in questi giorni, le immagini del terremoto mi hanno colpita molto.
ripeto, le immagini. per lo più le foto trovate su internet, nei siti dei vari quotidiani.
poi ho cercato le parole scritte.
sui blog e sui giornali.
non ho vissuto il terremoto che ha scosso il friuli nel '76, però l'ho sentito, nei racconti dei miei genitori, dei miei nonni, dei vicini. in friuli il terremoto è ancora dappertutto: nelle crepe del duomo di ppp monitorate da dei sensori, nel duomo di venzone ricostruito pietra su pietra per anastilosi.
per due giorni non ho usato parole mie, sul terremoto che ha colpito l'abruzzo. perché non ne avevo.
non ne ho neanche adesso, anche se mi sono riempita di parole, di domande -soprattutto- e di immagini.
com'è possibile che l'ospedale, costruzione recente creduta antisismica, sia crollato?
è possibile prevedere i terremoti, con o senza radon?
perché pur essendoci state un sacco di scosse in abruzzo, nei mesi scorsi, non è stato pensato a un piano di evaquazione?
perché invece di aumentare le cubature del 20% non cerchiamo di rendere più sicure le case in cui abitiamo?
perché in california o giappone un terremoto della stessa intensità avrebbe fatto una manciata di morti e da noi ha fatto una strage?
come si ricomincia una vita senza casa, senza lavoro, senza marito/figli/amici/genitori, ricordi, quotidianità?
cosa si sente quando la terra trema? che rumore fa?
cosa si prova a scavare con le mani, a sentire la voce di chi chiama da sotto le macerie, a guardare i resti di quella che era casa e che ora è polvere, cemento, mattoni?
io non lo so.
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