti pubblica einaudi, cosa pensi di imparare? non avresti potuto tenerlo tu, il corso?

sì, avrei potuto, ma nessuno me l'ha chiesto, e comunque è una cosa che faccio sempre. mi iscrivo compulsivamente a corsi che insegnano cose che so già fare, ma che vorrei fare meglio, alla perfezione, perché ho paura che la gente si accorga che non sono la migliore a fare quella cosa lì, che commetto degli errori. se facessero un corso in cui spiegano i miei libri, mi ci iscriverei. perché in teoria dovrei essere la massima esperta dei miei libri, dato che li ho scritti, ma nella pratica non ho la più pallida idea di cosa sto facendo, e avrei proprio bisogno che qualcuno me lo spiegasse.

e poi, nel dubbio, seguo anche gli incontri gratuiti di scrittura organizzati da matearium, e poi da gennaio a marzo c'è un corso di scrittura creativa in inglese, e poi ho visto una bellissima box pensata per scrittori, e ho deciso che ne vorrei tanto una, per natale. ma probabilmente non sono abbastanza scrittrice da meritarla.