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sabato 12 maggio 2012

“la patria di uno scrittore è la sua lingua”

non sono una scrittrice (non ancora, per lo meno), ma dal primo giorno di vita da espatriata mi è stato chiarissimo che ciò che per me è casa è la lingua italiana.
il poter dire, il poter capire, il poter condividere non solo le parole, ma anche la cultura che vi è sottesa.
e ancora più intimo mi è il dialetto friulano, che non è un luogo, ma un tempo e tutto quello che contiene.
è tutta la mia infanzia.
sono i capelli grigi di mia nonna pettinati con i bigodini. è il sapore della polenta gialla cucinata sulla stufa. è l'odore dell'erba appena tagliata e del fieno. è il pelo morbido dei conigli tra le dita. è il merlo indiano che ripeteva "giovanin", è la sensazione di libertà di spingersi sempre più in alto con l'altalena, è il giradischi rosso con cui ascoltavo "questo disco è il mio pensiero d'amooooooooooore per teee, per teeeeeee. ogni volta che lo senti suonaaaaaaaaare, pensa a meee, a meeeeeeee"
è la parola strafaničs, che mi è venuta in mente qualche giorno fa, e che ha aperto in un attimo una voragine su quel tempo perduto.

3 commenti:

  1. Mi piace questa parola, anche se non amo le cianfrusaglie.
    Belli i tuoi ricordi.
    Per me l'italiano è la lingua dell'infanzia, l'inglese quella dell'adolescenza e lo spagnolo quella dell'età adulta. Il mio blog ho deciso di scriverlo in italiano per la mia famiglia, perché mica hanno il facebook, e allora lo scrivo un po' con gli occhi di ragazzina.

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  2. neanche mia nonna amava le cianfrusaglie. infatti quando diceva strafanics lo faceva con disprezzo, quasi a dire... cosa sono tutte 'ste cazzate.

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  3. ciao, solo per dirti che ho letto stamane il tuo racconto, peccato sia tardi per votarlo. l'ho trovato straordinario, e per questo motivo ci tenevo a fartelo sapre! brava Silvia!
    Valentina

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