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martedì 27 dicembre 2016

lo scoraggiamento

mi sono preparata per quattro mesi a correre la mia maratona personale.
mi sono allenata seriamente, ho affiancato alla corsa esercizi di core stability, mi sono alzata prestissimo al mattino quando faceva troppo caldo, ho immolato sabati e domeniche agli allenamenti lunghi.
poi è successo che l'ultimo lungo prima della maratona è andato male e da lì ho fatto andare tutto peggio.
mi sono convinta che non ce l'avrei mai fatta a correre quei 42195 metri e mi sono aggrappata a qualunque pretesto per smettere di correre:
* il raffreddore,
* la pioggia,
* le poche ore di luce,
* i troppi dolci...
in tre settimane ho buttato alle ortiche il lavoro di mesi: ho detto addio al mio addome piatto e scolpito, ho iniziato a dormire male, il mio intestino si è impigrito.

sabato, dopo tre settimane in cui ho finto che di correre la maratona non mi importasse niente, ho voluto provare l'ebbrezza di correre per un'ora. dopo appena trenta minuti mi sono dovuta fermare per delle dolorosissime fitte a un fianco. e non potete immaginare la frustrazione di dover camminare per cinque xxxxxxissimi chilometri per tornare a casa pensando a tutta la fatica sprecata.
ok, non correvo da venti giorni, ma erano quattro mesi che tutte le settimane facevo un allenamento di almeno due-tre ore, pensavo che un'ora di corsa si potesse dare per scontata.

non so esattamente quale sia la morale di questa storia.
forse che sono bravissima ad auto-sabotarmi,
forse che quando temo di non raggiungere ciò che desidero mi convinco che in fondo non era quello che volevo (tipo la volpe e l'uva),
forse che più che correre la maratona mi piace l'idea di averla corsa, così come dello scrivere mi piace l'aver scritto.

e ora, che le scarpe sono consumate, sono combattuta tra l'acquistarne un nuovo paio o semplicemente buttare il vecchio.

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