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mercoledì 27 novembre 2013

vita, scrittura (e masterpiece)

chiunque abbia scritto, o almeno provato a scrivere, un racconto o un romanzo sa che si scrive solo di ciò che si conosce.
l'unica fonte a cui si può attingere è la propria vita. non c'è scampo. quello che si legge, si ascolta, si guarda, si vive è l'unico materiale possibile per la scrittura.
non si può scrivere di quello che non si conosce, per il semplice fatto che non lo si conosce. un mio personaggio non potrà mai essere malato di (malattia che non conosco) per il semplice fatto che non l'ho mai sentita nominare. non so quali siano i sintomi, non so come si manifesti, quali organi colpisca, come ci si senta, come si possa guarire.
un mio personaggio invece potrà avere un fibroma uterino, potrà innamorarsi del suo ginecologo, soffrire di depressione post operatoria, ma potrà anche soffrire di colite ulcerosa o partorire o amare una persona del suo stesso sesso perché, anche se io non ho vissuto in prima persona nessuna di queste cose, ne sono stata in qualche modo sfiorata e riesco ad immaginare come possa essere.
anche nella scrittura vale la legge della conservazione della massa "niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma".
la vita di uno scrittore è una compostiera, viene tutto messo da parte a decomporsi per diventare scrittura. per la serie "dal letame nascono i fiori".
quindi tutto quello che un autore scrive è autobiografico, non in senso letterale, ma nel senso che le sue pagine hanno come unica fonte cui attingere la sua vita e le sue ossessioni.
quindi trovo disturbante che a masterpiece si voglia per forza far coincidere protagonista della narrazione e autore.
il romanzo parla di luca che si innamora di alice. e subito la domanda è: nella tua vita c'è un'alice? e ovviamente nella vita dell'autore un'alice c'è, ed ha anche tentato di uccidersi davanti a lui.
e allora? che cosa c'entra? la qualità del romanzo non ha nulla a che fare con la vita del suo autore. è la scelta della voce, del punto di vista, la selezione delle scene, il cosa mettere dentro e cosa tenere fuori dalle pagine che fa il romanzo.
insomma, per dirla con flaubert "madame bovary c'est moi". fatevene una ragione...

1 commento:

  1. come disse qualcuno su radio3 qualche tempo fa... "il mercato del libro ha bisogno più di casi umani che di casi letterari"...

    Ti leggo sempre con piacere.

    Saluti

    Denise

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